FUORIMODA REVIEWS – La prima piattaforma online per recensire i fashion show

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Le 5 migliori collab di IKEA Dopo la recente collezione con Gustaf Westman

Per molti IKEA è ancora sinonimo di mobili economici e polpette svedesi, il brand che arreda gli appartamenti dei fuorisede e riempie le case in affitto su Airbnb. L’immagine diffusa è quella di un colosso funzionale, pensato per il “cheap” e per l’utilità. Eppure, la sua storia racconta un’altra ambizione: fin dalla nascita, l’azienda svedese voleva democratizzare il design della metà del Novecento, portandolo fuori dai salotti elitari per renderlo accessibile a tutti. Negli anni, questa missione si è tradotta in una lunga serie di collaborazioni con designer e brand che hanno permesso a IKEA di spostarsi dal piano puramente utilitario a quello culturale, trasformando tavoli e lampade in oggetti di conversazione oltre che di arredamento.

La nuovissima capsule è firmata da Gustaf Westman, il designer danese rinomato per il suo uso di colori e curve morbide, ed ha già raggiunto livelli di viralità inaudita sui social. La collezione è fatta di tableware ispirato alle feste natalizie, dove ci si riunisce per lunghissime cene in famiglia o tra amici (c’è anche un piatto apposito per le polpette). Quella con Westman non è la prima collab di successo di IKEA, anzi si aggiunge a una lunghissima lista che negli anni ha toccato anche Lego, Animal Crossing e NASA, ce ne sono state alcune che però hanno fatto la storia del brand, così tanto da entrare negli annali dell'IKEA Museum di Älmhult. Ecco quindi le cinque migliori collaborazioni del colosso del design scandinavo.

Thomas Erikkson

Per chi è un IKEA-aficionado, sa che ogni prodotto in esposizione porta con sé una piccola firma, quella del nome del designer che lo ha concepito, che sia un cucchiaio o un divano. Tra questi, una delle firme più riconoscibili degli anni ’90 è quella di Thomas Eriksson, architetto e furniture designer danese che ha dato vita a uno degli oggetti più iconici del brand: una piccola sveglia a forma di serratura, compatta e leggermente bombata, entrata presto nella memoria collettiva. La sua storia si intreccia con quella di IKEA PS, la linea sperimentale lanciata nel 1995 al Salone del Mobile di Milano sotto il claim di Design Democratico. All’interno di quella collezione, la sveglia di Eriksson divenne subito uno dei pezzi più riconoscibili. Disponibile in più colori e pensata anche come piccolo contenitore, riusciva a trasformare un oggetto quotidiano in un’icona di design democratico. Rimasta in produzione fino al 2005, oggi si trova solo nello shop dell’IKEA Museum.

Virgil Abloh

DJ, direttore creativo, architetto, visionario della moda: cosa non è stato Virgil Abloh? Dopo la fondazione di Off-White e la nomina di direttore del menswear di Louis Vuitton, il designer sembrava essersi allontanato dal suo primo percorso accademico (laurea in ingegneria civile e un master in architettura), ma nel 2019 tornò a dialogare con il mondo dell’interior attraverso una collaborazione con IKEA. La collezione si chiamava MARKERAD ed era un’edizione limitata pensata per rivisitare gli oggetti più anonimi della vita quotidiana, come sedie, tappeti, orologi,  trasformandoli in statement piece. Come sempre accadeva con Virgil, l’operazione non si fermava al design ma lavorava sul linguaggio: le sue virgolette iconiche, onnipresenti, aggiungevano ironia e un livello concettuale a prodotti che altrimenti sarebbero rimasti neutri. «L’ethos della collezione è quello di aggiungere una qualità artistica a oggetti anonimi», dichiarava Abloh all’epoca, sintetizzando un approccio che voleva avvicinare l’arte al quotidiano e abbattere le gerarchie tra high fashion e consumo popolare.

Marimekko

@heysye.e marimekko x ikea #marimekko #ikea #อิเกีย #fyp Aesthetic - Tollan Kim

Quando nel 2023 Ikea ha annunciato una capsule con Marimekko, brand finlandese noto per le stampe grafiche e i pattern floreali diventati simbolo del design nordico, l’operazione aveva un obiettivo chiaro: unire due visioni democratiche del design che, in modi diversi, avevano reso la quotidianità più vivace e accessibile. La collezione, battezzata BASTUA, prendeva ispirazione dalla cultura della sauna finlandese e mescolava elementi funzionali con pattern oversize, portando un’estetica gioiosa e pop dentro gli spazi domestici. In questo caso, la strategia di Ikea non era tanto quella di inseguire il nome-icona, ma di dialogare con un brand che da decenni incarna la stessa filosofia, con un design pensato per tutti, senza rinunciare a carattere e riconoscibilità scandinava.

Byredo

La collaborazione con Byredo nel 2020 ha segnato invece un cambio di tono. Il brand fondato da Ben Gorham, celebre per le sue fragranze concettuali, ha portato in Ikea il mondo olfattivo, aprendo un capitolo inedito nella storia del colosso svedese. La collezione di candele OSYNLIG (“invisibile” in svedese) non era solo un esercizio di stile ma rappresentava l’idea che anche l’olfatto potesse essere democratizzato, rendendo esperienze sensoriali raffinate accessibili a un pubblico globale. Con packaging minimal e un ventaglio di fragranze che andava dai legni affumicati alle note floreali, OSYNLIG dimostrava come Ikea fosse capace di avvicinare la dimensione del lusso emozionale al consumo di massa.

Sabine Marcelis

Più recente è invece la collaborazione con Sabine Marcelis, designer neozelandese-olandese che negli ultimi anni ha conquistato l’attenzione internazionale grazie al suo lavoro con resine, superfici lucide e giochi di luce. Con Ikea, Marcelis ha tradotto il suo approccio scultoreo in una collezione di oggetti per la casa che ibridano funzionalità e presenza estetica, rendendo accessibili forme e materiali solitamente confinati a gallerie o progetti site-specific. Il risultato è una serie di prodotti che sembrano quasi installazioni domestiche - trasparenti, colorati, capaci di catturare la luce. Ispirata anche dalle curve della Nessino di Artemide, in un certo senso, Marcelis ha portato dentro Ikea la grammatica del design contemporaneo, spostando ancora una volta il confine di ciò che si considera “ordinario” in un contesto di consumo globale.