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La meta-moda dello show FW20 di Gucci

Alessandro Michele accende le luci sul “dietro le quinte” e abbatte una nuova barriera con il pubblico

La meta-moda dello show FW20 di Gucci Alessandro Michele accende le luci sul “dietro le quinte” e abbatte una nuova barriera con il pubblico

Soltanto tre settimane fa, Alessandro Michele aveva lasciato tutti a bocca aperta con lo show per la collezione menswear FW2020 di Gucci, facendo sfilare i modelli in un anfiteatro in stile elisabettiano dominato dall'oscillare di un gigante pendolo foucaultiano. Ma dopo aver più volte trasformato la passerella in un set, per lo show della collezione womenswear FW20 Michele ha deciso di fare il passo successivo: l’ha eliminata del tutto. Al suo posto, le modelle hanno “posato” su una pedana rotante, in un’atmosfera cupa di luci soffuse e sulle note del Boléro di Ravel. Un'enorme struttura di vetro che si è fatta palcoscenico di un esperimento più unico che raro: all'interno, infatti, è stato ricreato il backstage della sfilata stessa, dove gli stylist hanno vestito e preparato le modelle per lo show sotto gli occhi di tutti.

Ho sempre pensato alla sfilata come ad un accadimento magico capace di sprigionare incantesimi” scrive Michele in una lettera pubblicata su Instagram poche ore prima dello show. Introdotto dalle parole di Federico Fellini (“Il cinema era proprio questo: suggestione ipnotica, ritualistica […]”), lo show ha messo in scena un vero e proprio rituale di vestizione che ha celebrato “l’intelligenza collettiva che cura la gestazione con brivido che infuria”. Dalle prime immagini della diretta social, che inquadravano truccatori e modelle all'opera, fino al letterale passo in avanti fatto dagli stylist dopo l’uscita delle modelle dalla struttura di vetro.

Ho deciso quindi di alzare un velo su ciò che ama nascondersi. […] Che si costruisca un trono per quell’alveare scalcagnato e un po’ folle che ho scelto come casa. Perché quella è la casa che venero: il varco benedetto attraverso cui la bellezza esce dal guscio.

Per Michele non c’è mai stata distinzione fra sacro e profano, fra Storia e Walt Disney. A questo progressivo abbattimento di ogni barriera, oggi aggiunge un nuovo tassello e mette sotto i riflettori tutti coloro che normalmente abitano il dietro le quinte. Ancora, fa entrare i suoi ospiti dal backstage, costringendoli a divincolarsi nella fiumana di gente al lavoro. L’immagine è potente: Florence Welch, Dakota Johnson, Achille Lauro e Boss Doms posano in mezzo a make-up artist, hair-stylist e modelli in preparazione. E nel mettere “la gente comune” al centro della narrazione, Michele e il suo team accendono direttamente le luci anche sul pubblico. Nel tentativo di superare il limite più estremo: l’annullamento della distanza che per anni ha reso il mondo della moda così affascinante, ma anche scoraggiante.

Lo spazio della sfilata diventa così un luogo di sperimentazione e discussione, palcoscenico di un grido di una rivoluzione. Un grido che, tuttavia, rischia di rimanere fine a se stesso e mette gli abiti in secondo piano: le luci basse e la parete di vetro hanno reso difficile sia per i fotografi immortalare gli abiti, sia per gli ospiti vederli con attenzione. In generale, forse si è trattato di uno show un po' sottotono rispetto a quello visto poche settimane fa per la settimana della moda maschile. Lo conferma anche il parterre di ospiti: tra i grandi assenti della sfilata Tyler The Creator, Anderson Paak, Jared Leto, Ghali e Maurizio Cattelan (presenti invece a gennaio), così come Harry Styles, ormai protégé di Michele.

La collezione, dal canto suo, conferma una linea di continuità rispetto a quanto visto per il menswear. Restano grandi protagonisti i tailleur, riproposti in una versione più classica in lana. Si aggiungono gonne ampie e lunghe, insieme ad abiti e divise di pizzo, mentre ritornano le bluse in satin e i pantaloni oversize (soprattutto di velluto). In generale, l'esagerazione è tornata a far da padrona: ecco allora che bracciali giganti, guanti, colletti ingombranti e grandi crocifissi dorati si mescolano in uno stile che proprio nella sua confusione si rivela sempre e comunque coerente.