
Trump ha di nuovo ritardato il ban di TikTok negli States
La deadline per vendere l'app agli Stati Uniti è stata prolungata di altri 75 giorni
07 Aprile 2025
L’epopea di TikTok negli Stati Uniti non è ancora terminata. Lo scorso gennaio, un giorno prima dell’insediamento di Trump nello Studio Ovale, l’app era stata bannata per quasi 24 ore sul suolo statunitense, per poi riapparire sugli schermi degli americani secondo gli ordini del Presidente neoeletto. A partire dal 19 gennaio, ByteDance avrebbe avuto 75 giorni per vendere l’app cinese a una compagnia americana, con la nuova scadenza aggiornata al 5 aprile. Data la mancata vendita, il governo americano avrebbe dovuto bannare nuovamente l'app questo weekend, ma Trump ha deciso di rinnovare ulteriormente la proroga di 75 giorni per concludere la trattativa di vendita della sussidiaria americana di TikTok. In un post pubblicato su Truth, Trump ha sottolineato che il governo «non vuole che TikTok venga chiuso» e che la sua amministrazione ha l’intenzione di «collaborare con Pechino per chiudere l’accordo». La situazione rimane incerta: ByteDance ha confermato di essere in trattativa con l’amministrazione Trump ma ha specificato che «non è stato ancora firmato nessun accordo» a causa di «diverse questioni ancora aperte», ribadendo infine che qualsiasi proposta sarà comunque soggetta all’approvazione delle autorità cinesi. Una condizione che, come dimostrano gli ultimi sviluppi, complica ulteriormente la trattativa. Sembra proprio che nell'attuale guerra dei dazi, l'app prediletta dalla Gen Z ricopra un ruolo ben più importante di quanto sembri.
Nel frattempo – secondo quanto riportato dalla BBC – le trattative si sono fatte sempre più tese e intrecciate con altri dossier geopolitici. Lo scorso mercoledì, l’accordo sembrava quasi concluso: secondo fonti vicine al governo americano, un ordine presidenziale stava per concedere altri 120 giorni alla finalizzazione della vendita, approvato da tutti gli attori coinvolti – investitori esistenti, nuovi acquirenti, ByteDance e governo americano. Nello stesso giorno, Trump ha però annunciato una nuova ondata di dazi sulle importazioni cinesi, innescando la reazione immediata di Pechino che ha ritirato il proprio appoggio all’intesa. L’ambasciata cinese a Washington ha dichiarato di «opporsi a pratiche che violano i principi fondamentali dell’economia di mercato», facendo naufragare temporaneamente la trattativa. Il risultato è un clima di massima incertezza in cui, paradossalmente, TikTok si ritrova al centro non solo di uno scontro tra superpotenze ma anche di una gara tutta americana per la sua acquisizione. Nelle ultime ore, diversi potenziali acquirenti si sono fatti avanti. Tra questi Amazon, che da anni coltiva l’ambizione di costruire una propria rete sociale in grado di integrarsi con il suo ecosistema commerciale e attirare un pubblico più giovane – lo stesso motivo che l’aveva spinta, a suo tempo, all'acquisizione di Twitch e Goodreads.
@tiktokpj either BAN the app already or stop bringing it up
Easy - Commodores
Wired ha sottolineato che, tra i possibili investitori, il più sorprendente è Tim Stokely, fondatore di OnlyFans che insieme al social network emergente Zoop e alla fondazione cripto Hbar ha presentato una proposta d’acquisto last minute. Il consorzio ha dichiarato che l’operazione rappresenterebbe «un momento alla Davide contro Golia» nella storia dei social, con la direzione di Stokely che renderebbe TikTok una piattaforma dal modello creator-first per permettere una ripartizione dei ricavi più equa. Se da un lato l’offerta ha il sapore dell’impresa visionaria, dall’altro testimonia quanto TikTok sia percepita come una posta in gioco cruciale per ridefinire gli equilibri del panorama digitale americano. ByteDance ha tempo fino a inizio giugno per concludere un accordo con una compagnia americana. In caso in cui non riuscisse, la legge approvata a gennaio entrerà in vigore e TikTok sarà ufficialmente bandita dal suolo statunitense. Un’eventualità che avrebbe conseguenze non solo economiche – basti pensare alla portata del business pubblicitario e dell’influencer economy che ruota attorno alla piattaforma – ma anche simboliche, sopratutto nell’attuale scenario di “guerra fredda” tra gli Stati Uniti e la Cina.