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Che fine hanno fatto i rumoristi del cinema? Storia, successo e ritorno di un artigianato del grande schermo

La prima decisione che deve prendere un rumorista al lavoro è scegliere la giusta scarpa. La camminata del personaggio, il suo stare nel mondo, il passo con cui incede con sicurezza o meno, se sta salendo o scendendo una scala, se ha un andatura decisa o è tutto più incerto. Se è un uomo, se è una donna, se sta camminando su strada, se si trova sul brecciolino. È tutto una questione di scarpa. Lo sanno bene i professionisti della Marinelli Effetti Sonori, un’istituzione nella post produzione cinematografica italiana con più di cinquant’anni di esperienza alle spalle, nata prima che il suono diventasse tutta una libreria digitale. Nello studio, che si trova nel cuore del quartiere San Giovanni di Roma nascosto in bella vista dietro alla rotonda di piazza Lodi, è passata la storia del cinema italiano, che per la Marinelli Effetti Sonori ha significato dar vita ad alcuni dei classici della nostra tradizione. La storia di Renato Marinelli, suo fondatore, è un po’ una di quelle che si possono sentire al cinema: proiezionista a Cinecittà, dall’alto della sua cabina da giovane vedeva arrivare un uomo con la sua valigia e tirare fuori di fronte ad uno schermo silenziato tutta una serie di strumenti inaspettati. Da lastre di ferro a pettini per capelli fino a tubi o elastici. Come un mago, quel signore riproduceva i suoni che nel frattempo passavano davanti ai suoi occhi solo come immagini. Nel tempo libero, ricordando i gesti di quello stregone, Marinelli cercava di imitarlo, così è iniziata la sua carriera da foley artist, che l'ha portato a mettere su una società e conquistare il monopolio dell’effettistica sonora nel periodo di massimo splendore del cinema italiano. Monicelli lo chiamava maestro, Fellini passava spesso per i corridoi della Marinelli Effetti Sonori, e Sergio Leone faceva di tutto affinché le sue pellicole venissero sonorizzate solo e soltanto dall’artista Marinelli. 

@joshplaysdrums Vintage Sound Effects! my take on this classic scene from Popeye, originally made in 1934! #rhythm #drums #food #sandwich #filmmaking #sounddesign #soundeffects original sound - Josh Harmon

Ad oggi, lo studio di Marinelli è un autentico museo pieno di cimeli che racchiudono un mestiere il quale, tra i tanti del settore cinematografico, è cambiato esponenzialmente con l’arrivo e il progredire delle nuove tecnologie. Ma è emozionante vedere come un intero cassetto di una delle stanze dello studio sia interamente dedicata solamente a tutti i vari rumori che una Fiat degli anni sessanta è (o era) in grado di generare: in partenza, in fermata, in velocità su un qualche tipo di asfalto, con qualche tipo specifico di manovra. Se nei tempi moderni che stiamo vivendo, meccanici proprio come quelli da cui cercava di sfuggire Charlie Chaplin nel 1936, è possibile trovare i vari effetti in specifiche librerie digitali, in passato il rumorista partiva col proprio registratore e andava a cercarseli da sé. Prima di tutto c’era una cosa che rincorreva sempre: l’inaspettato. Qualcosa che potesse cogliere e che, per quell’incanto che solo il cinema sa riprodurre, si poteva abbinare benissimo a ciò che passava sullo schermo. Altrimenti si inseguivano suoni che si sapeva sarebbero serviti, come quando Marinelli registrò la festa di compleanno per i diciotto anni del figlio Massimo - a cui è passata di mano la società, in cui lavora anche la nipote Giulia - per poi catalogarla come “brusio di ragazzi”, in caso servisse animare una folla sul grande schermo. O come quella volta in cui partì con i suoi collaboratori per L’armata Brancaleone, disperdendosi in un campo e simulando tutti i possibili combattimenti con quante più possibili armi, così da poter ricostruire con veridicità il tappeto sonoro del film; un’impresa che sembra quasi pazza, al pari dei personaggi dell’opera di Mario Monicelli. 

