
La formula del successo dei Kombini Semplici, veloci, di qualità: i supermercati del futuro
Negli ultimi anni il modo in cui facciamo la spesa è cambiato radicalmente. Secondo un report di GlobeNewswire, il mercato mondiale dei convenience store ha superato i 1.000 miliardi di dollari nel 2023 e si prevede che crescerà fino a quasi 1,64 trilioni di dollari entro il 2028, trainato da stili di vita sempre più frenetici, richieste di rapidità e urbanizzazione crescente. Anche in Italia le abitudini si stanno trasformando: l’online grocery ha raggiunto 4,6 miliardi di euro nel 2024, con oltre il 27% degli acquirenti che ha fatto almeno una spesa alimentare online, segno che la comodità non è più un lusso ma una vera e propria esigenza. In questo scenario, la domanda diventa inevitabile: quale sarà il modello vincente del supermercato del futuro?
In Giappone la risposta sembra già esserci, e si chiama konbini. Da non confondere con il convenience store, il konbini non è solo il classico negozio di quartiere dove comprare un panino o una bottiglia d’acqua al volo, ma un punto di riferimento quotidiano che unisce freschezza, varietà e servizi. Nei konbini si mangia bene a qualsiasi ora del giorno e della notte, si possono pagare le bollette, spedire pacchi, acquistare un pasto caldo senza rinunciare alla qualità. È un modello che affascina da anni chiunque abbia visitato il Giappone e che ora, con la guida di Stephen Hayes Dacus, nuovo CEO di Seven & i Holdings, proprietaria di 7-Eleven, sembra pronto a fare il salto fuori dai confini nipponici.
Come funzionano i kombini?
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Come spiega il New York Times, la strategia di Dacus è ambiziosa: portare il meglio del format giapponese negli Stati Uniti e, a seguire, nel resto del mondo. Non più il semplice convenience store come lo conosciamo oggi, utile ma poco attraente, bensì una versione potenziata che punta su pasti freschi, ambienti curati e un’immagine vicina a quella di una tavola calda più che di un minimarket.
Il cambiamento, però, non riguarda solo i piani industriali: si tratta di una trasformazione soprattutto culturale. Negli Stati Uniti, dove esistono oltre 45.000 supermercati con un giro d’affari da circa 1.000 miliardi di dollari l’anno secondo ExportUSA, il consumatore è abituato a un approccio diverso, fondato più sulla quantità che sulla qualità. «Negli Stati Uniti, c’è bisogno di un cambiamento concettuale. Negli ultimi anni, Seven & i ha fatto progressi anche negli Stati Uniti, ma non è che devo andare al 7-Eleven per comprare da mangiare[...]. La sfida è uscire dalla penombra metropolitana» ha spiegato al New York Times Gavin Whitelaw, direttore esecutivo del Reischauer Institute di Harvard, sottolineando come la sfida per 7-Eleven sia quella di convincere gli americani a vedere il konbini come un luogo dove andare a mangiare, non solo a comprare bibite e snack.
Dove sono i kombini in Europa?
Why can’t we replicate the Japanese convenience store information system in America?
— Bjorn (@steakeggsmilk) August 21, 2025
In Europa, la partita è diversa ma altrettanto complessa. Nel nostro continente i consumatori hanno già molte alternative e sono molto più educati: supermercati espressi, catene fast casual, meal kit e servizi di delivery che hanno trasformato le abitudini alimentari. A questo si aggiungono costi più elevati di logistica e manodopera rispetto al Giappone, oltre a vincoli urbanistici che rendono meno semplice aprire piccoli negozi diffusi con orari prolungati.
E in Italia? Qualcosa di simile al konbini lo ha ideato Esselunga con il format LaEsse, lanciato a Milano nel 2019: piccoli punti vendita urbani, tra i 400 e gli 800 metri quadrati, pensati per offrire qualità e rapidità in ambienti curati. Un’idea in linea con lo spirito giapponese, ma non senza difficoltà: nel 2025 Esselunga ha infatti chiuso due LaEsse a Milano, segnale che anche in un paese con una fortissima tradizione alimentare di qualità non è semplice far convivere innovazione, costi e aspettative dei consumatori.
Però nonostante ostacoli e contraddizioni, la direzione sembra chiara. Il supermercato tradizionale non scomparirà, perché per la spesa familiare continueranno a servire grandi superfici e scaffali pieni. Ma la quota di consumo quotidiano, fatta di pasti veloci, acquisti d’emergenza e piccole necessità, si muove sempre più verso il modello del konbini. Non sarà mai un’alternativa, ma un’integrazione: meno carrelli stracolmi, più esperienze rapide, curate e vicine alla vita urbana.














































