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Bandire Instagram in Iran significa togliere la voce a migliaia di donne

L’ultimo social network accessibile è diventato non solo veicolo d’espressione, ma anche di emancipazione.

Bandire Instagram in Iran significa togliere la voce a migliaia di donne L’ultimo social network accessibile è diventato non solo veicolo d’espressione, ma anche di emancipazione.

Facebook, Twitter, Telegram ed ora Instagram. Lo stato Iraniano continua la sua battaglia contro i social media e si appresta ad oscurare anche social network ancora libero online. L’annuncio arriva direttamente dal National Cyberspace Council tramite Javad Javadnia, responsabile delle telecomunicazioni del governo di Teheran, che informa di aver avviato una procedura per mettere al bando Instagram in tutto il paese. 
Il social network è accusato non solo di offrire contenuti illegali, ma anche immorali e osceni. La verità però è un'altra: Instagram è l'ultima finestra virtuale di molti dissidenti politici iraniani, in particolare per quanto riguarda le donne e le minoranze etniche e la comunità LGBT

 

L'anno scorso proprio in questo periodo in Iran ci sono state le più grandi manifestazioni dalla rivoluzione khomeinista del 1979 contro il regime, per protestare contro la disoccupazione, l'aumento di prezzi e il generale stato di arretratezza dell'Iran. Il presidente Hassan Rouhani reagiva con forza, con centinaia di persone arrestate, altre morte e con restrizioni dell’accesso ad internet, seguito quasi subito dal blocco di Whatsapp, Telegram e Instagram attraverso i quali i manifestanti avevano organizzato le proteste e veicolato (da quel momento cercano di aggirare l’ostacolo con una vpn che trucca l’indirizzo IP del computer e lo fa apparire come se fosse all'estero).

Col passare dei mesi, la situazione sembrava tornata alla normalità iraniana e - anche se nessuno sa veramente spiegarne il motivo - Instagram era tornato accessibile, l'unico tra social network. Le notizie degli ultimi giorni, però, fanno tornare alla mente il recente passato e segnalano, ancora una volta, il tentativo di mettere isolare un’intera fetta di iraniani. Il ban di Instagram è un problema soprattutto per le molte donne iraniani ed altri gruppi emarginati come le minoranze etniche e la comunità LGBT  che usano Instagram come un rifugio dove essere libere di esprimersi, ma anche un mezzo concreto di sostentamento e emancipazione. Lo testimonia il reportage realizzato da Channel 4 News.

A confermare questa tesi c'è un articolo intervista di BuzzFeed News a Samaneh Savadi, un'attivista femminista iraniana che vive nel Regno Unito:

“Fondamentalmente Instagram è l'unica piattaforma che non è bloccata in Iran e negli ultimi 10 anni è diventata l'unico posto in cui le persone possono liberamente condividere informazioni e pubblicizzare la propria attività. Il blocco di Instagram influenzerà così tante persone in modi diversi. Sono principalmente preoccupato per la giovane generazione che merita di avere accesso a notizie e informazioni vere. C'è un gran numero di attivisti che pubblicano campagne su Instagram. Non si tratta solo di foto."

A ribadire il concetto è anche Aida Pooryanasab, una dottoressa e imprenditrice dottoressa con base a Teheran che lavora con molte piccole imprese gestite da donne e ha un popolare account Instagram:

"Lavoriamo con madri single e donne di classi inferiori, casalinghe. Queste donne non solo guadagnano denaro, ma si sentono come se esistessero [in pubblico]. Dopo essere diventati madri o sposati, dovrebbero rimanere a casa e prendersi cura della casa ogni giorno come loro principale compito. Le imprese basate su Instagram consentono a queste donne di sentirsi bene con la loro indipendenza economica".

È utile ricordare che nel paese guidato da Hassan Rouhani la popolazione femminile deve attenersi a severe regole restrittive e chi le infrange rischia pene molto dure. Solo la scorsa estate la diciottenne Maedeh Hojabri è stata arrestata e costretta a confessare la propria “colpa” in un programma televisivo nazionale per pubblicato su IG (l’account è ora sospeso) un video nel quale ballava nella stanza di casa sua, sulle note di canzoni occidentali, senza hijab, il velo che copre la testa e che in Iran devono indossare sempre tutte le donne nei luoghi pubblici. Una cosa simile era accaduta qualche anno ad alcune modelle, ree di “atti anti-islamici” per aver postato le loro foto senza il velo. Non è migliore la situazione per le relazioni omosessuali che sono criminalizzate o per gli attivisti LGBT, costretti a nascondersi o ad usare pseudonimi per non rischiare reazioni da parte dello stato.

Se gli iraniani sono attentamente controllati o allontanati dai social network, così non è per chi li governa. Il presidente Rouhani, ad esempio, è una presenza importante su IG con oltre 2 milioni di follower , ma anche su Twitter, sebbene questa piattaforma sia da tempo stata bloccata per il pericolo di istigare comportamenti immorali. Lo stesso vale per tutta la leadership maschile del paese, inclusi molti funzionari governativi ed il capo supremo Ayatollah Ali Khamenei.

Appare quindi ovvio che in un contesto del genere quello che per molti di noi è solo un mezzo di svago o per farsi pubblicità in Iran assuma tutt’altra valenza. Qui Instagram è importante per le donne che vogliono avviare attività commerciali e non possono lavorare fuori casa a causa di obblighi culturali o familiari; è fondamentale per dare loro (e a tutti gli altri) dignità, il diritto di parlare ed essere ascoltate. Bandire Instagram dall’Iran è l’ennesimo tentativo di togliere loro la voce. E questo non no che non deve essere tollerato.