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I tour sono sempre meno convenienti per chi fa musica

Il rischio per i musicisti di spendere più soldi di quelli che si guadagnano è concreto

I tour sono sempre meno convenienti per chi fa musica Il rischio per i musicisti di spendere più soldi di quelli che si guadagnano è concreto

Negli ultimi mesi, artisti del calibro di Disclosure e Arlo Parks hanno deciso di annullare i propri tour, interamente o in parte, mentre altri, come gli Strokes o le Wet Leg, hanno dovuto cancellare singole date. Anche gli Animal Collective avrebbero dovuto passare l’autunno a suonare in diverse città europee; il 10 ottobre, però, hanno annunciato che l’intero tour era saltato – perché intraprenderlo non sarebbe stato sostenibile a livello economico: «Dalla svalutazione della moneta all’aumento dei costi di spedizioni e trasporto non siamo riusciti a creare un budget per questo tour che non ci facesse perdere soldi, anche nel caso in cui tutto fosse andato per il meglio», si legge in un post su Instagram della band statunitense. Anche se le ragioni dei singoli artisti possono essere molteplici e dipendenti da molti fattori, ci sono alcuni problemi ricorrenti nel fare un tour oggi: il rischio costante dovuto al Covid, l’aumento proibitivo dei costi, e la possibilità che non ci sarà un profitto economico all’altezza dello sforzo.

Il 2022 sarebbe dovuto essere l’anno del relativo ritorno alla normalità per la musica e la scena concertistica, dopo due anni in cui la maggior parte degli eventi è stata annullata come conseguenza delle restrizioni per limitare i contagi. Secondo Live Nation Entertainment, che gestisce la vendita di biglietti per spettacoli dal vivo a livello internazionale, le aspettative in effetti c’erano, e i dati lo dimostrano: nei primi sei mesi del 2022 sono stati venduti oltre 100 milioni di biglietti per concerti – vale a dire più di tutti quelli venduti nell’intero 2019. Il fatto che migliaia di band e cantanti siano tornati in tour nello stesso periodo ha favorito le problematiche: i musicisti sono stati costretti a competere tra loro per trovare spazio per suonare nei locali, nei palazzetti e negli stadi. Non stupiscono quindi sovrapposizioni come quella avvenuta il 3 Luglio a Londra, dove Elton John e i Rolling Stones hanno suonato contemporaneamente, ma in due posti diversi; poco più tardi è successo con il concerto di Lady Gaga e quello di Phoebe Bridgers. E ancora: a Milano hanno suonato la stessa sera due band che fanno un genere simile e che hanno molti fan in comune, i Sigur Rós e i Godspeed You! Black Emperor.

«Troppi artisti sono in tournée allo stesso tempo, causando una carenza di quasi tutto, che si tratti di valvole per amplificatori per chitarra precedentemente fornite dalla Russia, furgoni o roadie», sintetizza Bloomberg. Anche circostanze esterne al mondo della musica, ma che toccano numerosi settori, hanno pesato sui costi d’organizzazione dei tour: fra tutti l’inflazione, e poi le conseguenze di Brexit e l’invasione russa dell’Ucraina, che ha limitato le forniture di componenti della Russia. Ma il vero problema continua a essere il Covid: sebbene non ci siano all’orizzonte nuove restrizioni, durante i tour gli artisti rischiano comunque di contagiarsi, cosa che costringe a complicate riprogrammazioni o più spesso alla cancellazione di alcune date, con i relativi obblighi di rimborso. «Non vogliamo mettere a rischio la nostra salute fisica e mentale» hanno detto ad esempio gli Animal Collective.

Questo non vale solo per i musicisti, ma per l’intero entourage dei gruppi o dei cantanti, dove spesso sono presenti professionisti difficili da rimpiazzare. La questione diventa più delicata nel caso di tour internazionali, perché trovare qualcuno che sostituisca i tecnici positivi è ancor più complicato, e diventa necessario prevedere spese extra per le stanze d’albergo in cui isolare chi si ammala. Inoltre, di solito, le assicurazioni per tour e concerti non coprono la cancellazione di una data per cause legate al coronavirus, ma si limitano a malattie come l’influenza. Le spese di questo tipo perciò ricadono direttamente sugli stessi artisti, e in certi casi possono essere anche molto alte: «Se una delle nostre date in uno stadio salta, possiamo trovarci di fronte a una perdita di 3, 4 o anche 5 milioni di dollari, tra l’affitto dello stadio, i voli, i giorni spesi per la costruzione del set e il rimborso dei biglietti», ha detto al Finacial Times Bill Zysblat, che ha organizzato le tournée dei Rolling Stones o di Lady Gaga.

La ripresa dei tour dopo l’esperienza della pandemia era considerata molto importante, per coloro che lavorano nel mondo dei live così come per l’intera industria musicale – che con il contrarsi delle vendite dovute allo streaming fa ormai grande affidamento sui concerti, tanto da diventare la principale fonte di reddito per molti gruppi. Non solo questa ripresa è stata in qualche modo tradita dalle circostanze, ma molti musicisti hanno sottolineato il disagio dello stare in tour in un momento tanto stressante come quello che sta attraversando la musica live. «Al picco della pandemia, si sperava che l’effettiva chiusura dei tour avrebbe consentito all’industria musicale di risolvere la miriade di problemi che i musicisti devono affrontare mentre cercano di guadagnarsi da vivere in tour. Ciò ovviamente non è accaduto, e gli artisti hanno cominciato a domandarsi se tutto questo – essere in viaggio per mesi con il peso fisico e mentale che ne consegue, oltre alle aspettative altissime che arrivano insieme alla fama – ne valga davvero la pena», ha sintetizzato Vulture.

Per questa ragione stanno diventando sempre più comuni le cosiddette “residency”, vale a dire la pratica di suonare per diverse settimane nella stessa città, invece di spostarsi tra i vari centri. Se artisti come Harry Styles o gli LCD Soundsystem hanno cominciato a esplorare questa possibilità, l’opzione è meno percorribile per le band più piccole, che a farci caso sono quelle che subiscono maggiormente le conseguenze di questa situazione. Il problema, in conclusione, ha grosse ricadute anche sul pubblico: l’offerta di soli grandi nomi – con alle spalle solide strutture organizzative e logistiche, quindi più tutelate economicamente in caso di imprevisti – sta aumentando, a discapito dei progetti più piccoli e alternativi, per cui fare tour oggi è un salto nel vuoto.