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Il LifeWear di UNIQLO

L'estetica giapponese che ha ispirato artisti come KAWS, Jil Sander e JW Anderson

Il LifeWear di UNIQLO L'estetica giapponese che ha ispirato artisti come KAWS, Jil Sander e JW Anderson

"La forma segue la funzione"

Dopo quasi un secolo dalla sua teorizzazione da parte della scuola di design modernista e dal funzionalismo architettonico, questo semplice slogan di Louis Sullivan potrebbe descrivere perfettamente l'approccio al mondo della moda portato avanti da 35 anni dal brand giapponese UNIQLO.
In un momento storico in cui i loghi sono i protagonisti della moda, uno stile semplice e minimale schiarisce il paesaggio saturo di collezioni, capsule collection, drop e collaborazioni, facendo tornare il design a un livello più elementare, grazie a blocchi di colore, geometrie e un naturale adattamento al corpo.
UNIQLO ha riassunto la sua filosofia in una sola parola che con un incredibile efficacia riesce a condensare il modo di intendere la moda: LifeWear. Essa si riferisce all'estetica semplice e minimale della vita di tutti giorni quanto al concetto dietro i capi, che affonda le radici nei valori giapponesi di semplicità e longevità, oltre a quell'idea di prodotto perfettamente armonico.
Il LifeWear è un modo per sfidare il comune concetto di consumismo, diverso da ciò che propongono altri grandi retailer come Zara e H&M. L'estetica di UNIQLO è semplice ma riconoscibile, elegante ma minimale, guarda ad una fascia ampia di consumatori, pensando alle esigenze concrete ("cosa mi metto per andare in ufficio oggi?"). Questa filosofia ridimensiona l'idea del fast fashion - la moda usa & getta - che cambia trend ogni due settimane, proponendo cose fatte bene conservando un prezzo accessibile.
Dal 1984 i negozi i 15 paesi del mondo sono circa 2000, gli ultimi dei quali apriranno a Copenaghen e Milano il prossimo settembre.

"Unique Clothing"

Tadashi Yanai, ex operatore impiegato nella vendita al dettaglio a Yamaguchi, capì le nuove potenzialità economiche del Giappone di inizio anni '80, approcciando la propria attività con le basi economiche importate dagli Stati Uniti, unite a un'enfasi sulla funzionalità e il minimalismo. Nel 1984 Tadashi Yanai (all'epoca 35enne) decise di aprire Hiroshima Unique Clothing Warehouse, il suo primo negozio di abbigliamento casual unisex. 
Nel momento di registrare il marchio nel 1988, all'ufficio brevetti di Tokyo gli addetti compirono un decisivo ma determinante errore di trascrizione, trasformando la C in Q e trasformando l'attività di Yanai in UNIQLO, una storpiatura di "Unique" e "Clothing".

Quell'idea di moda scomponibile in singoli e semplici elementi convinse il gusto comune, anche grazie a un approccio ironico che si coglie anche nel nome, chiamare "unici" prodotti basici e essenziali racconta molto di come UNIQLO sia fin dai suoi primi giorni molto più che un brand di vestiti, ma una filosofia descritta dal termine LifeWear.
Fast Retailing Ltd. controllava la società mentre Tadashi Yanai - ora 70enne e uomo più ricco del Giappone - studiava i modelli economici Europei e Americani, in particolare quello di Gap, che fondeva l'abbigliamento del marchio privato interno con una robusta attività di vendita al dettaglio.

Nella seconda metà degli anni '90, in un momento di recessione in Giappone, il brand riuscì a investire nella produzione in Cina a basso costo, garantendo alti livelli di qualità, proponendo prodotti a buon mercato indirizzati ad un ampia fascia di pubblico, l'intuizione imprenditoriale di Yanai lo portò a capire in anticipo molti dei trend di mercato. I negozi in Giappone aumentarono, compreso uno a Harajuku, il quartiere della moda di Tokyo, che proiettò il brand verso un ruolo di primo piano, con 500 store in patria e l'apertura del primo oltreoceano nel 2001, a Londra.
Da questo momento l'attenzione verso UNIQLO crebbe costantemente e allo store inglese si aggiunsero quelli di New York, Parigi, Mosca, così come le collaborazioni con stilisti di high fashion come Jil Sander, che da sempre fanno dello stile minimal contenuto il principio estetico delle proprie collezioni. 
Il percorso a completare le quattro capitali della moda si concluderà il 13 settembre 2019, giorno in cui verrà inaugurato in Piazza Cordusio a Milano il negozio di 3 piani, il primo in Italia. 

Se l'evidenza e la stravaganza sembrano per molti designer il mezzo più sicuro grazie al quale farsi notare, l'approccio di UNIQLO continua a essere quello dell'anonimato, che in quest'ottica diventa coraggio e coerenza rispetto al proprio concetto di gusto. 

Nel 2006 Fast Retailing ha stretto una partnership strategica con Toray Industries, un'azienda tessile giapponese specializzata in prodotti industriali incentrati sulle tecnologie della chimica sintetica, da qui è nata la tecnologia per HeatTech, AIRism. UNIQLO infatti non si limita solamente a realizzare t-shirt bianche a buon prezzo, ma ha presentato in questi anni progetti per ridurre gli sprechi della produzione e la funzionalità dei suoi capi, investendo nella tecnologia in modo insolito se paragonato ad altre realtà di fast fashion come Zara e H&M.
Altro aspetto che ha aperto il brand verso l'esterno in modo deciso sono state le collaborazioni, per citare solo alcuni nomi: Alexander Wang, Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Tomas Maier, Inès de la Fressange, JW Anderson, Carine Roitfeld o Cristophe Lemaire, il quale tuttora disegna la linea UNIQLO U nell'atelier di Parigi. 
Questa apertura verso la cultura occidentale e la partnership stretta con Roger Federer hanno fatto si che nel 2018 le vendite all'estero superassero per la prima volta quelle in Giappone. 


 

La linea UT 

Tra i tanti creativi che hanno lavorato con il brand di Tadashi Yanai c'è un altra personalità di spicco della moda street giapponese, Tomoaki Nagao, meglio noto come NIGO e fondatore di BAPE. NIGO attualmente collabora come direttore creativo per la linea UT di UNIQLO. In questa serie, alcune icone della cultura pop come Pharrell (grande amico di NIGO), Peanuts, Disney, Marvel, Shonen Jump e l'artista KAWS hanno utilizzato le basi di UNIQLO per esprimere la proria creatività, una piccola concessione rispetto ai tradizionali capi basic. 

La collezione UT è pensata per superare in parte quella barriera di apparente anonimato, realizzando un ponte tra la creatività e le singolarità dei consumatori, per questo motivo l'aspetto più evidente è la varietà delle proposte e delle collaborazioni. La linea UT è anche un modo per esportare alcuni dei più divertenti o iconici simboli pop giapponesi, non a caso gli ultimi tre drop hanno coinvolto Pikachu e il mondo dei manga/anime.
La collaborazione con lo street artist americano KAWS rimane però quella che ha avuto più risonanza in questi anni, trasformando la tee in un vero oggetto di culto, venduta a resell con prezzi maggiorati di oltre il doppio del valore di retail. Proprio il 6 giugno alle 8 di mattina verrà lanciata in Italia la nuova collaborazione Summer tra lo street artist e il brand giapponese.