
Il documentario sul Grande Fratello è una pagina di storia della televisione italiana E forse anche su noi come spettatori
Sul portale di Mediaset Infinity, in maniera totalmente gratuita - nonostante le minimo dieci interruzioni pubblicitarie - è possibile ripassare un pezzo di storia della televisione col documentario Grande Fratello - L'inizio. Una vera e propria entrata attraverso la porta rossa più famosa del piccolo schermo che ha rivoluzionato il modo di fare, vedere e esperienziare l’intrattenimento domestico. Un prodotto uscito in piattaforma in occasione dei venticinque anni del programma tra i più longevi della tv italiana, che ancora resiste edizione dopo edizione, lì dove molti altri paesi hanno nel tempo rinunciato. È dall’Olanda che si è presa ispirazione per il format, diventato un enorme successo in Spagna e spopolato poi sulle reti italiane. Un cambio epocale nella maniera di fare televisione che è esattamente ciò su cui l’omaggio si concentra.
La storia del Grande Fratello
Un documentario di Mediaset sullo show più importante di Mediaset che è ovvio non voglia mostrarne le ombre, ma solamente i riflettori attualmente ancora puntati. Ma non fa niente, non ce n’è bisogno, perché Grande Fratello - L'inizio ha il medesimo intento del programma cominciato nel 2000: semplicemente mostrare, non spiegare o approfondire. Riportare ciò che fu e quale ne è stato l’impatto. Visibile anche oggi mentre si da il via alla sua diciannovesima edizione che, in prima puntata, fa il 20.4% di share. Risultato combattutissimo e che non vedrà più il 60% dell’ultimo episodio della prima stagione - risultati che, ad oggi, fa forse soltanto il Festival di Sanremo - ma che sta riprendendo la sua forma originaria col ritorno quindici anni dopo di Simona Ventura alla conduzione e una tirata a lucido che cerca di limitare il trash degli ultimi anni per tornare più simile all’esperimento iniziale con Daria Bignardi.
Perché sì, la prima edizione de il Grande Fratello fu un esperimento e fu condotta da Daria Bignardi. Due componenti fondamentali per studiare la fabbricazione e il conseguente fenomeno che è andato a generarsi, che non è affatto un caso sia avvenuto in quel cambio del secolo in cui il Novecento (e con lui la sua visione, le sue arti e i suoi artisti) stava morendo e che ha condotto ad una rivoluzione digitale che vede ne il Grande Fratello di ieri l’equivalente delle stories che mettiamo tutti i giorni noi oggi su Instagram.
La crisi del piccolo schermo (e come il GF ha colto la palla al balzo)
@__elisa__81 chi se lo ricorda? #grandefratello#filipponardi#tvtrash#tv#reality suono originale - Elisa
Ciò che emerge con più forza dal documentario è il punto di rottura a cui l’intrattenimento televisivo era ormai destinato. Le reti generaliste, in crisi di ascolti, hanno colto l’occasione per provare a rigenerarsi, cercando nuova linfa vitale. I varietà non funzionavano più, eppure gli schermi continuavano a essere popolati da volti noti, attori e cantanti che però non attiravano più il pubblico. Se nel cinema l’avvento dell’era digitale aveva significato accesso a tecnologie più leggere ed economiche, aprendo spazi inediti a nuovi talenti e forme di espressione, per la televisione è accaduto l’esatto contrario: la crisi si è acuita e l’innovazione ha faticato a trovare spazio.
Non c’era bisogno, anzi, quasi non si doveva essere bravi. I bravi sono stati surclassati da chi non aveva nulla da offrire se non se stesso, ma anche dietro a questa affermazione, comunque vera e proclamata nel doc persino da Giorgio Gori, si nasconde una bugia. Perché mentre davanti alla camera andava in onda lo show della quotidianità, della banalità, del dolce (non saper fare) niente, in realtà dietro le telecamere del Grande Fratello si sono susseguite una serie di personalità e menti che hanno saputo trarre il miele dall’era dei reality show, di cui il GF è come una grande ape regina da cui sono derivati il resto dei programmi che continuano a venir proposti ancora oggi.
Come il Grande Fratello ha cambiato la televisione italiana
Chi ha visto il documentario dell'inizio può non capire o solo immaginare. Chi come me invece l'ha visto 25 anni fa lo sa. Le successive saranno state anche divertenti ma è show, di reality ben poco. Quella edizione è storia. L'unico vero #GrandeFratello è quello del 2000 pic.twitter.com/ipuKDiLMij
— Stefania (@Stefyeros) September 30, 2025
Produttori oculati, scenografe in grado di dare vita a un immaginario ben codificato, in contrasto con il caos delle giornate tutte uguali dei partecipanti, ma soprattutto casting director che sapevano bene chi cercare, perché cercarlo e come costruire un parterre di soggettività in grado di tessere una storia. Che poi sarebbe venuta fuori in maniera naturale quella era un’altra cosa; ma l’aver saputo cogliere immediatamente gli archetipi dietro alle facce, accompagnate da una certa voglia di mostrarsi davanti alla camera, ha permesso di pilotare lo show meno pilotabile che si sarebbe potuto pensare.
Così Grande Fratello - L'inizio, esattamente come il Grande Fratello di oggi, sembra dirci molto più di noi che di loro. Accende una luce sull’ossessione del mostrarsi e su di chi decide di vivere “live” 24h su 24h, ma ancor più vuole interrogare le 16 milioni di persone che la notte della finale scelsero di ritrovarsi davanti alla televisione per vedere chi sarebbe stato l’ultimo a lasciare la casa. Stessi quesiti riportabili alla contemporaneità, al fatto che lo show sia ancora il più seguito del palinsesto, con i suoi alti e i suoi bassi.
Domandarsi: cos’è peggio, chi decide volontariamente di essere il Truman Burbank della situazione o chi, invece, lo spia in continuazione sul proprio device? Ieri come oggi gli irrisolti restano gli stessi. Solo che, venticinque anni fa, il Grande Fratello era un esperimento sul mettere insieme degli sconosciuti in una casa per vedere cosa facevano e poi, magari, tirarne fuori una tesi. Oggi, che di esperimenti ne sono stati fatti un bel po’, è solo l’esempio di quanto ci piace giudicare le vite degli altri (e le visioni casalinghe altrui) mentre i reality show che dovrebbero essere tanto deprecabili continuano ad essere tra i più visti del nostro paese. Chi è dunque da biasimare: noi o loro?












































