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Che cos’è il Selvedge Denim?

E perché dovreste preferirlo agli altri

Che cos’è il Selvedge Denim? E perché dovreste preferirlo agli altri

Chiunque possieda o abbia visto dei jeans, e cioè chiunque sul pianeta, saprà come alcuni modelli possiedono, nella cucitura interna della gamba, un bordo bianco, spesso accompagnato da un filo rosso, che diventa visibile quando si risvoltano gli orli. Quel bordo viene detto in italiano “cimosa”, termine tessile che si riferisce generalmente al bordo non tagliato di un pezzo di tessuto quando viene esce dal telaio. La parola “cimosa” ha il suo corrispettivo nell’inglese “selvedge”, derivato da “self-finished hedge” e indica come quel bordo di tessuto che serve a non far sfrangiare il tessuto stesso renda superflua la cucitura degli orli. La ricorrenza maggiore del termine si ha quando si parla di jeans: gli appassionati e i collezionisti vi diranno come il selvedge denim o jeans cimosato sia sempre preferibile a quello normale. Ma perché? Tutto sta nel tessuto e nel telaio con cui viene prodotto: la cimosa infatti è presente solo quando si usano telai tradizionali a navetta quando, sui bordi laterali di un certo ordito, la navetta passa da un lato all’altro dopo aver inserito il filo della trama nel vuoto tra i fili detto “passo”.  Poiché la trama viene fatta passare continuamente avanti e indietro, i bordi del tessuto sono autofiniti e li si può includere nell'indumento finale senza fare altre lavorazioni. I telai a navetta sono meno larghi di un metro e dunque producono pezzi di stoffa più stretti ma anche orditi più stretti e resistenti, il che porta alla produzione di un tessuto denim più pesante e resistente.

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Ora, il fatto che il telaio a navetta lavori quattro volte più lentamente di un telaio industriale a proiettile e che produca pezze di tessuto più piccole con una capacità produttiva dieci volte inferiore, lo rende sostanzialmente inadatto alla grande distribuzione commerciale, creando appunto la differenza tra i jeans cimosati e quelli “normali” o industriali. Un altro fattore che rende il denim cimosato più costoso degli altri, oltre a quelli già elencati, è che i telai a navetta sono più vecchi e dunque necessitano di maggiore manutenzione – motivo per cui sono stati abbandonati dall’industria alla metà degli anni ’70. Proprio questo passaggio dal telaio a navetta a quello a proiettile fu ciò che ha portato, oggi, all’apprezzamento verso il jeans cimosato. Fino agli anni ’50 circa, infatti, il denim prodotto negli Stati Uniti con i telai a navetta si presentava sotto forma di rotoli di tessuto larghi circa un’ottantina di centimetri. La diffusione del denim che seguì la Seconda Guerra Mondiale impose alle aziende obiettivi di produzione più alti – che furono il motivo per cui i grandi produttori americani abbandonarono i telai a navetta in favore di quelli a proiettile. In America, per esempio, forse l’ultima fabbrica di selvedge americano era quella di Cone Mills a White Oaks, a Greensboro, che adoperava dei leggendari telai Draper X3 degli anni ’40, e che è stata chiusa e smantellata nel 2018. Proprio nel 2018, tra l'altro, Rick Owens produsse a Los Angeles una capsule di prodotti in denim limitatissima (e dunque oggi molto rara) usando un tessuto custom di Cone Mills che veniva proprio da White Oaks.

Il Cone Denim rimane a oggi il tessuto denim più amato e pregiato accanto a quelli giapponesi. Proprio l’industrializzazione del denim in America portò alla relativa scomparsa del selvedge finché in Giappone un’azienda di nome Maruo Clothing, poi nota come Big John, ricevette cinquanta rotoli di denim cimosato prodotti nelle storiche fabbriche di Canton, Georgia, producendo a Kojima, nell’ottobre del 1965, il primo paio di jeans Made in Japan, sotto il nome di Canton. Due anni dopo, nel 1967, usando proprio il denim della fabbrica di Cone Mills, l’azienda firmò il primo prototipo di jeans Big John che venne commercializzato l’anno successivo in tre varianti: M1002 First Model, M2002 Boot Cut model e il M3002 Slim Model. Nel ’69 invece la serie “Road Runner” introdusse non solo il primo tessuto denim tinto in Giappone, ma anche il nuovo modello M4002. Risale invece al 1972 la prima produzione di tessuto denim svolta interamente in Giappone, nelle leggendarie fabbriche di Kurabo, il cui tessuto prese il nome di KD-8, perché il tessuto era stato prodotto con successo solo all’ottavo tentativo. Già l’anno successivo Big John produceva la leggendaria serie “M”, che rappresenta l’atto di nascita del denim giapponese come lo conosciamo oggi, dato anche che fu intorno a quegli anni che la cultura del denim iniziò a diffondersi, portando le aziende giapponesi ad acquistare i vecchi telai a navetta americani o a usare quelli prodotti nel paese da Toyota, passati alla storia come Model G.

Da lì in avanti, la vicenda del selvedge denim e dei suoi mille brand sparsi attraverso diversi continenti sarebbe troppo complessa da coprire con un semplice articolo. Basti sapere che il mondo del selvedge denim si è espanso enormemente, tanto che anche Uniqlo offre jeans cimosati oggi, e che dunque quel mondo tradizionale fatto di telai a navetta e cotone al 100% (i cosiddetti denim heads considerano con orrore l’idea dell’elastane mentre costituisce peccato ma non crimine quella dell’elastodiene composto da fibre di gomma naturale) non scomparirà tanto presto. Ultima nota divertente: la moda dei risvolti ai pantaloni iniziò proprio con il salvedge denim, dato che durante l’era degli hipster gli orli dei jeans venivano risvoltati per mostrare agli altri che erano cimosati e che dunque chi li indossava era un intenditore. Poi la cosa, come sappiamo, sfuggì di mano – ma per fortuna il denim cimosato non cadde nelle mani della cultura mainstream e ancora i brand che lo producono rimangono un gotha ristretto e defilato rispetto ai grandi nomi della moda. Ora però, se lo vedrete, saprete anche riconoscerlo.