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Riuscirà Skims a fare interessare gli uomini all'underwear?

Come Kim Kardashian potrebbe riempire un vuoto nel mercato e nella cultura dell'intimo

Riuscirà Skims a fare interessare gli uomini all'underwear? Come Kim Kardashian potrebbe riempire un vuoto nel mercato e nella cultura dell'intimo

Gli uomini e l’underwear hanno un rapporto che, con un delicato eufemismo, potremmo definire sub-ottimale. In breve, i due parametri con cui un uomo sceglie di comprare la propria biancheria intima sono la forma (slip, trunk, boxer?) e la marca, che va dai grandi classici (Calvin Klein e Versace, occasionalmente Ralph Lauren, Emporio Armani e Dolce&Gabbana) alle opzioni più anonime fino alle leggendarie mutande i cui elastici recitano Uomo e Navigare che si trovano in tutti i mercati rionali d’Italia. Ora, posto che tutti gli uomini del pianeta indossano biancheria intima, o così almeno si spera, è strano come manchi un brand di riferimento per l’underwear che abbia lo stesso capitale culturale che, per il pubblico femminile, può avere Spanx, Woldford, La Perla o Victoria’s Secret. Il brand che più si avvicina a un punto di riferimento per l’underwear maschile è Intimissimi, un autentico titano dell’industria con più di 1300 store in tutto il mondo, che però, per alta che sia la qualità, non si collega necessariamente a uno status o a un'estetica particolarmente definita. La fame di underwear maschile high-end esiste: non solo il mercato globale vale 111 miliardi di dollari ma basti pensare ai boxer da uomo Dior indossati da ogni influencer abbastanza fisicato da esporre i propri addominali nell’ultimo anno. Stranamente, una possibile risposta pare arrivata da Kim Kardashian che, il prossimo giovedì, lancerà sul mercato la linea maschile del suo Skims, un brand di shapewear (ovvero biancheria intima con un occhio extra all’anatomia e alla definizione delle forme corporee) che era partito come il classico influencer brand/vanity project ed è invece diventato un fenomeno mondiale stimato per la sua qualità e l’intuito dietro le proprie scelte commerciali e di marketing.

Per presentare una collezione pensata for the boys, nemmeno a dirlo, sono stati chiamate le uniche celebrity capaci di far interessare il pubblico maschile a un prodotto di abbigliamento culturalmente caldo: gli atleti. Neymar Jr, il difensore dei San Francisco 49ers Nick Bosa la NBA All-Star, Shai Gilgeous-Alexander sono i volti che hanno graziato la campagna scattata da Donna Trope, storica fotografa delle campagne del brand, e che, nelle parole di Kardashian, «dice molto sulla maniera in cui Skims si è evoluto, diventando un brand che può portare comodità a tutti, non solo alle donne». È chiaro infatti che l’attrattiva di una linea maschile di Skims sta nel fatto che si tratta di un brand specializzato in una singola categoria, un po’ come Sundek e Vilebrequin sono i brand dei costumi da bagno, senza necessariamente venire dalla proposta overpriced di un brand di lusso ma nemmeno senza essere espressione di quell’anonimato generico a cui sottostanno tanti altri marchi che sono di per sé intercambiabili, al netto della loro qualità. Se il boxer di marca testimonia una certa cura di sé (molti modelli, ad esempio, li indossano per colpire positivamente i casting director) è anche vero che la scelta di un brand o di un altro è davvero arbitraria e si riduce, tutt’al più, alle decorazioni e ai loghi che ciascuno preferisce indossare. E questo perché per gli uomini è mancato finora un brand che producesse un underwear capace di esistere come prodotto a sé stante, dotato di un’identità precisa e riconoscibile che ha anche una base tecnica diversa dal semplice cotone.

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Ma riuscirà Skims a diventare quel punto di riferimento, tanto che vederne spuntare l’elastico possa far scaturire una di quelle discussioni su come questo brand sia il brand? In effetti, non esiste una categoria di shapewear per uomini al di là del classico boxer aderente (chi scrive non vuole nemmeno tenere in considerazione quegli short tecnici che arrivano quasi fino al ginocchio e paiono le mutande degli Amish) in grado di costruire intorno a sé una community. In effetti, stando a quanto comunicato dal brand e ripetuto da Kardashian stessa, la community si è formata da sola: prima del lancio della linea maschile, gli uomini rappresentavano comunque il 10% delle vendite del brand e, al di là delle ovvie opportunità commerciali, la linea è stata creata dopo le molte richieste ricevute da parte di un pubblico maschile che domandava soluzioni specifiche. Impiegare i tre atleti come volti (e si presume testimonial) significa poi mettere sul medesimo piano le campagne virale dedicate al pubblico femminile con le it-girl del momento e i personaggi che attirano meglio l’attenzione maschile. Al di là delle diverse target audience, l’essenza è la stessa: anche gli uomini ora possono avere un underwear brand di culto autenticamente aspirazionale, il lancio della cui campagna possa diventare un evento e i cui prodotti non siano solo "cose" che si indossa senza badarci troppo. Una traguardo importante considerato come molti uomini rimangano basiti al pensiero che una donna possa realmente appassionarsi a un indumento intimo. Forse sarà Kim a riempire questo gap culturale, un boxer alla volta.