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Cosa ci insegna il successo di Khaby Lame?

Come è stata raccontanta la storia del nuovo fenomeno di TikTok

Cosa ci insegna il successo di Khaby Lame? Come è stata raccontanta la storia del nuovo fenomeno di TikTok

Nelle ultime settimane tutti i media generalisti del nostro paese hanno riportato in modo più o meno trionfante la notizia del record di Khaby Lame, il tiktoker che con i suoi 59milioni di follower su TikTok e 13,5 milioni su Instagram ha polverizzato qualsiasi tipo di record social. Khaby però non è italiano, o meglio pur vivendo in Italia da quando aveva un anno non ha ancora la cittadinanza italiana, come ha raccontato lui stesso in un'intervista a La Stampa. Khaby, così come altri sui coetanei, fa parte di quel vuoto burocratico di chi non rientra nelle tre categorie con la possibilità di richiedere la cittanza italiana: per nascita se almeno uno dei genitori è italiano, se nato sul territorio italiano o per adozione. 

Anche per questo la storia di Khaby Lame, che ha 21 anni ed è diventato famoso grazie a dei TikTok (in gergo Stitch) in cui reagisce a video in cui altre persone fanno cose semplici complicandole senza motivo, ha riportato alla luce il problema della cittadinanza verso i giovani stranieri che vivono ormai stabilmente in Italia da anni nella speranza che gli oltre 60milioni di follower di Khaby possano rimettere al centro una questione da anni presente nel dibattitto politico senza essere mai riuscita a trovare la rilevanza che meriterebbe.
Come spesso accade quando si innesca quel rapporto bizzarro tra mondo social e media generalisti la narrazione assume sempre dei connotati lontani dalla realtà, o più semplicemente mette in risalto le difficoltà di molte testate e osservatori nel leggere determinati fenomeni provenienti dal web. Se avete visto almeno un video di Khaby Lame saprete sicuramente come quasi tutti i suoi contenuti siano senza parlato, in cui la mimica facciale del tiktoker funziona da unico mezzo per far ridere lo spettatore senza far quindi affidamento sulla lingua. Nulla di insolito, come già scritto in precedenza una delle best practice per trovare il proprio spazio su TikTok, è proprio quello di creare contenuti fruibili dal pubblico più vasto possibile e l'idea di creare dei contenuti non parlati risolve perfettamente la questione. 

È così che Khaby è riuscito a crearsi un seguito pari quasi all'intera popolazione italiana ed è per questo che utilizzare il suo successo per rimettere al centro una narrazione politica in una storia del genere dimostra ancora l'arretratezza di un paese che preferisce titolare “Giro il mondo ma non ho la cittadinanza” o “Se l’italiano più seguito sui social non è italiano” invece di capire il motivo del successo o i meccanismi di un social che sta riscrivendo per molti versi le regole dell'entertainment, finendo così per interrogarsi su “Quanto guadagna Khaby Lame” o su quanti costi la sua tracksuit Palm Angels. È un meccanismo che non risparmia niente e nessuno, l'abbiamo visto recentemente con Chiara Ferragni e le sue Yeezy Slides, diventate l'ennesimo pretesto per lamentarsi di come “un paio di ciabatte possa costare 300€invece di sfruttare l'occasione per raccontare lo streetwear o semplicemente provare a capire i gusti di una generazione che quando non è da rimproverare per le sue sneaker troppo costose è da eleggere a salvatrice di un paese alla continua ricerca di simboli. Certo, la storia di Khaby è una di quelle che vanno raccontate, ma va fatto per celebrarne il successo e non per renderlo il simbolo di una battaglia sacrosanta ma che non deve passare per i TikTok di un 21enne di Chivasso.