.jpg 320w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=480,height=300/images/galleries/31496/cover(138).jpg 480w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=576,height=360/images/galleries/31496/cover(138).jpg 576w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=768,height=480/images/galleries/31496/cover(138).jpg 768w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=992,height=620/images/galleries/31496/cover(138).jpg 992w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=1024,height=640/images/galleries/31496/cover(138).jpg 1024w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=1280,height=800/images/galleries/31496/cover(138).jpg 1280w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=1440,height=900/images/galleries/31496/cover(138).jpg 1440w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=1600,height=1000/images/galleries/31496/cover(138).jpg 1600w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=1920,height=1200/images/galleries/31496/cover(138).jpg 1920w, https://data2.nssmag.com/cdn-cgi/image/fit=crop,width=2560,height=1600/images/galleries/31496/cover(138).jpg 2560w)
Lo sportswear come liberazione: intervista a Saul Nash
Il vincitore dell’International Woolmark Prize racconta sé stesso e il suo mondo
06 Maggio 2022
«La mia missione come designer è sempre stata quella di creare abiti tagliati e costruiti per il movimento», dice Saul Nash, fresco dalla vittoria dell’International Woolmark Prize 2022. «Un’estensione di questo processo è guardare alla categoria dello sportswear nella nostra società e mettere in discussione i pregiudizi che la circondano». Una missione non da poco ma che Nash è preparato ad affrontare sia dal punto di vista professionale che personale: professionale perché il passato recente di Nash è nella coreografia e nella danza, personale perché proprio lo sportswear ha avuto un ruolo molto importante nei suoi anni adolescenziali. «A scuola le sneaker e lo sportswear erano ovunque e ricordo ogni singolo trend nato quando ero ragazzo», spiega Nash. «Tutti momenti e ricordi che sono parte integrante delle storie che racconto perché mi ricordano da dove vengo e mi servono come riferimento per il futuro». Un futuro che non è solo uno sfondo immaginario ma una concreta possibilità da esplorare attraverso l’innovazione tecnica. Come si diceva, Nash è un coreografo e dunque la sua comprensione delle maniere in cui il corpo umano può muoversi gli forniscono un insight che è il carburante stesso del suo processo creativo.
«La nostra intenzione è creare abiti progettati per il movimento», dice Nash parlando della collezione che gli è valsa la vittoria al Woolmark Prize. Dancewear creato interamente usando lana merino al posto della lycra con tessuti jacquard che riproducono i colori della bandiera della Guyana sotto forma di fantasie astratte insieme a un trench modulare dalle spalle rimovibili. Il pregio della collezione, come si diceva, è quello di saper mescolare senza soluzione di continuità pratica e teoria, ricerca dell’innovazione tecnologica e celebrazione del proprio passato e del proprio heritage, abiti in cui danzare ma con cui mettere in discussione i set di assunti sociali inerenti agli abiti stessi. E il bello è che, nella sua estrema sofisticazione, questi abiti sembrano quasi semplici ma i suoi significati sono molteplici. Al di là della nostalgia e dell’autobiografismo, per Nash «lo sportswear è un simbolo di liberazione» ma questo patrimonio simbolico passa necessariamente per la ricerca e la tecnologia che «sono parte integrante del mio lavoro, i miei abiti non devono solo essere belli ma è essenziale che siano funzionali».
Proprio per evidenziare la completa fusione dell’aspetto emotivo-sentimentale della creatività con quello tecnico c’è la parola «essenziale», che Saul usa tanto nel descrivere il valore della ricerca che l’importanza delle storie che vuole raccontare. Si potrebbe pensare che, una volta vinto questo premio, il designer voglia correre incontro al futuro – e in una certa maniera è così. «In questa fase di crescita, la manifattura dei capi è qualcosa di complicato, specialmente ora che ci stiamo espandendo. Il premio è stato incredibile perché ci ha fatto trovare moltissimi partner con cui esplorare nuove opportunità», dice Nash. Eppure, e in una maniera tipica della nuova generazione di designer Millennial ben consapevoli delle criticità di un mestiere che spesso non lascia requie, non dice di volersi affrettare verso il futuro ma di voler proseguire a un ritmo naturale, sano per la propria creatività: «Credo che, se serve, vada bene prendersi il proprio tempo. Il bisogno di un rinnovamento costante nella moda spesso spinge i designer a correre ed esplorare delle categorie per cui non siamo pronte. Personalmente, quando il momento sarà arrivato, mi piacerebbe potermi espandere nel footwear e negli accessori».