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Tutti i brand che hanno preferito non rispondere ad un test sulla trasparenza

Fashion Revolution ha svelato il livello di trasparenza delle case di moda più grandi al mondo

Tutti i brand che hanno preferito non rispondere ad un test sulla trasparenza  Fashion Revolution ha svelato il livello di trasparenza delle case di moda più grandi al mondo

Secondo quanto rivelato nell’ultimo report di Fashion Revolution, un’organizzazione no-profit per l’attivismo ambientale ed etico nella moda nata in seguito al tragico incidente del Rana Plaza del 2013, sono ancora troppi i brand che non vogliono sottoporsi a verifiche in tema di trasparenza. Ogni anno, Fashion Revolution realizza un audit di 250 delle case moda più grandi al mondo per verificare il loro livello di chiarezza con cui questi comunicano le loro iniziative o i loro regolamenti per la sostenibilità. Scoprendo quali sono i brand che usano il greenwashing come arma marketing per ottenere l’appoggio dei consumatori eco-consci, e mettendo in evidenza quelli che invece sono attivamente fedeli alle proprie dichiarazioni, il Fashion Transparency Index analizza il sistema moda contemporaneo in relazione al comportamento delle aziende nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente.  

I risultati del Fashion Transparency Index 2023 

L’introduzione presentata nell’ultimo Fashion Transparency Index di Fashion Revolution è alquanto demoralizzante, ed evidenzia in modo chiaro una situazione d’emergenza. «Se da un lato i marchi ci parlano di più delle loro politiche e dei loro impegni,» legge una delle prime pagine del report, «dall’altro ci dicono molto meno dei risultati ottenuti da queste politiche e da questi impegni.» Questa inaccessibilità ai risultati delle pratiche messe in atto dai brand rende quasi inutile il lavoro di Fashion Revolution, poiché senza le prove effettive risulta pressoché impossibile stabilire se il sistema è stato cambiato o meno. Fortunatamente, i governi internazionali stanno mettendo in atto riforme contro il greenwashing, come in Europa e più specificatamente in Francia, dove queste leggi risultano essere più severe. La strada per un'industria della moda sostenibile è ancora lunga: sempre meno brand, rileva il report, si stanno sottoponendo all’audit sulla trasparenza di Fashion Revolution. Il 61% delle più grandi aziende di moda hanno partecipato al questionario, di un punto percentuale in meno rispetto all’anno precedente. 

Gucci e OVS firmano un nuovo record 

Nonostante siano sempre di più i brand che riportano uno scoraggiante livello di trasparenza dello 0%, solo nell’ultimo anno da un totale di 15 a 18, quest’anno per la prima volta nella storia del Fashion Transparency Index due brand sono riusciti a raggiungere un punteggio oltre l’80%. Il primo è OVS, che occupa di nuovo il primo posto nella classifica con l’83% di trasparenza, e secondo Gucci, con l’80%, cresciuto di 21 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Il lusso, che secondo quanto sostengono i rappresentanti di Fashion Revolution è sempre stato il settore meno partecipe al report, questo 2023 ha dimostrato una crescita notevole dei propri risultati: Armani, Jil Sander, Miu Miu e Prada, hanno rilevato un aumento tra il 17 e il 21% in merito alla comunicazione sulle proprie pratiche di produzione e di trattamento dei lavoratori. I brand con i punteggi più alti restano H&M, The North Face, Puma, Timberland e Vans, tutti sopra il 60%. 

I peggiori brand in fatto di trasparenza 

Come ogni anno, il Fashion Transparency Index del 2023 ha evidenziato, affianco ai brand che hanno aumentato la loro attenzione per una chiara comunicazione delle proprie pratiche, anche quelli che hanno perso trasparenza, o che addirittura hanno mancato di presentarsi all’appello di Fashion Revolution. Allo 0% il report mette Tom Ford, che tra l’altro sta per essere rilanciato in passerella alla guida di un nuovo direttore creativo, Max Mara e Savage X Fenty, mentre Clarks Gildan e Tommy Hilfiger hanno subito cali percentuali di quasi il 10%. Dall’anno scorso, Reebok, Billabong, Roxy e Quiksilver sono stati rimossi dalla lista di brand che aderiscono al report, tutti comprati nel corso degli ultimi anni dalla società americana Authentic Brands. In leggero calo rispetto al report precedente Patagonia, Chanel, Nike, Converse ed Ermenegildo Zegna, che hanno riportato una perdita di trasparenza di circa il 4%.