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I 10 momenti più indimenticabili della New York Fashion Week

Da Jean-Michel Basquiat per Comme des Garçons allo show di Telfar a Irving Plaza

I 10 momenti più indimenticabili della New York Fashion Week Da Jean-Michel Basquiat per Comme des Garçons allo show di Telfar a Irving Plaza

A differenza delle fashion week europee, popolate da brand secolari che hanno fatto la storia della moda del ‘900, la New York Fashion Week ha sempre avuto un’aura molto particolare: è infatti nell’ambito della fashion week newyorchese che si sono viste le sperimentazioni più audaci. Tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei ’90 infatti, il predominio delle fashion week europee si identificava anche con l’estetica della “power girl” e con un’idea di sartoria ancora elitaria, vistosamente opulenta, noiosamente signorile, mentre alla fashion week di New York Marc Jacobs firmava collezioni grunge, Calvin Klein elaborava il suo quotidiano ma lussuoso minimalismo ed Helmut Lang riscriveva il concetto stesso di coolness. Questa spinta per l’innovazione non è scomparsa negli ultimi anni, che hanno visto l’ascesa di Kerby Jean-Raymond e Telfar Clemens ma anche la trasformazione di Rihanna da popstar a businesswoman e icona della moda con Savage x Fenty.

1. Basquiat sfila per Comme des Garçons (1987)

Prima che la sua arte diventasse protagonista o sfondo di migliaia di collezioni e campagne di moda, il Basquiat in carne e ossa calcò la passerella di Rei Kawakubo per la collezione SS87 di Comme des Garçons Homme Plus. Quando venne invitato a sfilare per Kawakubo, Basquiat era all’apice della sua carriera e della sua amicizia con Andy Warhol, che sarebbe morto qualche mese dopo lo show. Lo show dimostrò come un approccio non convenzionale al casting, che includesse anche artisti e creativi e non solo modelli professionisti, fosse in gradi di creare un iconico fashion moment.

2. Marc Jacobs porta il grunge in passerella da Perry Ellis (1992)

Per lo show SS93 di Perry Ellis, Marc Jacobs decise non di cambiare le carte in tavola, ma di rovesciare la tavola a terra e farla a pezzi. La decisione portò al suo rapido licenziamento dal brand ma lanciò la sua carriera per sempre. Retrospettivamente, la sua fu una scelta perfetta: nel ’92 il grunge andava forte, era il genere musicale più all’avanguardia, Kurt Cobain era un mito e stava ridefinendo cosa volesse dire essere una rockstar. Jacobs prese quella magmatica carica di rabbia giovanile e la tradusse in una collezione energica, giovanile e ribelle. E il dato più sorprendente è che quella collezione non è invecchiata di un giorno, potrebbe essere indossata e venduta oggi con lo stesso successo che ebbe allora. Grazie a quella collezione, l’estetica grunge-rock entrò nel mondo della moda con tutti gli onori – e non se ne andò mai più. 

3. Lo show SS94 di Calvin Klein con Kate Moss (1993)

La storia del modeling si divide in un prima e in un dopo Kate Moss. In un mondo pieno di top-model giunoniche, di curve statuarie e di visi cesellati, Kate Moss arrivò come l’incarnazione del cool e di una bellezza atipica e disinvolta. Gran parte dell’alone di leggenda che la circonda, deriva da questo periodo, dalle foto di Mario Sorrenti e dalle campagne di Calvin Klein che la ritraevano minuta e delicata insieme a Mark Whalberg. Il punto di svolta può essere segnato nello show SS93 di Calvin Klein, che portò sulle passerelle una moda morbida e semplicissima e un minimalismo che rispose a distanza allo show SS93 di Prada tenutosi un mese prima e solidificò l’estetica waif, della modella magra e algida, che sarebbe durato per il resto del decennio. 

4. Helmut Lang fa spostare la settimana della moda di tre settimane (1998)

Quando il volume d’affari di Helmut Lang iniziò a diventare sempre più imponente, il designer decise di trasferirsi a New York, dove vive ancora oggi, e di portare il suo intero brand con sé dalla nativa Vienna. Per «fare la cosa più giusta per la [sua] azienda», Lang decise di far sfilare la sua collezione a settembre e non a novembre, mostrando dunque le sue collezioni prima di quelle europee, senza chiedere reali autorizzazioni a nessuno – comunicò semplicemente la cosa a stampa e buyer. Lang non voleva cambiare il sistema, eppure Calvin Klein e Donna Karan lo seguirono e la moda europea, sgomenta, non riuscì davvero a fare nulla. Pierre Bergé, co-founder di Yves Saint-Laurent, definì Lang un anarchico, ma la fashion week di New York non cambiò più di data e, ancora oggi, è rimasta la prima sul calendario tradizionale.

