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Perché le star del K-Pop hanno sostituito gli influencer di moda

I veri protagonisti del fashion month

Perché le star del K-Pop hanno sostituito gli influencer di moda I veri protagonisti del fashion month

Avere una folla oceanica e urlante davanti la propria sfilata non fa guadagnare materialmente soldi a un brand, ma garantisce un tipo di ritorno tanto immateriale quanto prezioso. È chiaro che ogni brand di moda vorrebbe che il suo show venisse trattato dal pubblico come un concerto di Elvis negli anni ’60. Eppure un’alternativa forse anche migliore sono le star del K-Pop che, durante questo mese, sono state più ricercate, invitate e incensate di qualunque influencer durante le scorse fashion week maschili – e più delle stesse popstar occidentali che vengono regolarmente invitate agli show. La stagione scorsa il case study lo diede Celine il cui show si ritrovò sotto assedio grazie alla presenza di Lisa delle Blackpink e di Kim Tae-hyung (detto “V”) dei BTS. A Milano, sempre la scorsa stagione, l’arrivo di Chaeyoung delle TWICE aveva fatto raccogliere una folla a dir poco esagitata di fronte allo show di Ferragamo mentre, sempre a Milano, nella Fashion Week appena conclusasi è stata la presenza degli Enhypen al gran completo per lo show di Prada a paralizzare la zona Lotto e Lodi. La loro è presto diventata una presenza fissa. Senza voler elencare i molti esempi, che da Milano si estendono a Parigi e anche alla settimana della Haute Couture, è chiaro che le star del K-Pop hanno definitivamente soppiantato gli influencer: su BoF si legge che «secondo Launchmetrics, i post sui social media di o su di loro hanno generato il 41% del buzz di celebrità e influencer per la stagione della moda donna autunno-inverno 2021 di Milano. Secondo le stime della società di consulenza di marketing Lefty, questa quota potrebbe essere cresciuta fino al 50% durante la Milan Fashion Week che si è conclusa lunedì». Sempre secondo Launchmetrics, la sola presenza di Jisoo delle Blackpink allo show paragino di Dior ha creato 7 milioni di dollari in media value  - superando di gran lunga la collaborazione tra Kim Kardashian e Dolce & Gabbana che l’anno scorso ne aveva generati 4,6 milioni con una singola giga-sfilata.

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L’espansione del seguito del K-Pop e delle sue megastar non è solo la parte più evidente dell’espansione culturale della Corea stessa, che ha visto i suoi film premiati agli Oscar e le sue serie TV diventare fenomeni globali su Netflix, ma anche un accrescimento sostanziale dell’importanza del paese nelle dinamiche dell’industria del lusso. Pur avendo un’altra importanza rispetto alla vastissima clientela cinese, i consumatori di lusso del Sud Corea stanno diventando una forza sempre più ragguardevole: qualche settimana fa Morgan Stanley ha dichiarato che quelli del Sud Corea sono i più grandi consumatori di lusso del mondo dichiarando che, come scrive CNBC, «la spesa totale sudcoreana per i beni di lusso personali è cresciuta del 24% nel 2022, raggiungendo i 16,8 miliardi di dollari, pari a circa 325 dollari pro capite. Si tratta di una cifra di gran lunga superiore ai 55 e 280 dollari pro capite spesi rispettivamente dai cittadini cinesi e americani». Sempre secondo la banca, la crescita stratosferica delle vendite nel paese è dovuta all’incrocio di due fattori: il primo è l’aumento del potere di spesa dei cittadini coreani, la seconda la tolleranza con cui nel paese viene celebrato il successo finanziario individuale. Sempre la CNBC riporta un sondaggio di McKinsey secondo cui i consumatori coreani sono in media meno inclini a vedere l’ostentazione del lusso come volgare rispetto ai vicini cinesi e giapponesi.

Rimane comunque chiaro che l’appeal di massa delle star del K-Pop si traduce solo parzialmente in vendite, e in effetti un analista di Bain & Company suggerisce di ripartire la spesa totale del lusso in base al numero di persone appartenenti alla classe media e alta per avere una misura più realistica del consumo e degli atteggiamenti nei confronti del lusso. Non di meno, questo non cambia il fatto che i consumatori coreani spendono in media sei volte di più di quelli cinesi e dunque rappresentano un ghiotto mercato per i brand di lusso che, difatti, hanno fatto di ogni K-Pop star pensabile un proprio ambassador. A questo si aggiunge che le policy delle label discografiche coreane consente loro di gestire capillarmente e con pugno di ferro l’immagine pubblica di queste star, decisamente meno inclini a finire sulle prime magine dei tabloid scandalistici (stiamo guardando te, Kanye). Una partnership con loro, insomma, è l’investimento più sicuro di tutti per un brand sic stantibus rebus. Gli influencer classici, a confronto, sono strumenti spuntati e irrimediabilmente obsoleti.