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I colori sono i nuovi loghi dei brand di moda?

Hermès, Bottega Veneta e Valentino sono esempi di come il Nuovo Lusso passi da una sfumatura

I colori sono i nuovi loghi dei brand di moda? Hermès, Bottega Veneta e Valentino sono esempi di come il Nuovo Lusso passi da una sfumatura

In un’epoca in cui la comunicazione dei brand passa soprattutto attraverso Instagram, in cui ogni contenuto deve essere catchy, istantaneo, che attiri subito l’attenzione, si cercano nuovi mezzi per rendere un elemento immediatamente riconoscibile. Ecco che allora il simbolo per eccellenza di un brand può diventare un colore, che ne diventa di conseguenza il logo (sia dal punto di vista visuale che legale). È stata una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1995 a stabilire per la prima volta che un colore poteva essere registrato a livello legale, e che poteva essere quindi appannaggio di un singolo brand. Affinché ciò avvenga il colore deve avere un requisito importante, e cioè deve avere un secondary meaning, un significato secondario: i consumatori devono essere in grado di ricondurre quel colore ad uno e un unico brand. Quello che i tribunali americani hanno riconosciuto 25 anni fa, è qualcosa che Tiffany&Co. ha fatto parte integrante della sua filosofia e della sua identità dalla sua fondazione, oltre 180 anni fa. 

Il robin-egg blue che da decenni adorna le celeberrime scatole dei gioielli, i sacchetti, le confezioni, qualsiasi cosa che riguarda l’universo della gioielleria americana è arrivato a significare e rappresentare il brand Tiffany&Co. nella sua totalità nella mente del consumatore medio, al punto che le piccole scatolette di questa sfumatura di azzurro sono probabilmente l’oggetto più riconoscibile e desiderato di sempre. Quella di Tiffany&Co. è una posizione privilegiata, riservata esclusivamente a brand del suo livello e con altrettanti anni di storia alle spalle, perché quello che il suo colore per eccellenza comunica non rimanda solo ai prodotti per cui il marchio è celebre, ma soprattutto alla sua stessa identità, ai valori che vuole trasmettere, alla narrazione che ha creato nel corso del tempo. Una scatoletta di quella particolare tonalità di azzurro va ben oltre l'oggetto che in essa è contenuta, ma si ricollega ad un immaginario collettivo alimentato da film, fotografie e serie tv. 

L'importanza del colore per il successo di un brand è ben visibile nella storia recente di Bottega Veneta, che sotto la guida creativa di Daniel Lee ha reso l'ormai celebre "verde bottega" il marchio di fabbrica dell'azienda rendendolo preponderante non solo nelle collezioni, ma anche nell'allestimento degli store e le attività correlate portate avanti dal brand. Lo stesso esempio sembra volerlo seguire anche Valentino, che solamente pochi mesi fa, durante la Fashion Week parigina, ha presentato la sua Pink PP Collection, una collezione il cui unico colore era appunto un'accesa tonalità di rosa che caratterizzava ogni item salito in passerella. «Stavo leggendo di Lucio Fontana, del suo lavoro sulla monocromia per trovare nuovi spazi» aveva spiegato il direttore creativo Pierpaolo Piccioli. «Usare un solo colore varia la percezione di quello che vede il tuo cervello e sei costretto a osservare le superfici, i materiali e via dicendo». Il colore, quindi, può diventare per un brand un'arma in più utile ad esaltare il proprio lavoro, mentre in altri casi è una parte della legacy trasformatasi nel tempo nel branding dell'azienda.

È il caso di Tiffany, come abbiamo visto, ma anche di Hermès, che vede nel suo arancione una testimonianza della storia del brand le cui radici affondano addirittura fino al 1945, quando Émile-Maurice Hermès si trovò davanti alla necessità di trovare un rimpiazzo per le scatole beige profilate di marrone che il brand usava per i propri prodotti. La soluzione furono dei cartoni arancioni, la stessa tonalità che oggi ha reso il brand riconoscibile in tutto il mondo. Dal luxury allo streetwear, il rosso fa invece parte della storia di Supreme. La scelta arriva dalle opere dell’artista Barbara Kruger che utilizzava il font bianco Futura Bold Oblique stampato in riquadri rossi per imitare la grafica degli slogan femministi di fine anni ‘60. L'evoluzione del logo da intricata e complessa resa grafica a semplice sfumatura di colore rappresenta il passaggio ultimo verso una comunicazione più immediata e quindi potente, che resterà a lungo diritto e appannaggio di un numero molto limitato di brand, che per questo diventeranno ancora più esclusivi.