A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

Vedi tutti

Si possono vendere alcolici come si vende la moda?

Sempre di più i due mondi diversi collidono

Si possono vendere alcolici come si vende la moda? Sempre di più i due mondi diversi collidono

I report trimestrali di LVMH, il gruppo industriale più importante nel mondo del lusso, sono considerati da tempo il barometro generale dell’intero settore. E se, nel leggerli, si presta molta attenzione ai segmenti riguardanti i brand di moda veri e propri meno interesse suscita invece la parte riguardante gli alcolici, detto “Wines & Spirits”. Eppure questo compartimento del gruppo non è solo una delle pietre angolari della sua costruzione originaria (la “MH” di LVMH sta appunto per Moet ed Hennesy) ma include praticamente tutti i nomi più leggendari della produzione vinicola francese, come Dom Pérignon, Moët & Chandon, Veuve Clicquot, Ruinart e Chateau D’Yquem; oltre che brand iconici come Belvedere Vodka, Hennessy, che produce cognac, o Glenmorangie, specializzato in scotch. A rigor di logica, gli alcolici di LVMH dovrebbero essere una categoria redditizia quanto quella dei profumi, dato che vengono venduti e comprati ovunque e fanno parte della cantina di quasi ogni ristorante pensabile – eppure, nel primo trimestre dell’anno, il comparto ha visto le revenue scendere del 9%, guidato da una cattiva performance dei cognac e degli altri spiriti e distillati rispetto a quella assai più lieve degli champagne. Un problema che dura da un po’, a causa di domanda in calo negli USA e in Cina e delle classiche incertezze sulle politiche doganali, ma che ha fatto della divisione alcolici la peggio performante di tutto il gruppo: se le finanze di LVMH sono oggi sotto pressione è anche a causa delle perdite di questo dipartimento. A peggiorare le cose, è stato l’annuncio che LVMH prevede di eliminare il 10% della forza lavoro della divisione, circa 1200 posti di lavoro per contenere i costi – misura annunciata dal CEO Guiony e dal vice-CEO Alexandre Arnault, terzogenito del patriarca Arnault, che adesso sono stati incaricati di “salvare” le vendite del comparto. Ma come lo stanno facendo?

Al netto di aggiustamenti nell'inventario e delle strategie operative più "tecniche", la risposta sembra essere stata quella di elevare gli sforzi del marketing provando ad accostare la categoria degli alcolici alla moda. Lunedì scorso, ad esempio, Dom Pérignon ha presentato una campagna di nome Creation is an eternal journey scattata da Collier Schorr e con protagonisti Tilda Swinton, Zoë Kravitz, Anderson .Paak, Iggy Pop e Takashi Murakami oltre che al coreografo Alexander Ekman e alla chef Clare Smyth. Un tipo di progetto promozionale che, partendo dal claim della campagna, passando per i suoi protagonisti fino al fotografo e alla sua presentazione, sembra più concepito per il lancio di una borsa o di una scarpa che per pubblicizzare lo champagne più noto del mondo. Ma questo progetto è solo l’ultimo di una serie di simili sforzi spesso basati sulle sinergie interne tra produttori di vini e spiriti e il comparto moda: lo scorso 18 marzo, Pharrell ha lanciato un’edizione limitata di bottiglie Moët & Chandon presentata con una campagna apposita; soltanto il giorno prima Loewe ha collaborato a una bottiglia custom di Hennessy presentata con un lancio che ha incluso lo stylist Marc Forne, habitué delle fashion week, il top model Alton Mason, il fotografo/influencer Mike Quyen e la designer, socialite e DJ Gala Gonzalez; a fine gennaio, invece, Glenmorangie ha presentato una campagna con Harrison Ford con una serie di video diretti da Joel Edgerton mentre Belvedere ha presentato la campagna Off Script firmata dal celebratissimo Tyler Mitchell mentre la nuova linea luxury Belvedere 10 è stata presentata con una campagna che ha visto Future come protagonista.

