
Duran Lantink ha vinto l’International Woolmark Prize 2025
Gli otto finalisti si raccontano
03 Aprile 2025
Ieri sera, al Palazzo del Ghiaccio di Milano, l’International Woolmark Prize è stato assegnato a uno dei designer emergenti più innovativi degli ultimi anni. Duran Lantink, olandese, classe 1988, ha conquistato la prestigiosa giuria grazie a una collezione che unisce artigianato e creatività nella trama sostenibile della lana merino. Il designer ha vinto 300mila dollari australiani (circa 170mila euro) da investire nello sviluppo del proprio business, un riconoscimento che quindi non ha solo valore emotivo. «Per questa collezione abbiamo pensato molto alla forma e a dare nuove proposte in termini di ciò che troviamo interessante da indossare», ci ha raccontato il designer a poche ore dalla premiazione. «In collaborazione con Woolmark, abbiamo voluto avviare un dialogo con una comunità di maglieristi». Per questo Lantink ha creato l’intera collezione in collaborazione con un gruppo di quindici esperte nel lavoro a maglia di Amsterdam. Nella collezione sono state esplorate le forme degli abiti più tradizionali, come le gonne tartan e i maglioni Aran, rivisitate in silhouette voluminose e inaspettate. «Per me è molto importante comunicare attraverso i vestiti», ha aggiunto Lantink raccontando delle sfide che sta affrontando da designer indipendente. «Ma non c'è niente di più importante. Si ha la libertà e credo che una volta che si lotta così tanto ci si dimentichi di questo, ma non vorrei che fosse in un altro modo».
Assieme a Duran Lantink, altri sette finalisti ieri hanno avuto l’occasione di presentare le proprie collezioni di fronte alla stampa e ancora una volta alla giuria del Woolmark Prize, composta da alcuni dei più grandi esponenti della fashion industry tra cui Donatella Versace, Law Roach, IB Kamara, Tim Blanks, Honey Dijon, Alessandro Sartori e Sinéad Burke. Louis Gabriel Nouchi ci ha raccontato che partecipare al concorso è stato una bella sfida per il brand, il cui DNA potrebbe sembrare lontano dal mondo della lana. «L'obiettivo era quello di renderla sexy», ha aggiunto il designer - che è riuscito benissimo nell’intento eseguendo un esercizio di tailoring minuzioso per capi decisamente accattivanti. Anche Ester Manas, fondatrice dell’omonimo brand insieme al compagno Balthazar Delepierre, ha raccontato la sensualità attraverso la lana, con trasparenze, rouche ed elasticità che celebrano la bellezza di tutte le forme, mentre Rachel Scott di Diotima ha acceso un simile dialogo attraverso la tecnica dell’uncinetto. «For this collection I was thinking about expanding our idea of Merino in terms of seasonality», ci ha raccontato la designer mostrando un complesso abito in crochet rosso fuoco. «Il problema dell'uncinetto e dell'artigianato è che gli è stato dato un cattivo marchio, è nostalgico. ma per me il lusso è il savoir faire, è saper fare le cose in modo bello e l'uncinetto è qualcosa che può essere fatto solo a mano, quindi è lussuoso e può essere sensuale, può essere sexy, può essere moderno».
L’utilizzo della lana merino nelle collezioni candidate all’International Woolmark Prize (che da oltre settant’anni celebra la sostenibilità e la versatilità del materiale offrendo programmi di mentorship a supporto di giovani creativi) ha portato tutti i finalisti a scoprire nuove tecniche. Michael Stewart di Standing Ground ha mostrato forme inaspettate nella sua nuova collezione, realizzata con cuciture invisibili e drappeggi ingegnosi. «Ho una tecnica di bordatura che ho utilizzato in Jersey, ma ora l'ho realizzata con una lana intrecciata, che è una storia completamente diversa», ha raccontato il designer. Uno degli aspetti più interessanti del lavoro di Standing Ground è l’uso del colore che, in realtà, è privo di ricerca. «Il colore è quello che ho a disposizione- afferma Stewart - Utilizzo tutti materiali di recupero o materiali già esistenti. Quindi in realtà sono molto limitato. Ma amo la sfida». Per Act N°1, il designer italiano Luca Lin ha voluto invece trasformare i capo tradizionali del guardaroba maschile attraverso tagli e drappeggi. «Sono molto lavorati e non sono styling, sono proprio fatti in questo modo», ha aggiunto il designer.
La tradizione è stata protagonista anche della collezione di Meryll Rogge, designer belga che ha rinforzato classici come il tweed e il quilting con doppio padding e lana merino mischiata al raso per la creazione di silhouette scultoree. Per ultimo, ma non per importanza, Luar, brand fondato da Raul Lopez, ha portato al Woolmark Prize una collezione poetica. «Anche se non ho mai scritto una poesia in vita mia questa volta ero fortemente ispirato», ha scherzato il designer. «Questa collezione è stata ispirata da una parola chiamata pato, che nella cultura latina è un insulto spregiativo. Qualcosa mi diceva di reclamare questo momento della mia vita che è stato davvero infelice.». In una personalissima versione del puffer, Lopez ha realizzato un piumino di lana merino completamente realizzato a mano - «ci sono volute 1900 ore per realizzarlo, è stato pazzesco» - e poi una giacca tecnica con sottili imbottiture che riprendono la schiena delle pecore quando vengono tosate. Insomma, ancora una volta l’International Woolmark Prize ha offerto un grande trampolino di lancio non solo al vincitore del premio, Duran Lantink, ma a tutti i finalisti, che hanno potuto esplorare la lana merino con l’aiuto di un grande promotore. E il successo riscosso dai vincitori passati, come Valentino Garavani, Karl Lagerfeld e Yves Saint Laurent, è la prova dell’importanza di eventi come questi per il futuro della moda.