Vedi tutti

Nel regno psichedelico di Marni by Francesco Risso

Una nuova era del knitwear

Nel regno psichedelico di Marni by Francesco Risso Una nuova era del knitwear

In un lugubre tunnel appena al di sotto del Manhattan Bridge, sulle note di un melanconico pezzo di di Dev Hynes eseguito dall’Orchestra d’archi di Brooklyn (tra cui figurava Risso stesso al violoncello) e un'affollata prima fila che comprendeva Madonna, Kendall Jenner e Doja Cat, Marni è riuscito dove la natura stessa avrebbe fallito: far tramontare il sole in piena notte. «Il tramonto non è un fenomeno del sole - che si svolge all'orizzonte - ma un fenomeno del corpo - che incendia il cielo», riportano le show note del brand, una dichiarazione che trova riscontro in abiti dai colori allucinogeni e luminosi, mohair DIY, cut out audaci e stampe psichedeliche, in una palette che riproduce fedelmente tutte le sfumature che la luce assume al calar del giorno. Un sapiente gioco di layering coniuga trasparenze, velluto e satin, mentre la maglieria che ha reso il Marni di Risso mainstream assume una declinazione più edgy tra strappi e accostamenti degradé dai motivi circolari. 

Blazer strutturati smorzano stampe d’ispirazione anni ‘70, quella vibe new age nei colori della terra che fa subito pensare a Woodstock o a una comune nel Maine. Tra i look fa capolino una maxi bag giallo vivo che sembra cavalcare il trend di stagione, così come la vita bassa, le microgonne, e una ritrovata passione per gli occhiali a fascia. Il DNA del brand, da sempre sinonimo di stampe appariscenti e di riferimenti concettuali che, come un linguaggio segreto tra il designer e gli adepti del marchio, in pochi potevano comprendere, assume qui una deriva lontana dall’avanguardia indossabile di Consuelo Castiglioni, più estrema seppur più minimale. Traendo ispirazione forse dalla scena emergente (Collina Strada, Paloma Wool, Chopova Lowena) la SS23 di Francesco Risso sembra elevarsi rispetto alle contingenze dell’abbigliamento per disegnare un universo fluido in cui il corpo, in tutte le sue forme, è il vero protagonista. «Tutto è costruito in maglie, maglieria, cose che, in realtà, vanno con il corpo piuttosto che contro di esso. Anche la pelle è la più morbida che esista» commenta Risso. Ma, nonostante il tripudio di pelle scoperta, i modelli, da Paloma Elsesser e Tyler Mitchell a Lara Stone, non trasmettono sensualità ma l’aria ultraterrena di un esercito post apocalittico in un mondo in cui il futuro è finalmente utopia e non per forza qualcosa di lugubre e spaventoso.

Approdato a NY, Francesco Risso ha scelto la strada più difficile: invece di seguire la scia di successi generata dai maglioni chunky e dai sabot in pelo che avevano reso il marchio popolare tra le scena rap internazionale, da Gunna a Lil Baby, il direttore creativo ha deciso di cambiare direzione. Sembra che Marni non abbia esplorato solo un nuovo continente geografico, ma anche un nuovo territorio stilistico lontano sia dall’abituale estetica di Risso, solitamente più fosca, goth e massimalista, ma anche da tutto ciò che il brand ha prodotto finora. All’anteprima dello show, in risposta alla domanda “perché trasferirsi da Milano?” posta da Vogue, Risso ha risposto: «Era da un po' che volevo esplorare. Significa capire le cose da una prospettiva diversa, entrare in contatto con persone diverse. È una sensazione rinfrescante, c'è anche molto da imparare, e io sono pronto a farlo ogni fottuto secondo. Da quando l'America ha aperto i suoi confini lo scorso dicembre sono stato qui, non so, forse 20 volte. Eppure - ha proseguito, non è una vera e propria novità, perché tutti sono in qualche modo in un altro regno». E il regno di Marni sembra davvero un bel posto in cui vivere.