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Ai Grammy 2025 ci sono stati troppi cambi di look

Quando i vestiti del red carpet sono indossati solo sul red carpet

Ai Grammy 2025 ci sono stati troppi cambi di look Quando i vestiti del red carpet sono indossati solo sul red carpet

Ieri, nel bel mezzo della cerimonia dei Grammy Awards, Vanessa Friedman del The New York Times si è chiesta su X quale fosse il senso di avere il classico red carpet con i relativi look quando più di metà delle star fotografate ha cambiato look costantemente durante la serata. Se un tempo in effetti parte del divertimento nel coverage di queste premiazioni era vedere con che outfit si era presentata ciascuna star, ieri sera il pubblico è stato privato di questo piacere: Miley Cyrus è arrivata in un abito di pelle Saint Laurent, entrando in sala ha indossato un altro Saint Laurent in maglia nera e quando è salita sul palco aveva un abito di Alaïa; Chapell Roan è passata da un pezzo d’archivio di Jean-Paul Gaultier a Thom Browne, ad Acne Studios e infine a un abito di scena di Zana Bayne; tre sono stati i look di Charli XCX che è andata dal Gaultier di Ludovic de Saint Sernin a un look d’archivio di Dior per poi indossare Ann Demeulemeester. Ma gli esempi abbondano: Lady Gaga, Billie Eilish, Cynthia Erivo, Doechii e via dicendo. Non tutte le star di cui abbiamo parlato hanno fatto cambi di look “a vuoto”, nel senso che diversi nomi citati (e altri che non abbiamo citato) si sono in effetti cambiati per esibirsi in scena – il che è pienamente giustificabile se si pensa al make-up, alle coereografie o all’art direction della singola performance. Non di meno, moltissimi dei look del red carpet non corrispondevano agli effettivi look visti nel corso della serata, indicando una tendenza a “spezzettare” i look in base alle singole fasi della scaletta così da massimizzare l’impatto mediatico di ciascun passaggio. Un ragionamento che ha senso nel mondo dei social e dell’engagement ma che priva questi look di quell’autenticità che rendeva i red carpet così coinvolgenti facendo anche sì che il momento degli arrivi alla cerimonia non solo si svuoti di significato ma che diventi addirittura puramente performativo.

Il “collasso di senso” che ha colpito il fondamentale momento dei red carpet looks è stato dimostrato anche dall’arrivo inatteso di Kanye West e Bianca Censori, che nessuno aveva invitato. Davanti ai fotografi, Censori ha rimosso il lungo cappotto nero che indossava rivelando, al di sotto, un vestito trasparente sotto il quale era del tutto nuda. Quando diciamo “trasparente” non intendiamo il vedo-non-vedo dell’organza sottile ma la completa trasparenza del cellophane e del vetro – funzionalmente il vestito non era lì e Censori era del tutto nuda sotto gli impietosi flash delle telecamere. Qualcuno potrebbe chiosare trovando parallelismi tra questo momento e la favola I vestiti nuovi dell'imperatore anche se dubitiamo che Hans Christian Andersen sia nella reading list di entrambi. Il look ha lasciato molti dei presenti allibiti e le foto hanno prevedibilmente fatto il giro del mondo ma la parte più paradossale è proprio che i due sono stati scortati fuori dalla security un momento dopo e la loro presenza (con relativo shock) si è esaurita nella brevissima apparizione sul red carpet. In effetti, per la quasi interità del pubblico, ciò che avviene effettivamente tra il red carpet e le premiazioni ed esibizioni è qualcosa di completamente rimosso dall'idea dei Grammy essendo quasi del tutto invisibile oltre ai pochi video che documentano le interazioni tra le star  e le foto dei secondi look indossati dopo il red carpet. West e Censori insomma, che anche sul red carpet parevano intenti a svolgere una performance più che a divertirsi o essere naturali, sono stati come quelle persone che vanno a un party, pubblicano una storia Instagram della gente che balla e tornano a casa dopo quindici minuti. Nella vita vera sarebbe cringe, nel mondo delle star è una domenica sera.

@superficialdollxoxo

original sound - superficialdolls

Sia il gesto di Censori e Ye che i mille cambi di outfit paiono quasi dire che l’intero spessore della cerimonia e il suo punto di attenzione più denso sono soltanto gli ingressi, dopo i quali si può semplicemente indossare un altro abito più o meno comodo o, come hanno fatto Ye e Censori, tornarsene a casa propria. Il punto è che questi look dei red carpet, che nascono, crescono e si evolvono come mossa di marketing praticamente dagli inizi dello star system come lo conosciamo, rappresentavano una sorta di “dichiarazione di stile” e avevano un proprio valore precisamente perché queste personalità famose sceglievano di indossarli per essere rappresentate in un certo modo nei futuri annali. Cambiando look a ogni passaggio della serata, invece, questo valore degli abiti viene inevitabilmente meno e non solo viene tradita, ci si passi il termine, la disperazione di celebrità, brand e stylist di lasciare il segno ma anche la loro sostanziale sfiducia nei look che hanno scelto – per non parlare dell’intercambiabilità di alcuni brand che perdono importanza se messi in una rotazione. Ma servirà mettersi l’anima in pace: la tendenza a questi cambi look e ai red carpet performativi rappresenta un’inclinazione che la cultura dei media e delle celebrità possiede – inclinazione che dà più valore alle raffigurazioni delle cose che alle cose stesse, dato che in quest’ottica di valori trarre da un evento tre diverse foto di Miley Cyrus in tre diversi look consente di ricavare tre post invece che uno e dunque di triplicare attenzione e engagement e magari fare pure contenti due o più brand diversi. Tanto più che, salita sul palco, Cyrus si è brevemente rivolta al pubblica lasciando cadere, forse non casualmente, il nome del brand che indossava - quand'è stata l'ultima volta che la pubblicità è stata occulta? Di questi tempi tutto il marketing si trova benissimo alla luce del sole.

Sempre in quest’ottica apparire sul red carpet, pur senza invito, conta come aver presenziato alla serata se non si vive l’esperienza di essere scacciati dalla security come un’umiliazione – ma dubitiamo che Ye e la propria consorte siano influenzabili da un concetto così bourgeois come la vergogna. In tutti i casi, comunque, l’atteggiamento dettato da logiche di marketing è uno dei moltissimi controsensi che contribuisce, di mese in mese, di anno in anno, allo scollamento sempre più palese che si verifica oggi tra realtà e percezione per il pubblico globale, specialmente per quanto riguarda la moda. Uno scollamento che ci porta ad accettare che quanto mostrato dai media non corrisponda mai al vero e che la cosa sia così scontata da non meritare nemmeno un commento - il che spiega l'abbondanza delle domande che iniziano con "Ma che senso ha..." che abbondano di questi tempi nella stampa di moda e tra gli insider del settore che spesso si trovano a dover negare la realtà anche quando la si ha di fronte. Gli eccessivi cambi di look ai Grammy 2025 si trovano nella stessa linea di fuga culturale in cui stanno il fenomeno delle collezioni di sfilata del tutto diverse dalle collezioni in negozio, le politiche di pricing arbitrarie della moda, ma anche il fenomeno dell’overbranding che si verifica cioè quando la stessa celebrity è il volto di brand tutti diversi come successo proprio a Charli XCX sull’onda lunga della brat summer o di recente a Zendaya che è ambassador di un nuovo brand ogni sei mesi circa. Il tutto mantiene il suo senso solo nella bolla del social media marketing e dunque, per parafrasare il famoso detto, finché c’è engagement, c’è speranza