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Enfants Riches Déprimés ci dimostra che il punk non è morto

Una storia che parla di cool kids, eccessi, abiti distressed e nostalgia

Enfants Riches Déprimés ci dimostra che il punk non è morto Una storia che parla di cool kids, eccessi, abiti distressed e nostalgia

Ci sono persone che nascono e crescono con la consapevolezza che non avranno bisogno di lavorare un singolo giorno della loro vita, che la fortuna accumulata negli anni dai loro genitori, tra investimenti riusciti ed eredità consistenti, basterà non solo a mantenere loro ma anche le generazioni a seguire. La potenzialità di poter essere dunque tutto quello che si vuole quando si vuole può paradossalmente innescare un certo senso di impotenza e di atarassia, un’inadeguatezza radicata nella possibilità che gli Enfants Riches Déprimés ("Bambini ricchi depressi”) come Henry Levy conoscono bene. La storia di ERD parla di collegi svizzeri e cocaina, di istituti di disintossicazione e spettacoli punk, di Courtney Love, Paperino, Kanye West e forme d’arte differenti che si mescolano in una fitta rete di reference sottilissime. Una storia che, più di ogni altra cosa, tratta di Henry Levy, il trentenne founder e designer del marchio, che ha saputo sublimare tutti gli eccessi che hanno caratterizzato la sua giovinezza (denaro, droga, celebrità) in un brand di abbigliamento per "punk elitari".

Si fa chiamare Henri Alexander, ma il suo vero nome è Henry Levy, nato il 14 luglio 1991 ad Atlanta - «Lo stesso giorno della presa della Bastiglia», ha dichiarato a Glamour Italia. A Complex invece ha raccontata di come i suoi genitori hanno guadagnato abbastanza con le innovazioni nel campo del filtraggio dell'acqua da consentirgli di godere dei vizi ad esclusivo appannaggio dell’1% della popolazione mondiale: viaggi intercontinentali, shopping sfrenato e una cerchia di amici con il suo stesso conto in banca. Sin da bambino coltivava l'interesse per l'arte e la passione per la musica punk, aveva 11 anni la prima volta che ascoltò i Clash e i Sex Pistols. Ha frequentato l'Institut Le Rosey in Svizzera, noto come il collegio più costoso del mondo e una serie di altri istituti di lusso tra gli Stati Uniti e il Canada, i tipici luoghi in cui i genitori ricchi mandano i loro figli nella speranza di trasformarli nella prossima generazione di leader, ma per Henry non è stato così. Ha trascorso il suo primo periodo di disintossicazione al Visions Adolescent Treatment a 15 anni, una struttura di Malibu per tossicodipendenti minorenni, nonché la prima di molte. 

Ad un certo punto, ha fatto progressi sufficienti per migliorare i suoi voti ed è stato accettato alla UCLA nella facoltà d’arte - «Poi ero così entusiasta di essere stato ammesso che mi sono incasinato di nuovo». Un soggiorno in un centro di trattamento, il Betty Ford a Hazelden nell'Oregon, è stato particolarmente efficace: «È stato allora che ho iniziato a concepire l'idea del marchio». Tagliato fuori dai genitori e completamente al verde, è tornato a Los Angeles, girando la città in autobus e risparmiando per gli spettacoli di artisti come i Dandy Warhols, Henri passava il tempo dipingendo. Era il 2012 quando le cose che conosceva meglio - il punk, l'arte e i bambini viziati - si sono allineate in un'unica realtà coesiva. Enfants Riches Déprimés è un melting pot di letteratura, dal simbolismo francese ai romanzieri americani, musica, con gruppi come i Wipers, Dinosaur Jr. e Jesus and  Mary Chain, e neo-espressionismo astratto alla Robert Motherwell o alla Don Van Vliet.

Un’estetica androgina e distressed che incorpora giacche da motociclista DIY da 7.000 dollari, maglioni con illustrazioni decadenti di Lou Reed o personaggi di Les Miserables di Victor Hugo, magliette strappate con lo stemma del suo collegio, Le Rosey, a un pacchetto di Parliament Lights, le sue sigarette preferite. Ma anche elementi provocatori e dissacranti come Paperino che fa il saluto nazista e un logo di Hermès deturpato che gli è costato una diffida. Un’estetica che parla di magrezza estrema strizzando l’occhio all’heroin chic degli anni ‘90, agli editoriali di Jurgen Teller, Kate Moss e Pete Doherty, alla moda près du corps di Hedi Slimane, look perfettamente collocabili nell’atmosfera disfatta e degradata dei bagni dei club di New York, dove i ragazzini si riversano sul pavimento in preda alle droghe. 

Da un punto di vista commerciale, l’idea di mettere in vendita in store selezionati una tiratura limitata di capi totalmente overpriced ha funzionato: da qui la definizione di “punk elitario”. Nonostante élite e punk possano sembrare concetti apertamente in contrasto l'uno con l'altro, come spiega Levy stesso, “il punk è accogliente ma per la sua stessa comunità. È inclusivo, come la maggior parte degli altri gruppi di "élite, ma solo per coloro che si ritiene vi appartengano. Le comunità di nicchia si formano essenzialmente attraverso la separazione, l'isolamento e la differenza. L'esclusione genera la sottocultura." Ed è con questa semi-segretezza, con simboli il cui significato era ad appannaggio di pochi, che Levy ha scolpito la propria sottocultura e ha fatto breccia nel mainstream, quando le celebrity, da Jared Leto a Miley Cyrus, hanno iniziato a indossare i suoi capi e nel 2017 si è addirittura diffuso il rumor di una collaborazione con Kanye in arrivo. I suoi codici sono ovvi solo per gli insider e privi di significato per il resto del mondo: «A tutti i ragazzi ricchi e depressi là fuori: questo è per voi.»