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Di episodi pilota come quello di "Pluribus" non ne fanno più Torna sullo schermo Vince Gilligan, papà di "Breaking Bad"

Il papà di Breaking Bad è tornato. Vince Gilligan, che dal 2008 al 2022 ha visto la propria vita professionale ondeggiare tra il mondo del professore Walter White e lo spin-off Better Call Saul, approda su AppleTV+ con Pluribus, una nuova storia che fa un viaggio indietro nel tempo fino agli anni in cui lavorava a X-Files. Trenta episodi scritti, due diretti e più di ottanta co-prodotti nel corso di poco meno di un decennio durante la collaborazione con lo show ideato da Chris Carter. Per Gillighan, Pluribus è quasi un ritorno alle origini di carriera - poi invasa da spacciatori, avvocati e matanfetamina.

La serie, come dice la sua protagonista Carole (Rhea Seehorn), sembra un film di fantascienza già visto, anche se per gli spettatori è una boccata d’aria fresca all’interno di un panorama audiovisivo (e in particolare seriale) che spesso rischia di propinare sempre le stesse cose. O, almeno, è ciò che si prospetta dalle sue prime due puntate.   

Stando al rilascio dei primi episodi, il sentimento che si prova durante la visione di Pluribus è di essere stati catapultati indietro fino a ripiombare nell’epoca della golden age televisiva. Quella di Breaking Bad e di tutte le grandi opere seriali che hanno contribuito a legittimare i prodotti televisivi. La stessa che lo streaming ha visto appassire, vuoi per la frenesia delle produzioni odierne, vuoi per l’introduzione del binge watching, a cui invece Gilligan dimostra di non voler rinunciare e, anzi, da cui pesca direttamente a piene mani.

Di Pluribus è magistrale l’episodio pilota, di quelli che non ne fanno più. Ed anche una delle poche cose di cui effettivamente possiamo parlare ora, in attesa di vedere come si svilupperà il racconto nel corso delle sue nove puntate, ma che dà il perfetto esempio di cosa della serialità abbiamo perso e cosa Vince Gilligan, per lo meno in questo primo frangente, ci ha restituito. 

C’è da dire che il progetto di Pluribus è rimasto per lo più segreto fino al rilascio del trailer ufficiale, due settimane prima dell’uscita delle prime puntate. Il che ha contribuito ad accrescere la curiosità verso un progetto di cui si poteva prevedere il potenziale, ma che ha lasciato soprattutto gli spettatori con il desiderio di indagare su ciò che Vince Gillian aveva inventato.

Chiamata al rapporto la Rhea Seehorn di Better Call Saul, lo showrunner ipotizza l’arrivo di una specie aliena che, «come un unico Ultracorpo», invade il pianeta spazzando via il genere umano e usando i corpi delle persone come gusci. Una mente collettiva che inizia ad abitare la terra cercando di mantenere la pace. A non entrare a farne parte, però, è la scrittrice di romanzi rosa Carole, immune al contagio che ha portato al cambio radiale degli abitanti di tutto il mondo, e a cui resteranno solo due possibilità: accettare ciò che è avvenuto o cercare di invertire la rotta. 

Ciò che è possibile respirare in Pluribus è una calma che, attualmente, alle serie tv non sembra più concessa. Gilligan non ha la smania di dire tutto e subito, non fa in modo che il pubblico abbia immediatamente ogni elemento per decifrare l’enigma che si nasconde dietro l’occupazione della specie umana. Col primo episodio fa qualcosa di impensabile ai giorni nostri: si concede del tempo.

Ci racconta chi è la protagonista, anche qui senza svelare troppo. La descrive nel suo ambiente lavorativo, nel rapporto con la manager Helen (Miriam Shor) che si intuisce essere qualcosa in più di una semplice partner di lavoro. Ci mostra un contatto con un segnale che sembra estraneo, un codice con cui fare degli esperimenti in laboratorio e che, poi, finisce per espandersi per tutto il continente, dall’America al mondo. E, soprattutto, dona a Pluribus un’atmosfera. Una suggestione. Lascia al pubblico la sensazione di confusione e panico, la stessa che prova Carole e, così, un’enorme voglia di saperne di più.

@appletv Jarmell Gurky says it's okay. Pluribus — Now Streaming #Pluribus #RheaSeehorn #KarolinaWydra #VinceGilligan #AppleTV Pluribus - Apple TV

In tutto questo non trascura l’aspetto visivo. La regia contribuisce a questa finezza di scrittura, le inquadrature non sono al servizio della storia, come sempre più spesso notiamo soprattutto con titoli in streaming (e in particolare nella fotografia), ma raccontano a propria volta un universo. Spaventano e inquietano, attraggono e affascinano insieme. E, soprattutto, mostrano il desiderio di Gillian di apporre la propria firma anche sul nuovo prodotto AppleTV+ facendo ancora una volta di Albuquerque il teatro della propria storia.

L’architettura comunica con i fan del creatore, ricorda loro da dove viene (artisticamente parlando) e crea un ponte di collegamento tra i precedenti lavori di Vince Gillian sebbene, già dalla seconda puntata, lo show si sposti altrove - e chissà fin dove si spingerà ancora. Ciò che è certo è che non vediamo l’ora di scoprirlo, tenendo presente il motto della serie: la felicità è uno stato mentale.