5. Alexander McQueen sfila nel mezzo di un uragano (1999)

Mentre l’uragano Floyd stava allagando mezza città, molti show vennero cancellati all’ultimo minuto. Non fu così per Alexander McQueen che, col suo titanico amore per il dramma, decise di ignorare le raffiche di vento a 250 chilometri orari e sfilare alle nove in punto al Pier 94, come previsto, nonostante si dicesse che l’Hudswon avrebbe rotto i suoi argini e allagato tutto a momenti. La passerella era invasa dall’acqua, la collezione rendeva omaggio agli abiti arabi, al bondage, al mondo del wrestling. A un certo punto degli spuntoni emersero dall’acqua della piscina al centro su cui una squadra di acrobati coperti da lunghi veli volteggiarono come sospesi sotto le luci stroboscopiche. Infine McQueen stesso uscì fuori e si abbassò i pantaloni, rivelando dei boxer su cui era rappresentata la bandiera americana. 

6. La prima sfilata di Rick Owens (2002)

Fino ai primi del 2000, per cinque lunghi anni, Owens continuava a vivere e lavorare a Los Angeles, guadagnando un seguito sempre più largo di appassionati. Il settembre del 2001 sarebbe dovuto diventare il suo mese, ma gli attentati dell’11 settembre portarono a una cancellazione della fashion week, che venne rimandata. Il debutto sulle passerelle newyorchesi avvenne dunque nel febbraio 2002, con la collezione Sparrow. Fu allora che tutto il mondo conobbe il talento di Owens per i drappeggi all’avanguardia, per la composizione di silhouette allungate e decostruite – oltre che il suo immenso talento sartoriale per la manipolazione del tessuto. Ma Owens non restò a New York a lungo: già nel marzo 2003 la sua sfilata appariva nel calendario della Paris Fashion Week. «Quale designer al mondo non vorrebbe venire a Parigi?», disse Owens a Vogue. «Non esistono posti migliori».

7. Pyer Moss e la sfilata SS16 sulla police brutality (2015)

Kerby Jean-Raymond rischiò tutto per la SS16. Invece che parlare di blandi concetti o idee campate per aria, il suo show iniziò con un video di 12 minuti che includeva le testimonianze video di svariati recenti episodi di police brutality nei confronti di persone afroamericane. Poi la collezione andò in scena: decorazioni che riproducevano macchie di sangue ricoprivano scarpe e giacche, scritte che sembravano citare direttamente gli episodi di brutalità della polizia erano sparse su capi immacolati e futuristici. La moda era entrata in quella stagione di political awareness che sarebbe esplosa cinque anni più avanti dopo l’omicidio di George Floyd, coinvolgendo il mondo intero.

8. Il debutto di Raf Simons da Calvin Klein (2017)

Se Owens si spostò dall’America all’Europa, molti anni dopo fu un designer europeo, seguendo le tracce di Lang, a doversi spostare dall’Europa all’America. Era Raf Simons, chiamato a dirigere Calvin Klein per uno dei bienni più eccitanti mai vissuti dal brand americano. Col senno di poi, il rapporto fra Simons e Clavin Klein non potè durare perché Simons era un designer troppo concettuale per dirigere un brand ultra-commerciale come Calvin Klein – ma ciò che Simons mostrò con la linea CALVINKLEIN 205W39NYC in cui l’estetica degli Stati Uniti, dai cowboy fino a Warhol e agli horror anni ’80, venne reinterpretata in una maniera sofisticata e intellettuale, non aveva avuto reali precedenti a New York. 

9. Il primo show Savage x Fenty di Rihanna (2018)

Concerto, performance, fashion show – ancora nessuno è riuscito veramente a definire cosa sia stato il primo show di Savage x Fenty a Brooklyn, nel settembre di due anni fa. È stato un fenomeno totale, sicuramente, un evento che ha trasceso l’idea stessa di sfilata e front row, che ha mescolato diversi media, diverse personalità – e il tutto per mostrare al mondo una collezione che ha celebrato con un’allegria insolita per qualunque fashion week le idee di inclusività, portando a maturazione un discorso più ampio con cui il resto della moda ha dovuto confrontarsi da lì in avanti.

10. Lo show di Telfar Clemens a Irving Plaza (2019)

Lo show di Telfar a Irving Plaza non contribuì soltanto a solidificare la fama e il prestigio di Telfar, ma rappresentò la rottura di un format fisso per la New York Fashion Week. Fuori dalla location c’era una fila di due ore, oltre mille persone erano stipate nel moshpit del locale mentre una banda di rock punk, un rapper e una cantante soul accompagnavano lo show con musica. I modelli salivano sul palco per poi gettarsi fra le mani della folla che li trasportava come rockstar attraverso l’intera lunghezza della location. A oggi, non si ricorda uno show che abbia avuto lo stesso livello di epicità, la stessa energia e la stessa partecipazione di pubblico – ma anche nessuno show che sia diventato subito parte della pop culture.