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Che cos'è un mockumentary? Charli xcx è pronta al suo The Moment e segue una lunga tradizione di uno dei generi più creativi del cinema

The Moment è il prossimo film che uscirà nel 2026 e vedrà come protagonista Charli xcx e potrebbe avere molte assonanze con Popstar: Never Stop Never Stopping del 2016 di Akiva Schaffer e Jorma Taccone. La storia di due icone della musica, una al suo primo tour mondiale, l’altra che ripercorre la genesi del proprio successo, entrambe false nel loro essere raccontate come vere. Una, The Moment, più psichedelica e allucinata. L’altra, Popstar, prettamente comica, tendente al demenziale. Così distanti eppure appartenenti allo stesso humus culturale, i due film rientrano nel genere del mockumentary, quel tipo di narrazione che sembra basarsi sul vero ma, in verità, nulla di ciò che si sta guardando è reale. Ci sono volte in cui il protagonista interpreta persino se stesso, come in The Moment.

Che cos'è un "mockumentary"?

Ma nel mockumentary si tratta sempre di una sua versione alternativa, di un mondo che diventa parallelo e che, nel caso dell’opera di Aidan Zamiri, viene descritto dal regista al debutto (già al lavoro per alcuni videoclip di Charli xcx, ma anche di Billie Eilish e FKA Twigs) come la storia della popstar britannica durante la Brat Era se avesse preso tutte le scelte sbagliate. The Moment è perciò sia l’esperienza della cantante sia il suo esatto contrario, mentre in Popstar: Never Stop Never Stopping il protagonista Conner4Real, ovvero il genio comico Andy Samberg, era solo frutto della fantasia dei suoi autori, pur venendo trattato come fosse tra i volti più influenti della scena rap mondiale.

Le associazioni tra vita vera e finzione proliferano nel genere del mockumentary, per questo nel 2010 non era difficile pensare che Joaquin Phoenix fosse un pazzo stralunato come in Joaquin Phoenix - Io sono qui! di Casey Affleck, tanto che rimase memorabile una sua famosa intervista al David Letterman Show. In promozione per il precedente Two Lovers di James Grey e già in fase di lavorazione per il mockumentary sull’abbandono della sua carriera da attore e l’avvio della scalata musicale nell’hip hop, Phoenix si presentò al programma con barba lunga e occhiali da sole mangiandosi le parole e creando un clima di disagio.

Alcuni pezzi finirono nel film di Affleck e un anno dopo Phoenix tornò al late night per spiegare come era andata. Un’operazione che ha contribuito ad alimentare un’aura di mistero e domande dentro, ma perfino fuori lo schermo per un mockumentary che ha richiesto che il confine tra vero e falso si facesse incredibilmente sottile, al punto da immettersi l’uno nell’altro. E che vede nel genere spesso la presenza di personaggi o reali che rivisitano la propria storia o inventati e resi autentici al punto da essere scambiati per veri.

La nascita dei mockumentary

@hbomax Not all jokes land. #AHardDaysNight #TheBeatles #JohnLennon #PaulMcCartney #RingoStarr #GeorgeHarrison original sound - Max - HBO Max

Si parte nel 1964 dove in quello che alcuni ritengono una prima forma di mockumentary, Tutti per uno, si ricostruisce lo slancio e il successo dei Beatles creando un senso di autenticità mentre John, Paul e George cercano per Londra il compagno Ringo per potersi esibire. Sono poi tanti quelli venuti dopo. Da This Is Spinal Tap, per rimanere sul musicale, benevola presa in giro della scena heavy metal diretto da Rob Reiner a, sempre nell’ambito dello spettacolo, Forgotten Silver di Peter Jackson sul fittizio pioniere del cinema neozelandese Colin McKenzie.

Con i mockumentary alcuni personaggi sono diventati più reali di quanto potrebbe essere talvolta la realtà stessa. Non è magari capitato al candidato populista e conservatore di Bob Roberts, che dà titolo al film interpretato e diretto da Tim Robbins, ma lo è stato senz’altro per Borat, il giornalista kazako a cui ha dato vita Sacha Baron Cohen nel 2006 e che non solo ha segnato uno dei titoli più divertenti e scorretti della storia del cinema, ma ha stagliato il protagonista all’interno di un immaginario tale che anche chi potrebbe non aver mai visto il film sa benissimo chi è Borat Sagdiyev. 

