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Trovare lavoro è sempre più complicato anche per colpa dell'AI? I software per la selezione del personale sono ormai molto comuni, ma spesso le aziende sottovalutano i loro limiti

Sempre più società stanno adottando sistemi di intelligenza artificiale per gestire il processo di selezione del personale, dalla pubblicazione dell’annuncio fino ai colloqui di lavoro. Quello delle risorse umane è infatti uno dei principali ambiti, insieme all’informatica, in cui l’intelligenza artificiale ha trovato ampio margine di applicazione. Parallelamente, si è sviluppato un esteso dibattito sui rischi e i limiti di queste procedure, giudicate spesso eccessivamente impersonali. Della deriva provocata da un uso smodato dell’AI nei processi di recruiting soprattutto tra le grandi aziende. Ne ha parlato di recente anche l’Atlantic, con un articolo che ha fatto molto discutere: «Il processo per ottenere un lavoro è diventato un incubo del tardo capitalismo», scrive il magazine statunitense. «Le piattaforme di assunzione online hanno reso più facile trovare opportunità lavorative, ma più difficile ottenerle: i candidati inviano migliaia di curriculum realizzati con l’AI, e le aziende usano l’AI per scremarli».

In parallelo, secondo quanto riportato dall’Economic TimesOpenAI ha annunciato il lancio nel 2026 di una piattaforma di assunzioni basata sull’intelligenza artificiale, con l’obiettivo di competere direttamente con LinkedIn. Il progetto mira a mettere in contatto le aziende con lavoratori qualificati in ambito AI, utilizzando algoritmi per trovare il “match perfetto” tra le esigenze delle imprese e le competenze dei candidati. Contestualmente è stato avviato anche un programma di certificazione attraverso l’OpenAI Academy, in collaborazione con partner come Walmart, con l’obiettivo dichiarato di formare 10 milioni di americani entro il 2030.

In sostanza, come spiega l’Atlantic, «le difficoltà di accedere alla fase del colloquio individuale spinge chi sta cercando lavoro a inviare più candidature, facendo affidamento a ChatGPT per modificare il proprio curriculum e rispondere alle domande di preselezione. E così il ciclo continua: l’aumento di candidature quasi tutte uguali, scritte cioè con l’AI, induce i datori di lavoro a usare filtri automatici per gestire il processo di selezione». In questo contesto, negli Stati Uniti, «il tasso di assunzioni è sceso al punto più basso dalla ripresa seguita alla Grande Recessione», cioè a partire dal 2009, scrive l’Atlantic. «Quattro anni fa, i datori di lavoro assumevano fino a cinque lavoratori ogni 100 dipendenti che avevano già in organico, di mese in mese. Oggi ne assumono tre».

Come si usa l'AI in un colloquio?

Dopo la pandemia si è rafforzata l’attenzione verso le cosiddette “soft skills”, ovvero le competenze relazionali e comportamentali che vanno oltre la preparazione tecnica, e che spesso fanno la differenza in un gruppo di lavoro. Valutare questi aspetti, tuttavia, non è semplice e non di rado richiede processi più lunghi e strutturati – motivo per cui molte organizzazioni ricorrono a sistemi basati sull’intelligenza artificiale, che però non sempre vengono introdotti con adeguati test preliminari o meccanismi di correzione degli errori. In questo contesto, va tenuto conto che inviare una candidatura comporta un impegno maggiore rispetto al passato: soprattutto nelle grandi aziende, il percorso di selezione prevede quasi sempre più colloqui e può includere prove di logica, la realizzazione di video-curriculum, esercitazioni specifiche o colloqui collettivi.

La percezione diffusa è che queste procedure siano in realtà una modalità per ridurre il numero di partecipanti e filtrare a monte chi non è sufficientemente motivato, così da alleggerire l’analisi dei curriculum. Ma è anche vero che è sempre più comune, da parte delle aziende, la prassi di pubblicare annunci generici che servono soprattutto a raccogliere profili da utilizzare in caso di esigenze future: alcune grandi società, infatti, mantengono costantemente aperte posizioni che ricorrono con una certa regolarità, anche se non hanno necessità immediate di nuove assunzioni. Tutte queste dinamiche contribuiscono a rendere l'attuale mercato del lavoro un «inferno», come lo definisce l'Atlantic.

Il colloquio con un chatbot?

I sistemi di intelligenza artificiale utilizzati nei processi di selezione del personale hanno oggi due limiti principali. Da un lato, presentano una criticità comune a molti software di analisi di contenuti audio e video, sempre più diffusi nelle fasi iniziali del recruiting: gli assistenti vocali (persino i più evoluti, come quelli sviluppati da Google, Amazon o Apple) non sempre riescono a interpretare correttamente tutte le sfumature presenti nel discorso di un candidato. Dall’altro lato, esiste il rischio che alcuni gruppi di persone vengano penalizzati perché scarsamente rappresentati nei dati con cui questi sistemi vengono “addestrati”.

Un caso molto noto risale al 2018, quando un’inchiesta di Reuters mise in luce i problemi di un algoritmo sperimentale creato da Amazon per valutare i candidati attraverso tecniche di machine learning: il software assegnava un punteggio da uno a cinque, ma si scoprì che introduceva evidenti distorsioni legate al genere. Questo accadeva perché il modello era stato allenato su un set di dati basato sui curriculum inviati ad Amazon nei dieci anni precedenti: si trattava di candidature in gran parte provenienti da uomini, per via del predominio maschile all'interno del settore tecnologico, e l'algoritmo di recruiting così finì per penalizzare le nuove candidature femminili.