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Chi dovrebbe controllare la sostenibilità nella moda? 


Nuove rivelazioni puntano il dito sulle società di certificazione sostenibile

Chi dovrebbe controllare la sostenibilità nella moda? 
 Nuove rivelazioni puntano il dito sulle società di certificazione sostenibile

Pochi giorni fa abbiamo parlato dell’incredibile ascesa al potere dell’azienda cinese di fast fashion Shein, che nell’ultimo anno ha raggiunto profitti di 2 miliardi di dollari. Se da un lato può sembrare semplice scagliarsi contro una società “allo scoperto” per il suo impatto negativo sull’ambiente e sui lavoratori, la questione è molto più complessa. Oggi, la ONG Earthsight ha condiviso i risultati di un’investigazione immersiva nelle coltivazioni di cotone in Brasile. Secondo il report, nonostante il cotone prodotto in questo territorio fosse stato dapprima certificato come sostenibile dall’etichetta Better Cotton, in verità la sua produzione sta contribuendo alla deforestazione e al disboscamento illegale delle terre. I produttori indagati dalla ONG sono da anni in collaborazione con le catene di approvvigionamento dei giganti del fast fashion H&M e Zara. Constatare quali delle parti ha bisogno di assumere colpe diventa una questione sfaccettata: il report di Earthsight non solo porta alla luce gli effetti delle coltivazioni intensive del cotone in Brasile, ma anche i difetti della società di certificazione Better Cotton e le inattenzioni delle multinazionali Inditex e H&M.

Come riporta Earthsight, il Brasile è il secondo maggiore esportatore di cotone al mondo per la moda, e si prevede che entro il 2030 superi la prima posizione degli Stati Uniti. Nonostante la collaborazione con H&M e Inditex abbia contribuito ad aumentare più del doppio le esportazioni brasiliane del cotone negli ultimi dieci anni, non è chiaro lo stato della loro relazione commerciale dato che, come tutte le aziende di fast fashion, non comprano direttamente dai produttori del Cerrado. Lo studio della ONG ha fatto uso di immagini satellitari, sentenze tribunali e registri di spedizione, rintracciando infine 816mila tonnellate di cotone esportate da due aziende brasiliane a otto fornitori di H&M e di Zara, giungendo fino ai capi presenti nei punti vendita negli Stati Uniti e in Europa. In risposta alle rivelazioni di Earthsight, entrambe le aziende hanno puntato il dito contro le pratiche di Better Cotton. 

Ancora una volta, la struttura messa in piedi dalle aziende di fast fashion dimostra la sua impenetrabilità. Se neanche le società nate per certificare che alcuni degli step di produzione siano in regola con le leggi per la sostenibilità, risulta pressoché impossibile affidarsi alle dichiarazioni “green” dei brand coinvolti (oltre ad H&M e Zara, anche Pull&Bear, COS, Weekday, Massimo Dutti, Oysho, Bershka e molti altri). In Brasile, il governo sta dando il suo consenso per l’approvazione del piano PPCerrado per ridurre la deforestazione delle terre del Paese ma, come sottolinea il report di Earthsight, è necessario che tutte le parti in causa agiscano prima che sia troppo tardi, da Better Cotton, che deve rivisitare il processo di certificazione delle coltivazioni e stabilire nuovi standard di tracciabilità, a H&M e Zara, che devono imparare a controllare maggiormente le loro supply chain e accettare di essere promotori di un sistema che non sarà mai davvero “green”. A prescindere da quante etichette verdi, false o vere che siano, appaiono sui loro megaschermi, il fast fashion non sarà mai amico dell’ambiente.