
Il Dandismo Nero tra moda, resistenza e identità Italo-Afrodiscendente
In Italia, esistono figure che incarnano questa visione, eppure l’industria della moda continua a ignorarle
02 Maggio 2025
In occasione del prossimo Met Gala 2025, che si terrà lunedì 5 maggio, e presenterà la mostra Superfine: Tailoring Black Style del Metropolitan Museum of Art a New York, la redazione di nss magazine ha chiesto alla Dott.ssa Michelle Francine Ngonmo, fondatrice di Afro Fashion Association oltre che imprenditrice culturale e consulente per diversità e inclusione per diversi brand di moda di raccontarci il significato profondo del Black Dandyism, il suo valore culturale e politico, e il modo in cui questa estetica – raffinata, radicale e intrinsecamente politica – si inserisce nella moda italiana, ancora oggi poco rappresentativa delle voci afrodiscendenti che la abitano, la influenzano e la arricchiscono.
«Essere un dandy è un atto politico quando il mondo ti vuole escludere»
— Shantrelle P. Lewis, curatrice e autrice di The Dandy Lion Project
Il Met Gala è molto più che uno spettacolo da red carpet: è il cuore della raccolta fondi per il Costume Institute di New York — e sempre più un palcoscenico per la riflessione culturale. L’esibizione del 2025, Dandyism and Black Elegance, curata con il supporto di studiosi e artisti rinomati della diaspora africana, invita i visitatori a ripensare la moda come spazio di resistenza e formazione identitaria. Attraverso pezzi d’archivio, fotografie, performance e installazioni digitali, la mostra esplora l’evoluzione dei codici sartoriali neri — dalla sovversione coloniale all’autodeterminazione contemporanea. Negli ultimi anni, mostre come Africa Fashion al V&A o The Harlem Renaissance and Transatlantic Modernism al Met hanno finalmente cominciato a mettere al centro la creatività nera, colmando un ritardo storico. Ma il Met Gala 2025 va oltre: posiziona il Black Dandy non solo come musa, ma come autore — rivendicando il controllo su bellezza, presenza e narrazione.
Moda e mascolinità nera: una storia di elegante resistenza
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Per le comunità nere di tutto il mondo, la moda è da tempo un linguaggio potente. Dai completi sartoriali degli intellettuali del Rinascimento di Harlem all’estetica performativa della ball culture queer, fino allo streetwear postcoloniale contemporaneo, l’espressione sartoriale ha servito gli uomini neri come strumento per affermare dignità, creatività e appartenenza. Il Black Dandy è rivoluzionario in questa eredità. Ossessionato dai dettagli, raffinato nel gusto, maestro nel fondere tradizione e innovazione, ogni sua scelta stilistica diventa un gesto politico. In un sistema che ha storicamente imposto norme rigide ed escludenti, il Black Dandy smonta, reimmagina e riscrive le regole — con fascino e intelligenza visiva.
Il Black Dandy: la moda come presenza politica
Il Black Dandy non si veste solo per impressionare — si veste per sovvertire. Tagli impeccabili, tessuti lussuosi, colori audaci e un’eleganza volutamente teatrale diventano strumenti per rivendicare visibilità e dignità in società che storicamente hanno negato entrambe. Emergendo da storie diasporiche di resistenza — dai Sapeurs del Congo ai dandies di Harlem, Londra e Kingston — il dandismo nero ridefinisce mascolinità, eleganza e potere. L’estetica è raffinata, ma il messaggio è forte: lo stile può essere sopravvivenza, protesta e memoria culturale allo stesso tempo. Al Met Gala 2025, si spera che questa filosofia prenda vita. I Black Dandies non sono solo ospiti — sono la lente, l’umore e lo specchio. Il mondo dovrebbe osservare mentre l’eleganza assume un nuovo significato: giocoso, radicale, libero dalla conformità.
Il Black Dandy in Italia: presente, ma invisibile
L’Italia — patria della sartoria, delle capitali della moda e del design — ha i suoi Black Dandies. Sono artisti, creativi, professionisti e figure culturali che reinterpretano i codici sartoriali italiani attraverso uno sguardo diasporico. Vengono da Torino, Milano, Bologna, Firenze, Napoli, Palermo, Parma, Pavia, Bergamo e molte altre città. Esistono e influenzano. Eppure restano clamorosamente assenti dalle campagne di moda del Paese, dai panel dell’industria e dai racconti editoriali. Nonostante l’influenza globale dell’Italia nella moda, le sue istituzioni culturali faticano ancora a riflettere la piena diversità di chi vive, ama e crea all’interno dei suoi confini. Mentre le mostre internazionali mettono al centro le narrazioni nere, l’industria italiana ignora spesso la prospettiva dei Black Italians — non per mancanza di talento, ma per mancanza di inclusione sistemica.
Un momento di riflessione — e connessione
My only hope as we approach and discuss this year’s Met Gala is that we don’t forget how queerness and androgyny play such a major role in Black Dandyism. pic.twitter.com/ur9O98yKkR
— Queer Latifah (@TheAfrocentricI) April 17, 2025
Il Met Gala 2025 non dovrebbe restare una conversazione distante. È un momento — forse raro — per l’industria della moda italiana di fermarsi e ripensare il proprio rapporto con la Blackness, la mascolinità e la rappresentazione. Cosa significherebbe costruire un vero dialogo tra le comunità italo-afrodiscendenti e l’eredità sartoriale italiana? Includere i Black Dandies italiani non è un atto di carità o marketing della diversità. È un riconoscimento dell’evoluzione culturale, di nuove estetiche, di storie che stanno già plasmando l’identità italiana contemporanea — che l’industria lo riconosca o meno. Ci auguriamo sinceramente che questo riflettore sul Black Dandyism sia una sveglia necessaria per il mondo della moda — e in particolare per l’Italia. In un’epoca segnata da polarizzazione politica, difficoltà economiche e crocevia culturali, abbracciare l’intero spettro delle identità non è solo etico — è visionario. Perché in ogni momento di incertezza, la moda ha il potere di reimmaginare chi siamo e chi vogliamo diventare. Perché finché la moda italiana non rifletterà tutte le sue voci, non potrà definirsi veramente globale. E perché la vera eleganza — quella che resiste nel tempo — comincia sempre dalla verità. La conversazione è finalmente iniziata. La strada è ancora lunga, ma per ora, celebriamo questo potente momento di cultura, riconoscimento e appartenenza. Non vedo l’ora di vedere il Met Gala — osservare i look, e soprattutto, ascoltare le storie che ogni abito osa raccontare.
Se ti trovi in Italia e vuoi esplorare più a fondo il mondo del Black Italian Dandyism (oltre il Met, perché questi talenti esistono davvero e lavorano e vivono qui) — che sia attraverso collaborazioni, narrazione, ricerca o coinvolgimento comunitario — saremo felici di sentirti.
Contattaci all’Afro Fashion Association: [email protected]