La differenza nella comunicazione è evidente: confrontando lo champagne di LVMH con un brand come Bollinger, sarò facile notare che sull'Instagram di quest'ultimo a dominare sono le bottiglie, non le celebrity o le campagne promozionali di ampio respiro. Ma uscendo dall'orbita degli Arnault, l'accostamento che il mondo dell'alcol cerca con la moda è ancora più evidente. Il caso più lampante è quello di Taittinger, che a gennaio in occasione della Paris Fashion Week ha creato una campagna generata con l'AI in cui un atelier di moda creava una collezione ispirata allo champagne che culminava con la foto di una finta sfilata che si svolgeva al Grand Palais intorno alla scultura di una mega-bottiglia - la citazione a Chanel non poteva essere più palese; a marzo è invece uscita una campagna ispirata a New York dove era replicato il celebre look con tutù di Carrie Bradshaw di Sex & The City

Adiacente ma non pertinente al mondo LVMH, c’è poi la collaborazione di Nigo con il vino Penfolds ma anche le collaborazioni del produttore di whiskey Jameson a marzo: a inizio mese una con Anderson .Paak (che per il cantante è la seconda campagna a tema alcolico dell’anno) e un’altra con merch dedicato con Awake NY. Per inciso, Jameson appartiene al secondo gruppo più importante del mondo degli alcolici, Pernod Ricard, proprietario anche di Chivas Regal, altro brand molto incline alle collaborazioni e lanci molto pop – ultimo dei quali è stato quello con Scuderia Ferrari a fine dicembre che ha fatto di Charles Leclerc il protagonista della sua pagina Instagram oltre che di una serie di eventi molto simili a un fashion launch. A Ad ogni modo, è facile notare come il ritmo di queste campagne e collaborazioni sia andato crescendo sempre di più nei mesi – mano nella mano con le perdite di un intero settore che sta affrontando un calo delle vendite, come si vede anche dagli statement di Pernod Ricard, che nei primi tre mesi dell’anno hanno visto un declino del 5,9%, citando la debolezza nelle medesime regioni del concorrente, cioè Cina e America.

@giovanna.mae

Had such a lovely evening with the Pernod Ricard family at their “House Of Festive Spirit” event. Favourite part of the night was defo the masterclass where we got to make an Old Fashioned and decorate ginger bread men

tv off - Kendrick Lamar

Ciò che è importante qui è notare come i metodi di marketing e la modalità dei lanci di prodotto o di iniziative promozionali stiano progressivamente avvicinandosi a quelli della moda di lusso, prendendo in prestito da questa non solo modalità comunicative ma anche i volti del settore e il format delle collaborazioni e del merch oltre che i party di lancio che attirano la stessa folla di influencer o aspiranti tali, celebrità locali e copertura media che si vede alle fashion week. Ma se con le campagne di moda a essere presentato è un prodotto sempre nuovo, la difficoltà principale degli alcolici è che il loro brand value si fonda sul fatto di non avere nulla di nuovo, di essere precisamente identici dai lontani tempi della fondazione del brand la cui antichità è sempre segnalata a riprova di merito e di prestigio. Le novità che vengono introdotte, quando vengono introdotte, possono riguardare, nei casi più rari, versioni più premium e limitate rispetto alla mainline del prodotto in questione; oppure, più comunemente, una versione da collezione della bottiglia stessa con bauletti di design e via dicendo.

Ma è il metodo giusto? Da sempre il marketing degli alcolici ha collegato il "cosa si beve" al "come si vive" ma se in passato l'insistenza era sulla tradizione secolare e sulla gioia che il bere avrebbe portato, negli ultimi dieci anni l'alcol ha avuto il bisogno del supporto delle celebrità e della moda, più di recente della viralità (pensiamo all'incredibile campagna di Belvedere con Daniel Craig) ma ora, che il mercato si sta raffreddando, sembra che gli executive vadano sempre più cercando le soluzioni ai propri problemi nelle metodologie che la moda sperimenta già da molti più decenni attingendo allo stesso pool di talenti - forse in questo, il brand più convincente è stato proprio Belvedere Vodka. Forse, come gli orologi, anche gli alcolici di lusso sono una passione da specialisti, che difficilmente il cliente casuale recepisce e verso cui il cliente più informato è spesso molto critico. Su Reddit, ad esempio, sono moltissimi gli utenti che si chiedono se un certo brand di alcolici sia sopravvalutato o meno – e la media delle risposte da parte degli specialisti (e questo è molto comune anche nella moda) dice sempre di preferire altre aziende spesso indipendenti o meno conosciute che offrono prodotti meno commerciali. Forse proprio questo scarto, tra una clientela aspirazionale non fidelizzata e una specialistica che si rivolge altrove, può spiegare le difficoltà affrontate dall’intero settore. Ma approcciare il marketing di alcolici come quello di moda può risolvere un problema che sembra più strutturale? Alexandre Arnault ha detto di avere bisogno di almeno cento giorni «per riflettere e comprendere il business» - nel frattempo speriamo che Pharrell faccia vendere abbastanza bottiglie.