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Cosa ricorderemo dei nostri vicini di casa dopo il lockdown

Con la fine della quarantena potremo tornare ad odiare l'inquilino del piano di sopra

Cosa ricorderemo dei nostri vicini di casa dopo il lockdown  Con la fine della quarantena potremo tornare ad odiare l'inquilino del piano di sopra

Mi sono sempre sembrate piuttosto paradossali le interviste dei telegiornali ai vicini di casa di quelli che si erano appena rivelati degli efferati omicida o dei violenti sociopatici. "Sembrava una così brava persona, non ha mai dato fastidio a nessuno". Perché, in effetti, quanto ne possiamo davvero sapere dell'inquilino che abita sotto di noi? 

Il rapporto con i vicini di casa è da sempre un argomento molto caro a cinema e televisione, quel mistero, quell'impossibilità di sapere cosa accade oltre la porta sono stati terreno fertile per la nascita di capolavori, da Hitchcock e Polanski a Sam Mendes e Woody Allen. Senza sospettare omicidi o misteriose sparizioni, in queste settimane di reclusione casalinga i vicini di casa sono diventati i nuovi attori protagonisti nella commedia (o forse la tragedia) che si consuma tra le mura di casa. Persone che incontravamo di rado, scendendo di corsa le scale, in ascensore, nel parcheggio, sono diventati i volti e i suoni che più vediamo e ascoltiamo di questi tempi. 

Il nostro approccio nei loro confronti è stato altalenante, così come l’umore che ha caratterizzato queste giornate. Sentendoci tutti più uniti, accomunati dalla stessa situazione, all’inizio del lockdown ci siamo decisi ad alzare il nostro livello di sopportazione verso di loro: animati da una tolleranza che non avevamo mai provato, abbiamo cercato di perdonare il rumore del trapano il sabato mattina, abbiamo fatto finta di non vedere le scarpe lasciate fuori dalla porta come se il pianerottolo fosse un’estensione del loro appartamento, abbiamo chiuso un occhio anche quando la ragazzina delle medie al terzo piano si è esercitata per tre ore con il flauto. 

Stufi di parlare solo con i nostri famigliari, i nostri coinquilini, o al contrario non avendo nessuno con cui parlare, quelli che fino a un mese fa avresti volentieri preso a schiaffi durante un'animata riunione di condominio, sono diventati un diversivo interessante in queste monotone giornate. Gli incontri, rapidi e a distanza, sono cordiali, ma ancora un po’ freddi, ci si scambia qualche parola - per forza di cose l'argomento prediletto è la pandemia, con inevitabili commenti da bar (‘Dovevano chiudere tutto prima’, ‘Eh ma ci sarà sicuramente un’altra ondata’), con la stessa leggerezza con cui un tempo si commentavano le previsioni del meteo. 

Quando il lockdown è cominciato ci siamo convinti che tutto questo tempo libero a disposizione ci avrebbe permesso di conoscerci meglio, di riscoprirci, di apprezzarsi. Forse più di tutto quello che abbiamo guadagnato in queste settimane è una conoscenza leggermente più approfondita dei nostri vicini di casa, una conoscenza avvenuta praticamente senza interazioni dirette. C'è la famiglia dell'Ecuador che prepara sempre prelibatezze che lasciano un profumo squisito per tutta la scala (quel tipo di profumo che da casa mia non è mai uscito); c’è il papà divertente che passa le giornate in giardino a giocare a calcio con i due figli maschi; la signora ossessionata dalle pulizie che non fa altro che riordinare casa (questo anche prima della quarantena ad essere onesti); il quarantenne che tutte le sere si esercita col sax mentre tutto il palazzo resta ad ascoltare; la coppia sposata da più di trent’anni che ha passato tutto questo tempo a litigare, senza mai lasciarsi. Inizi a fare supposizioni su quali siano le coppie in crisi ‘Ah ma gli hai sentiti quelli?’, ‘Lei non l’ho mai vista sorridere’, soprattutto si cerca di capire chi siano i single nel palazzo, si conoscono i gusti musicali di chi ci sta di fianco, e un po’ anche quelli televisivi, grazie al volume con cui risuona la sigla del TG5, paragonabile solo al volume con cui tua nonna guarda Don Matteo. 

Quello creatosi in queste settimane è un microcosmo popolato da persone diverse, spesso agli antipodi, che si regge su un equilirio precario. Sarebbe bello credere che questa esperienza condivisa lascerà un segno profondo sul nostro modo di relazionarci anche nei mesi a venire - e magari sarà così -, che nonostante la tanto agognata libertà riconquistata continueremo a sopportare e a sopportarci, senza trasformarci in poliziotti di quartiere alla caccia di chi invita (troppi) congiunti o chi non indossa la mascherina. Per il momento, ci limiteremo a sbuffare un po' di meno quando quello al piano di sopra deciderà di spostare tutti i mobili del soggiorno a mezzanotte.