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I maschi alfa muoiono prima degli altri?

La mascolinità tossica comporterebbe una minore aspettativa di vita

I maschi alfa muoiono prima degli altri? La mascolinità tossica comporterebbe una minore aspettativa di vita

Da molti anni in psicologia è noto quanto i comportamenti maschili possano essere influenzati da convenzioni sociali, che contribuiscono a tutta una serie di aspettative e stereotipi di virilità, rintracciabili per esempio anche in espressioni come «fai l’uomo» o «non fare la femminuccia». Queste tendenze possono incoraggiare la cosiddetta mascolinità tossica, che può sfociare in comportamenti legati al dominio e alla misoginia. La relazione tra gli stereotipi di genere nei gruppi maschili e gli atteggiamenti aggressivi, tenaci o anche solo temerari è da diversi anni oggetto di quelli che vengono definiti men’s studies. In questo ambito di ricerca, la mascolinità è descritta come un attributo da dimostrare; come tale, però, è al tempo stesso precaria, nel senso che è anche esposta all’approvazione altrui – che sia quella di un gruppo o della collettività. Quello del “macho”, infatti, è spesso uno status che richiede di essere via via confermato. Secondo questa prospettiva i comportamenti temerari o violenti sono perciò anche un’occasione per dimostrare – a sé stessi o a terzi – di essere un “vero uomo”. Di recente, una ricerca di psicologia condotta in oltre 60 Paesi ha approfondito – sintetizzando e generalizzando molto – le implicazioni che “essere un maschio alfa” ha per la salute degli stessi uomini. Spoiler: la mascolinità tossica non porta benefici, di nessun tipo.

Gli stereotipi sulla virilità favoriscono i comportamenti dannosi

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La ricerca è stata condotta principalmente da un gruppo del dipartimento di psicologia della University of South Florida, e ha coinvolto tra il 2018 e il 2020 oltre 33mila studenti – a cui sono state poste una serie di domande sulle loro convinzioni relative ai pregiudizi di genere. Nella specifico è emerso che in Albania, Iran, Nigeria, Ucraina, Kazakistan e Ghana gli stereotipi sulla virilità, e più in generale la mascolinità, sono molto consolidati, mentre Finlandia, Spagna, Germania, Svizzera, Norvegia e Svezia presentano in questo senso i livelli più bassi. L’Italia – che è tra i Paesi in cui il campione di intervistati era più numeroso – si piazza invece a circa metà classifica, risultando nella media. Il gruppo di ricerca, successivamente, ha provato a capire quanto le evidenze raccolte fossero associate a comportamenti pericolosi; ha fatto questo confrontando i risultati ottenuti con grosse moli di dati storici, relativi ad esempio al vizio del fumo, all’abuso di alcol o a disturbi legati all’uso di sostanze, così come ai contatti ravvicinati con animali velenosi. I ricercatori hanno notato che nei Paesi che presentano le convinzioni più radicate sulla mascolinità c’è una maggiore tendenza ad avere abitudini dannose, nonché a soffrire di condizioni cliniche correlate a questi stessi comportamenti. Gli studiosi, infine, si sono poi chiesti se tutto questo fosse anche legato a un’aspettativa di vita inferiore: è stato riscontrato un rapporto ancora più marcato. Nei Paesi dove la mascolinità è più sentita c’è un’aspettativa di vita inferiore – gli uomini vivrebbero in media 6 anni in meno.

Cosa sono i men’s studies e cosa ci dicono sulla mascolinità

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Nel 2022 si era tenuta a Rimini l’adunata degli Alpini, dove più di un centinaio di donne aveva riferito di aver ricevuto molestie fisiche e verbali. L’associazione che rappresenta questo corpo militare, l’Anpi, aveva giudicato «fisiologica» l’eventualità che «episodi di maleducazione» si verifichino «quando si concentrano in una sola località centinaia di migliaia di persone per festeggiare». I men’s studies cercano esattamente di dare risposte scientifiche a episodi di questo tipo: è stato ad esempio provato che gli stereotipi di genere tra le persone di sesso maschile favoriscono i comportamenti violenti e pericolosi – per sé e soprattutto per gli altri (oltre l’80 per cento di tutti gli omicidi ad esempio è commesso da uomini). Sebbene i primi testi accademici di riferimento per i men’s studies risalgano agli anni Ottanta, le tematiche trattate da questo ambito di ricerca sono oggetto di un interesse crescente, grazie anche a una maggiore sensibilità da parte dell’opinione pubblica rispetto alle questioni di genere. In Italia promuove e contribuisce in modo significativo a questo dibattito l’associazione Maschile Plurale, che incoraggia posizioni antisessiste. Una visione più aperta e meno stereotipata della maschilità, infatti, potrebbe permettere agli uomini di affrontare meglio molti eventi e condizioni avverse. Uno studio pubblicato nel 2015, basato su un campione di oltre 2mila giovani tra i 18 e i 19 anni, aveva appurato che coloro che si identificavano attraverso convinzioni di genere rigide – come l’idea che i maschi non debbano essere vulnerabili – avevano maggiori probabilità di sviluppare segni di depressione. Diminuendo invece il rischio di generare rabbia e frustrazione, i modelli di maschilità più flessibili, e non basati sul concetto di predominio, possono invece tradursi in un’aspettativa di vita più elevata per gli stessi uomini.