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L’estetica della dualità nella collezione SS26 di IAMISIGO Il brand di Bubu Ogisi debutta alla Copenhagen Fashion Week

Tra i debutti più attesi di questa Copenhagen Fashion Week, c’era il brand IAMISIGO che ha presentato oggi la sua collezione SS26, intitolata Dual Mandate, segnando l’inizio di un nuovo capitolo per il brand di arte indossabile basato in Lagos. Diretta dalla designer Bubu Ogisi, la sfilata ha trasformato lo spazio industriale dello studio Fabrikken in un luogo cerimoniale, fondendo l’artigianato ancestrale africano con un’esplorazione profonda dell’io e della spiritualità. Questo debutto, sostenuto dal Zalando Visionary Award 2025, è stato anche la migliore dichiarazione della filosofia del marchio, che ridefinisce la moda come un mezzo per preservare la cultura e spingerla verso riflessioni più metafisiche. “Ci porta in una dimensione intermedia: lo spazio liminale in cui gli antenati incontrano gli algoritmi, dove la tecnologia spirituale e la biotecnologia non sono separate ma simbiotiche”, ha spiegato Ogisi.Il nome stesso della collezione riprende la dottrina coloniale di Lord Lugard, originariamente uno strumento di sfruttamento, trasformandola in una narrazione personale e spirituale che ha come nodo tematico il concetto di dualità: durezza e morbidezza, radicamento e luminosità, memoria e movimento. Materiali come cotone ugandese e keniota, rafia e juta nigeriane, e sisal tanzaniano ancorano la collezione a tonalità terrose di senape, ruggine e muschio, mentre metalli riflettenti, vetro keniota e plastiche riciclate nigeriane hanno aperto lo show a nuove soluzioni compositive e creative a partire da un profondo dialogo con i materiali.

L’estetica della dualità nella collezione SS26 di IAMISIGO Il brand di Bubu Ogisi debutta alla Copenhagen Fashion Week | Image 578497
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L’estetica della dualità nella collezione SS26 di IAMISIGO Il brand di Bubu Ogisi debutta alla Copenhagen Fashion Week | Image 578482

L’artigianato è stato il cuore pulsante della collezione, radicato nelle collaborazioni con artigiani in Nigeria, Kenya e altre regioni sub-sahariane. Tecniche come la tessitura manuale, la forgiatura di maglie metalliche, l’annodatura delle fibre e la soffiatura del vetro sono state utilizzate non come abbellimenti decorativi, ma come pratiche funzionali e spirituali. “Il patrimonio culturale è statico e l'artigianato è pittoresco. Entrambi sono tecnologie viventi”, ha spiegato il designer. “L'artigianato non è solo abilità, è cosmologia. Il patrimonio culturale non è rivolto al passato, è il passato, il presente e il futuro. È memoria strategica e l'industria spesso mercifica entrambi senza comprendere i sistemi da cui derivano”. Queste “tecnologie ancestrali” hanno trasformato materiali grezzi in narrazioni indossabili. Ad esempio, il pezzo scultoreo in rafia ha richiesto settimane di lavoro manuale meticoloso, mentre il cappotto con vetro incastonato ha dimostrato un’innovativa manipolazione dei materiali. Ogni capo testimonia l’impegno di IAMISIGO nel preservare le tradizioni artigianali africane a rischio, risvegliandole in un contesto contemporaneo senza perdere il loro significato culturale. Tra i pezzi più notevoli spiccano un abito scultoreo in rafia, con fibre oscillanti che si animano quando chi lo indossa cammina, e un cappotto in corteccia con frammenti di vetro incastonati che catturano la luce – e questo da solo una piccola misura di quanto Ogisi si sia spinta in là con la sperimentazione sui materiali. Gli accessori, come borse di vetro riempite d’acqua e cappelli intrecciati che possono trasformarsi in recipienti, si trovavano al confine tra funzionalità moderna e antico artigianato, esaltati dalla palette e dalle texture che spaziano da intrecci morbidi e tattili a superfici rigide e riflettenti.

L’estetica della dualità nella collezione SS26 di IAMISIGO Il brand di Bubu Ogisi debutta alla Copenhagen Fashion Week | Image 578481
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Proprio il lavoro sull’artigianato è parso notevole, dato che è servito da antologia per tutta una serie di tecniche e lavorazioni tipiche di numerosi paesi dell’Africa Centrale portate finalmente davanti a un’audience che forse non le aveva ancora scoperte e sufficientemente apprezzate. Il brand, fondato nel 2009 e poi rilanciato nel 2013, ha sede a Lagos, come dicevamo, ma il suo lavoro si svolge anche tra Nairobi e Accra. Bubu Ogisi, ispirata dai viaggi d’infanzia attraverso l’Africa con sua madre, ha fondato il marchio per preservare il patrimonio culturale immateriale dell’Africa attraverso il proprio concept di arte indossabile. L'idea è quella di ridefinire le narrazioni della moda e, soprattutto, creare capi che siano al tempo stesso antichi e futuristici: o, come l'ha definita il fondatore, “un'accademia itinerante, un santuario culturale, un istituto di ricerca che fonde la scienza dei materiali con la pratica rituale e l'indagine spirituale. È sempre stato più che moda: è un sistema vivente di rievocazione e reimmaginazione”. La filosofia del marchio rifiuta il commercialismo, abbracciando un artigianato nomade e principi di design circolare. Collaborando con comunità artigiane in tutto il continente, IAMISIGO promuove uno scambio reciproco, garantendo che le tecniche tradizionali evolvano pur rimanendo radicate nelle loro origini culturali. E lo show ha dimostrato la capacità di Ogisi di tessere narrazioni complesse, affrontando temi importanti come quello del colonialismo mentre celebra allo stesso tempo un’identità personale e collettiva.