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Ha ancora senso che Amazon diventi un retailer di lusso?

Come remare contro un intero mercato

Ha ancora senso che Amazon diventi un retailer di lusso? Come remare contro un intero mercato

Circa un anno fa, Amazon aveva portato anche in Europa il format degli Amazon Luxury Stores, una versione del proprio marketplace dedicata a moda e beauty di lusso. Anche a quei tempi c’erano dubbi sul successo del format, che portava nell’inventario di Amazon brand come Missoni, Elie Saab o Oscar de la Renta, ma in un mercato europeo già saturato dai grandi retailer di lusso monomarca e non. Già prima della pandemia, infatti, ma soprattutto dopo, i brand di moda si sono resi conto che possedere il proprio e-shop e operare attraverso canali di retail propri era meglio che affidarsi ai distributori. Così una gran parte dei più storici brand di lusso, come ad esempio tutti i brand di LVMH e quelli del Gruppo Prada oltre che Chanel, sono progressivamente spariti da siti come SSENSE, MyTheresa o Matchesfashion mentre altri, come ad esempio Gucci, hanno ristretto la propria presenza al di là di una selezionata lista di stockist per concentrarsi meglio su boutique monomarca e il proprio e-commerce. Sembra difficile, dunque, che la lista di brand che Amazon commercializza nella propria sezione Luxury possa arricchirsi di qualche nuovo nome che gli conferisca maggiore legittimità di quanta non ne abbia già ora – considerato anche che in questa lista di brand non figurano nemmeno le nuove leve del lusso, brand indipendenti come Chet Lo, Vitelli o Coperni solo per citare i primi che vengono in mente.

Non che ad Amazon manchino risorse: l’ultima campagna per i propri Luxury Stores include Irina Shayk e Tommy Dorfman, ma anche la star di TikTok Wisdom Kaye, tra gli altri. Tutte figure di alto profilo che avranno certamente portato il gigante dell’e-commerce a far crescere le proprie vendite anche sul piano dei prodotti beauty, ma che sul piano della moda non suscitano né ottengono l’attenzione che forse vorrebbero. Se questi sforzi vengono poi collocati in un contesto commerciale più ampio in cui i grandi brand di prestigio tendono a operare per conto proprio, non si capisce molto come mai Amazon Luxury Stores continui a insistere con il proprio format commerciale in un mercato che era già saturo ai tempi del suo debutto. Senza contare che, probabilmente, chiunque possa permettersi di spendere oltre 2500€ per una giacca in lana di Missoni andrà probabilmente a comprarla in boutique o sull’e-commerce del brand piuttosto che su Amazon la cui interfaccia per i Luxury Stores, per altro, non varia moltissimo dall’interfaccia attraverso cui si acquistano prodotti di elettronica e gadget in plastica per la casa. 

A distanza di un anno o poco più, dunque, Amazon Luxury Stores rappresenta una categoria di lusso un po’ atipica per chi è abituato alle tradizionali sfere della moda. Qual è il suo target? A che tipo di consumatori di lusso si rivolge e, soprattutto, in che modo la sua offerta si differenzia da quella delle decine di retailer di lusso già presenti sul mercato? Ma soprattutto, qual è la futura strategia del retailer in un mercato in cui i grandi brand giocano da soli e con una portafoglio di brand che non include nemmeno stelle della moda indie tranne forse Medea e Rodarte? Tutti dubbi che, al momento, paiono irrisolti.