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Chanel vuole far diventare le sue borse le nuove Birkin

Una strategia iniziata già lo scorso anno con gli aumenti di prezzo delle sue borse

Chanel vuole far diventare le sue borse le nuove Birkin  Una strategia iniziata già lo scorso anno con gli aumenti di prezzo delle sue borse

UPDATE 09/10/2023: Chanel ha fatto scalpore a settembre aumentando i prezzi dei suoi prodotti di alta gamma in Cina e in diversi altri paesi asiatici come il Giappone, il Taiwan, la Thailandia e la Malesia ma anche in Australia. Questa mossa arriva in un contesto di rallentamento della domanda di beni di lusso in tutto il mondo, che ha seguito il boom post-pandemia. Chanel ha citato le fluttuazioni dei tassi di cambio come un fattore chiave dietro questi aggiustamenti dei prezzi, con aumenti che vanno dal 6% all'8% in diverse regioni. Secondo un portavoce di Chanel, questi aggiustamenti dei prezzi non sono un evento isolato, ma fanno parte di una pratica ormai abituale per il marchio che però ha già attirato numerose critiche. 

I marchi di lusso esclusivi come Chanel hanno storicamente goduto di un forte potere sul pricing dei propri accessori. Ciò significa che possono aumentare i prezzi senza necessariamente perdere clienti. Tuttavia, i recenti trend di spesa suggeriscono che i clienti aspirazionali, quelli che acquistano prodotti di livello base o comunque comprano in maniera occasionale e non costante, sono diventati più attenti al prezzo e ai propri investimenti. Di conseguenza, i marchi di lusso devono bilanciare attentamente gli aumenti dei prezzi con il mantenimento del loro appeal, questione che però riguarda solo marginalmente Chanel la cui clientela rimane parecchio elitaria e che non sono aperti ai clienti aspirazionali da “una volta e via”. 

Perché Chanel aumenta i suoi prezzi?

Il Direttore Finanziario di Chanel, Philippe Blondiaux, ha spiegato in un'intervista a Bloomberg che la strategia di prezzo del marchio tiene conto di vari fattori. Oltre alle revisioni regolari, Chanel considera anche l'inflazione dei costi di input quando implementa aumenti dei prezzi. Questo approccio aiuta Chanel a adattarsi alle mutevoli condizioni economiche e a mantenere la sua redditività. Il rallentamento economico post-pandemico, unito a crescenti difficoltà nel mercato del lavoro giovanile in Cina, ha avuto un impatto significativo sulla fiducia dei consumatori. Ciò ha pesato sulle azioni di gruppi di lusso, tra cui Richemont, proprietario di Cartier, e LVMH. 

Chanel rivede i suoi prezzi due volte all'anno, a marzo e a settembre – strategia che consente al brand di rimanere competitivo e allineato alle condizioni di mercato. Per illustrare l'impatto di questi aggiustamenti dei prezzi, prendiamo in considerazione uno dei prodotti iconici di Chanel: la Classic Flap Bag. In Cina, la borsa ora costa 80.500 yuan (circa 11.030 dollari), mentre in Francia viene venduto a 9.700 euro (circa 10.230 dollari). Queste discrepanze riflettono non solo le fluttuazioni dei tassi di cambio, ma anche il panorama economico globale più ampio che influenza le strategie di prezzo dei marchi di lusso.

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Durante l’intero corso del lockdown, ma in realtà già a partire dalla fine del 2019, Chanel ha iniziato a ristrutturare la propria strategia nel settore delle borse e della pelletteria: all’inizio aumentando il prezzo delle sue handbag di punta quattro volte nel corso di due anni e poi, lo scorso ottobre, limitando il numero di borse acquistabili in un anno per ciascun cliente singolo. Questa policy in particolare riguarda le più celebri borse del brand,  la Classic Flap Bag e la Coco Handle. Una serie di politiche che, come Business of Fashion evidenzia, farebbero trapelare una strategia abbastanza aggressiva per far crescere l’esclusività dei propri prodotti e rivaleggiare con le borse iconiche di Hermès, ad esempio, tanto sul piano dei prezzi che su quello della scarsità. Sempre secondo BoF, una Flap Bag di Chanel in Francia costa circa 7800 euro che sarebbero solo 100 euro in meno di quanto costa un modello di Birkin 30 di Hermès.

A questa politica si aggiunge quella della scarsità artificiale: se in alcuni mercati asiatici i clienti possono acquistare solo una borsa l’anno, a New York se ne può comprare solo una alla volta e bisogna aspettare due mesi per comprarne un’altra che sia un diverso modello. Non di meno, lo stesso articolo di BoF parla di discordanze nei report con diverse notizie ufficiali e ufficiose che giungono da diverse parti del mondo. Tutto si risolve, infine, nella creazione di una scarsità artificiale che mira a trasformare le borse di Chanel in un prodotto simile alla Birkin o alla Kelly uscendo dunque dall’ambito del lusso mainstream ed entrando nel reame dell’ultra-lusso per le élite. La mossa sarebbe anche mirata al mercato del secondhand, in cui alcune borse di Chanel vendono a un mark-up più alto del prezzo di vendita ma in cui molte altre sono vendute a prezzi più bassi in base alla variazione dei modelli, della rarità e della richiesta. Più che al mercato secondhand europeo, comunque, la limitazione delle vendite sarebbe relativa a quello asiatico dove la pratica dei daigou, ossia persone che acquistano in nome di altre persone, è assai diffusa, giungendo al punto in cui singoli clienti acquistano grandi quantitativi di prodotto solo per poi rivenderli a prezzi maggiorati. Secondo Bertrand Peyrat, chief supply officer di Vestiaire Collective, però «la valutazione del mercato secondario su Chanel non è arrivata ai livelli di Hermès per ora».

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Senza voler scendere in dettagli finanziari sulla revenue del brand, è chiaro comunque che Chanel stia cercando di mantenere alta e se possibile elevare la propria brand equity in un momento in cui l’intero mercato del lusso sta cambiando. Chanel, dopo tutto, pur essendo tra i brand di moda più antichi e conosciuti del mondo, rimane un unicum rispetto al resto dell’industria del lusso rimanendo ancora indipendente in un ecosistema popolato da mega-conglomerati (ma in fondo Chanel è un gruppo industriale a sé stante con operazioni in ballo nella cosmetica, nella produzione di armi da caccia, e nell’editoria) ma soprattutto rifiutando di vendere i propri prodotti tramite un e-commerce tranne che per categorie come beauty e occhiali. Una strategia che ha sicuramente aiutato il marchio a mantenere intatta la propria equity, ma che forse ha bisogno di qualche ricalibratura che sicuramente la nuova CEO, Leena Nair, porterà dopo lunghi decenni di tenure di Alain Wertheimer.