Il successo grazie all'horror

È però con l’horror e il fantasy che il genere sembra aver stretto fin dall’inizio un patto. Risalente agli anni Sessanta, momento fulgido per l’orrore e la fantascienza di matrice letteraria e cinematografica, il mockumentary sembra avere il proprio vero inizio nel 1965 con l’ibrido The Way Game di Peter Watkins, il cui destino assomiglia un po’ a La guerra dei mondi di Orson Welles del 1938 in cui l’allora addetto al programma Mercury Theatre on the Air reinterpretò in versione audio il romanzo fantascientifico omonimo di H. G. Wells. Lo pseudo-documentario della BBC comincia raccontando di una guerra nucleare e mostrando le conseguenze con cui i cittadini e il mondo devono convivere, ritenuto sconvolgente al punto da esserne impedita la messa in onda pubblica e venendo perciò riservato alla sala cinematografica. Tanto convincente da conquistare nel 1967, paradossalmente, l’Oscar al miglior documentario.

Entrambi sono un po’ gli antecedenti di Cloverfield del 2008 di Matt Reeves, un’opera che non sembra solo la ripresa dello sbarco degli extraterrestri in una terrorizzata New York, ma l’esempio di ciò che potrebbe effettivamente accadere se mai l’eventualità di un contatto alieno si presentasse e non fosse nemmeno lontanamente amichevole. Un’opera che sembra reale nella sua falsa documentazione e che segue la formula del basso budget e della massima resa al botteghino che nel 1999 aveva segnato un punto di svolta nel genere horror e nell’avvio del cinema digitale con The Blair Witch Project, found footage girato in videocamera Digital 8 e pellicola 16 mm, il quale diede un’impennata non indifferente alle potenzialità al box-office del cinema indipendente.

Il mockumentary all'italiana

Anche in Italia il mockumentary ha avuto i suoi assi nella manica. Il più recente e sovversivo, fuori dalle regole per un autore che non si è mai voluto attenere alle convenzioni dell’industria, è il Un film fatto per Bene di Franco Maresco, dove l’esistenza e la professione del cineasta siciliano, le sue ossessioni e la sua venerazione per Carmelo Bene, si mescolano in un’unica grande provocazione che ha il desiderio, mai prefissato però come scopo, di ribaltare la faccia di un’arte e del suo settore.

Ma dieci anni fa fu anche il momento di Pecore in erba di Alberto Caviglia, la storia di un giovane considerato eroe nazionale per il suo dedito approccio all’antisemitismo. Una satira puntuale e piccata piena di un’ironia surreale che ne fece un piccolo caso nel panorama italiano. 

Le serie TV mockumentary 

@theoffice Dwight is prepared for every situation imaginable. #theoffice #office #funny #comedy #fyp #foryou #foryoupage #dwightschrute #wigs original sound - The Office

Ma la sfera con cui il pubblico è più avvezzo ad approcciarsi al mockumentary, o così almeno è stato dai primi anni Duemila in poi, è l’ambito delle serie tv, comiche soprattutto. In un boom incontrollato di serialità, le comedy hanno trovato nelle finte interviste e negli sguardi in macchina il proprio habitat naturale dove proliferare e realizzare alcuni dei gioiellini della televisione al tempo presente e poi futura. Tra tutte, le serie tv sono debitrici a The Office, sì la versione americana, però prima ancora all’originale inglese. E nulla hanno da invidiarle costole come Parks and Recreation degli stessi autori Greg Daniels e Michael Schur, o la più che decennale Modern Family.

Con un comeback nel 2025 per The Office con lo spin-off The Paper la quale si colloca nello stesso universo lavorativo di Michael Scott e colleghi, traslato però nella redazione di un giornale locale. Tutto è falso nel magico, imprevedibile, immaginifico mondo dei mockumentary. Tutto ciò che serve di vero è solo una grande idea. E, per il prossimo The Moment, viene direttamente dalla mente di Charli xcx.