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Non dite ad Alain Elkann che lo streetwear esiste

Cosa ci dice il suo editoriale su La Repubblica di come la moda divide la società

Non dite ad Alain Elkann che lo streetwear esiste Cosa ci dice il suo editoriale su La Repubblica di come la moda divide la società

Milano inizia ad assomigliare alla giungla di Jumanji, in Sicilia intere città sono al collasso, senza acqua e luce o aeroporti. Ma una buona metà di Twitter, oggi, sta parlando di uno degli editoriali più cringe mai fuoriusciti dalle rotative de La Repubblica, e cioè Sul treno per Foggia con i giovani “lanzichenecchi” a firma di Alain Elkann che, ricordiamolo, è il padre di John Elkann, editore del giornale. Non serve che siamo noi a fare a pezzi l’articolo, ci sta pensando già Twitter con una ferocia deliziosa, ma forse può essere interessante commentarlo nelle parti che ci pertengono, ovvero quelle che parlano della moda. Già perché nel tranche de vie che Elkann ha voluto presentarci, forse ignaro dell’esistenza di un meme noto come First World Problems, di moda si parla eccome: dal «vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera» alla «cartella di cuoio marrone» che lui nobilmente indossava, con corredo di libri e giornali; fino allo streetwear dei “lanzichenecchi” sedicenni che viene così descritto: «T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. [...] Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio». Il caso ricorda, con parti inverse, quello di Elly Schlein e della sua consulente d'armocromia secondo i cui detrattori curare la propria immagine rappresentava una imperdonabile eccentricità.

Più avanti, Elkann si definisce come un «marziano» tra loro - ma è curioso notare come in realtà sia lui a parlare degli adolescenti come strane creature aliene. Ogni parola usata per descriverli, li giudica. Si capisce già dalle sue prolungate descrizioni in un italiano un po’ libresco che gli abiti moderni sfidano la sua comprensione: il «cappello di tela con visiera da giocatore di baseball» che nel mondo reale è un semplice «cappello da baseball» o anche «cappellino», tanto tra di noi ci capiamo; ma anche le sneaker sono «scarpe da ginnastica di marca Nike»  ma il dettaglio più sconvolgente, tanto da meritarsi una frase a sé stante, è che «nessuno portava l’orologio». Ora, non serve certo indignarsi per le opinioni del signor Elkann, che col suo sconvolgente conto in banca e i suoi 73 anni può ben permettersi di essere disconnesso dal mondo reale, ma rimane peculiare notare come dall’alto della sua cultura, Elkann non riesca a rendersi conto del fatto banale che i costumi cambiano in base alle epoche e, dunque, magari, è comprensibile che un giovane non indossi un orologio dato che ne ha uno nel proprio telefono. Ora, dato che Elkann dà segno di intendersi di letteratura francese, potremmo citargli il brillante saggio Il pittore della vita moderna di Baudelaire, nelle cui pagine iniziali, parlando proprio di moda, si legge: «Quei modi di vestire che appaiono ridicoli a persone poco riflessive, persone serie senza vera serietà, hanno un duplice fascino, artistico e storico. […] Mi fa piacere ritrovare in tutti o quasi, la moralità e l'estetica della loro epoca». I commenti di Elkann, ça va sans dire, sembrano proprio quelli di una persona poco riflessiva.

Ora forse la moralità e l’estetica di questa epoca non piacciono a Elkann (anche senza “forse”) ma è interessante notare come il costume e il vestiario siano rimasti oggi i più fondamentali significanti di dove ci troviamo nella società ma anche di dove ci troviamo nella storia. Ad esempio, se nella mente di Elkann esiste il completo di lino blu rigorosamente stazzonato e indossato «malgrado il caldo» e dunque in ossequio alle regole dell’eleganza; l’esatto opposto sarebbe l’incomprensibile streetwear degli adolescenti. Ma la divisione è davvero così binaria? O forse sia Elkann che i suoi giovani “lanzichenecchi” esistono in rispettivi e incomunicabili mondi che sono solo due sfere del più grande multiverso della moda oggi e dei suoi significati? Guardando alla questione da dentro la bolla della moda, per dire, si potrebbe notare come un completo blu sia, per quanto costoso, quanto di più conservatore, noioso e banale un uomo possa indossare (tra parentesi, quest’anno va il completo grigio), un tipo di completo associabile a chiunque debba presentarsi in lavoro in cravatta, dall’agente immobiliare fino al politico altolocato, e non qualcosa che un giovane indosserebbe per autonoma scelta; allo stesso tempo i giovani, nella loro baldanza e innocenza, non stavano prestando enorme attenzione al proprio outfit, dato che nessuno ci richiede di indossare il completo per salire su un treno.

Ma se un gruppo di teenager in t-shirt e sneaker Nike spinge Elkann a scrivere (presumibilmente con la sua stilografica) un editoriale su La Repubblica, cosa sarebbe accaduto se Elkann avesse visto qualcuno in un full look di Rick Owens? Forse il significato dell’essere maturi sta nel come ci approcciamo alla realtà più che nel modo in cui reagiamo a essa. Per tutto c’è una spiegazione e, strano a dirsi, persino gli outfit dei maranza milanesi hanno un proprio senso storico se ci si sforza di comprenderlo. La verità è che il mondo dei completi blu e quello delle t-shirt bianche non comunicano – si rifiutano di comunicare, ciascuno trincerato dietro le proprie idee. Ma non è dai giovani che il dialogo può partire.In attesa che questa illuminazione arrivi si può commentare l’editoriale di Elkann con solo due parole: «Ok, boomer».