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Disney farà tornare in onda il talk show di Jimmy Kimmel La campagna di boicottaggio ha funzionato

La momentanea sospensione di uno dei più famosi talk show degli Stati Uniti, il Jimmy Kimmel Live!, dopo che il suo conduttore avere commentato la morte dell’attivista di destra Charlie Kirk, ha portato a una serie di reazioni molto forti da parte di numerosi attori di Hollywood, e non solo. La sospensione del programma è stata voluta da Brendan Carr, direttore della Federal Communications Commission (FCC), l’agenzia governativa statunitense che si occupa delle telecomunicazioni. Nominato direttamente da Trump, Carr aveva minacciato l’ABC, il network su cui andava in onda il Jimmy Kimmel Live!, e la Walt Disney Company, proprietaria della rete televisiva, di imporre pesanti sanzioni se la trasmissione non fosse stata cancellata dal palinsesto. Nel giro di poche ore, mentre era in preparazione una puntata in cui Kimmel avrebbe parlato proprio delle intimidazioni ricevute, il talk show è stato sospeso a tempo indefinito.

Di fronte all’accaduto, numerosi attori, ma anche sceneggiatori, conduttori televisivi e personalità del mondo dello spettacolo, hanno risposto a questa presa di posizione con una campagna di boicottaggio contro Walt Disney Company, giudicata eccessivamente compiacente nei confronti della politica aggressiva di Trump. Grazie anche a questa mobilitazione, Walt Disney Company ha così annunciato che il programma tornerà ad andare in onda. Diverse personalità molto note di Hollywood che collaborano con Disney, tra cui Tatiana Maslany (protagonista della serie She-Hulk: Attorney at Law) e Marisa Tomei (che recita nei film di Spider-Man con Tom Holland), avevano chiesto pubblicamente ai propri follower di annullare gli abbonamenti alle piattaforme di streaming della compagnia, come Disney+. Lo stesso ha fatto Cynthia Nixon (cioè “Miranda” in Sex and the City). Pedro Pascal, invece, che di recente è stato tra i protagonisti del film I Fantastici 4 – Gli inizi (prodotto dalla Marvel, che è controllata dalla Disney), ha pubblicato su Instagram una foto che lo ritrae insieme a Jimmy Kimmel, esortando gli utenti a difendere la democrazia e la libertà d’espressione.

Cosa è successo con Jimmy Kimmel?

@fallontonight Jimmy reacts to ABC’s decision to suspend @Jimmy Kimmel Live after pressure from the FCC, leaving everyone thinking WTF? #FallonTonight #TonightShow original sound - FallonTonight

La sospensione del Jimmy Kimmel Show! è stata criticata anche da personalità non strettamente legate a Disney, come la comica Rosie O’Donnell. Inoltre, il giorno dopo la chiusura della trasmissione, di fronte alla sede centrale dell’azienda, a Burbank, a nord di Los Angeles,  si erano riunite centinaia di persone per protestare contro la decisione del gruppo, cosa che aveva provocato un forte calo del valore delle azioni. Con un comunicato, Walt Disney Company ha spiegato di aver scelto di rimettere in onda il talk show dopo un confronto con lo stesso Kimmel, e che il programma era stato sospeso nel tentativo di "raffreddare" la tensione nel Paese. Ma questa è solo l’ultima mossa dell’amministrazione Trump che ha fatto così tanto discutere l'opinione pubblica. Da mesi, ad esempio, il presidente statunitense utilizza a suo piacimento l’influenza e i poteri della FCC, che concede licenze alle reti private a condizione che rispettino determinati standard di pubblico interesse.

Finora la legge che regolamenta questo aspetto era sempre stata interpretata in modo piuttosto flessibile e, soprattutto, non era mai stata sfruttata per interferire in maniera così palese con le scelte editoriali dei singoli network. Ma la FCC ha anche il compito di approvare o meno le compravendite tra aziende nel settore dell’infotainment: di recente, Trump avrebbe fatto leva proprio su questo punto per chiudere il Late Show with Stephen Colbert, un noto talk show critico nei suoi confronti, trasmesso su CBS e prodotto da Paramount. Secondo diverse ricostruzioni, Paramount avrebbe deciso di sospendere il programma per timore che la FCC ostacolasse in maniera deliberata la sua acquisizione in corso della casa di produzione Skydance.

L'America in tempi di censura

Di recente, poi, ci sono stati anche diversi episodi di censura meno clamorosi, ma comunque significativi. A febbraio, ad esempio, l’amministrazione Trump aveva negato alla celebre agenzia di stampa Associated Press l’accesso alla Casa Bianca, dopo che nei propri articoli si era rifiutata di cambiare il nome del Golfo del Messico in “Golfo d’America” (come vorrebbe il presidente). Ma le restrizioni sulla libertà di espressione non colpiscono solo i media. Da tempo diversi osservatori sostengono che il Presidente abbia intenzione di aprire indagini sulle fondazioni politiche progressiste, sfruttando a suo favore (come nel caso dei network televisivi) l’interpretazione di una specifica legge, quella che regola l’anticorruzione, revocando i benefici fiscali finora concessi alle ong considerate di sinistra. Questa strategia, comunque, è del tutto coerente con il comportamento di Trump, da quando, a gennaio, ha iniziato il suo secondo mandato: il capo della Casa Bianca ha più volte spinto i propri poteri oltre i limiti consueti di un presidente, come quando ha avviato una campagna contro le università, minacciando tagli ai finanziamenti se le loro politiche interne non si fossero allineate alle sue richieste.