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Come è andata la seconda Milan Fashion Week digitale

C’è poca esuberanza, ma il format virtuale non è il responsabile

Come è andata la seconda Milan Fashion Week digitale C’è poca esuberanza, ma il format virtuale non è il responsabile
Fendi FW21
A-COLD-WALL* FW21
Magliano FW21
Ermenegildo Zegna FW21
Sunnei FW21
Tod's FW21
MSGM FW21
Etro FW21
Prada FW21
David Catalan FW21
Dhruv Kapoor FW21
Solid Homme FW21
Lagos Space Programme FW21
Tokyo James FW21

Si conclude oggi la seconda edizione digitale della Milano Fashion Week (durata in realtà solo cinque giorni), passata in relativa sordina, con un calendario in parte sguarnito dei nomi eclatanti di Gucci, Bottega Veneta, Versace, Marni e Giorgio Armani; in parte ancora difeso da campioni come Prada, Fendi, Sunnei, Ermenegildo Zegna, Etro, MSGM e Tod’s. Senza pubblico, senza eventi a margine e senza la ressa di influencer, editor, buyer e fotografi che di solito anima la settimana, quest’edizione è apparsa sotto tono. La moda che ha sfilato sugli schermi e sulle passerelle digitali è stata segno dei tempi: molto pratica e pragmatica ma poco sognante. Anche le collezioni migliori (e ce ne sono state, sia dei grandi brand che dei designer “minori”) hanno avuto pochi guizzi – con l’outing più riuscito che è stato senza dubbio quello di Ermenegildo Zegna, capace di ridefinire i paradigmi dell’eleganza classica proponendo una visione quietamente rivoluzionaria grazie a una non indifferente dose di tecnicismo, qualità che invece ha scarseggiato in molte altre collezioni. 


I big player

Ermenegildo Zegna FW21
Prada FW21
Fendi FW21
Etro FW21
Tod's FW21
Sunnei FW21
A-COLD-WALL* FW21
Magliano FW21
MSGM FW21

Prada e Fendi, dal canto loro, hanno retto abbastanza bene grazie a un eccellente focus sul prodotto e collezioni tutto sommato solide ma nel complesso poco eccitanti. La sensazione che queste passerelle, insieme a quelle di Ermenegildo Zegna, Etro, MSGM, Magliano e A-COLD-WALL* e Tod’s, hanno fornito è quella di una moda che conforta, che vuole dare al corpo una libertà e una comodità che le persone non hanno – una moda rassicurante per molti versi, ma a cui sono mancati sia l’estro immaginativo, sia la drammaticità e lo scintillio propri della moda con la “M” maiuscola. Unica eccezione è stato Sunnei che, pur presentando una collezione breve e concisa, svelata attraverso il format del videogioco è riuscita a portare avanti il proprio linguaggio di design e a sviluppare il proprio immaginario con una freschezza e una coerenza da cui molti altri brand dovrebbero imparare. 


I brand emergenti 

Dhruv Kapoor FW21
Solid Homme FW21
David Catalan FW21
Tokyo James FW21
Lagos Space Programme FW21

Fra i brand minori e paralleli ai grandi nomi del lusso che hanno presentato questa stagione, Dhruv Kapoor ha portato avanti una visione articolata e personale, così come il Solid Homme della designer sud-coreana Woo Young Mi, capace più degli altri di sviluppare una buona estetica d’insieme. Lagos Space Programme, Tokyo James e David Catalan sono stati gli altri brand e designer capaci di mettere in piedi collezioni interessanti e dotate di personalità. L’impressione generale che resta, però, è quella di un mindset poco proiettato sulla scena del lusso internazionale, con collezioni più vicine a progetti studenteschi che a prodotti di design elevato. 

Gli outcome possibili sono stati invariabilmente tre: i più amanti della moda si sono tuffati in un'estetica chiassosa e dilettantesca, afferente al grande bacino estetico di Demna Gvasalia; gli amanti dello streetwear si sono rifugiati in una comfort zone obsoleta ed esausta, fatta di grafiche ormai indistinguibili da quelle del fast fashion e logomanie; gli amanti della sartoria classica hanno invece continuato a girare in tondo nel proprio solco fatto di scarpe di pelle, lane pettinate e uniformi da ufficio identiche a sè stesse da decenni. 


Il verdetto

A mancare in questa settimana della moda oltre al pubblico live sono stati il tecnicismo e il drama, la capacità di immaginare un oggetto speciale, di prendere in mano i tessuti e ricombinarli per creare capi bellissimi, anti convenzionali e preziosi. Va sempre e comunque sottolineata la difficoltà di creare una collezione di questi tempi, con tutti gli ostacoli che le restrizioni anti-contagio pongono davanti ai creativi. Vero è anche che i tempi non lasciano troppo spazio ai sogni dorati, ma con designer inglesi e francesi che debuttano sulla scena giovanissimi e praticamente già completi in tutto (tre nomi a caso, Maximillian Davis, Harris Reed e Charles De Vilmorin) è difficile capire come l’immaginazione milanese non sappia decollare come dovrebbe.