Che fine hanno fatto i rumoristi del cinema?  Storia, successo e ritorno di un artigianato del grande schermo | Image 575660
Che fine hanno fatto i rumoristi del cinema?  Storia, successo e ritorno di un artigianato del grande schermo | Image 575661
Che fine hanno fatto i rumoristi del cinema?  Storia, successo e ritorno di un artigianato del grande schermo | Image 575662

Ciò che si deve avere ben chiaro quando si pensa al suono di un film è che, nonostante l’importanza che ha oggi la presa diretta, esiste sempre la componente artistica e geniale del rumorista per completarlo. Possono esserci volte in cui un rumore viene catturato talmente bene ed è talmente specifico in ripresa  che non ha bisogno di essere sostituito, ma la maggior parte delle volte se, ad esempio, una porta viene chiusa in una scena, ci sarà chi dovrà occuparsi di capire con quale intensità è  stata chiusa, di quale materiale è composta, in quale tipo di casa è inserita e, andando così in profondità nel dettaglio, si può scegliere il suono più adatto per il film. Sarà poi il mixaggio sonoro a integrare dialoghi e suono ricostruito, dando un effetto più reale del reale. Un mestiere la cui componente meccanica e digitale potrebbe prendere il sopravvento, rischio che la Marinelli Effetti Sonori non vuole correre, mantenendo lo spirito di gioco e scoperta del suo fondatore, con ancora una stanza essenziale all’interno dello studio dove il rumorista di turno non si risparmia nel cercare di avvicinarsi quanto più possibile ai suoni della realtà. Costruendo persino i propri strumenti, come delle bacchette con attaccate delle spugnette e dei pezzetti di plastica a forma di zampe di ragno per riprodurre i passi di un cane (chi sta scrivendo ha potuto vedere tale diavoleria con i propri occhi) e portando dall’esterno qualsiasi tipo di oggetto utile. Una vera e propria Wunderkammer in cui il banale si trasforma in infinite possibilità, per la sensibilità di una figura come quella del foley artist in cui devono coincidere anni di professione per affinare il mestiere, insieme ad una propensione alla curiosità e all’ascolto sopraffina. Un talento invisibile all’occhio, ma ricettivo all’udito.

@reelfoleysound Part 2: I walk walk walk them all! Love my job #reelfoleysound #foley #foleyartist #postproduction #lovemyjob #bts #audio #sound #foleyheels #foleyleaves #foleybarefoot #foleyfoley original sound - Reel Foley Sound -Foley Artist

Una delle speranze dei componenti della Marinelli Effetti Sonori è di riuscire a rendere più consapevoli i giovani cineasti del ruolo fondamentale dei rumoristi, visto che negli anni si è riscontrato da parte degli autori un calo di interesse per la progettazione del suono nelle prime fasi di un progetto. Sebbene solo con le opere di animazione un foley può lasciare libero spago alla fantasia, non è da sottovalutare la possibilità di poter usufruire della componente sonora come elemento di aggiunta stimolante e creativa anche in mondi più canonici. Tanto che, affiliata allo studio, è nata anche la M_SIDE Collective, che mette a disposizione i propri professionisti e artisti per lavorare sulle colonne sonore dei progetti proposti, così da rendere ancora più diretta e completa l’operazione di post-produzione di un film, di un cortometraggio o un documentario - sì, anche nei documentari il suono è parzialmente rifatto. Che sia un horror o un fantasy, un’opera può divertirsi a sperimentare col suono, come raccontato proprio da Massimo Marinelli per la recente opera prima L’oro del Reno di Lorenzo Pullega, per cui il regista ci teneva che il suono fosse curato tanto quanto il resto delle componenti del film, donando alla pellicola un tocco quasi felliniano.

@thecinescope once upon a time in america (1984) #vertical #filmtok #film #movieedit #movietok #movie #cinematok #cinema #filmedit #robertdeniro watching the stars - Øneheart

Pur essendo diventato ad oggi un gioco divertente che spesso viene riprodotto e mostrato come content sui social media - sono ormai famosi i video del sound effects artist Josh Harmon, che vedono coinvolte anche figure pubbliche come Post Malone e Jimmy Fallon - il lavoro sul suono ha un potenziale narrativo forte tanto quanto quello visivo. Vero anche che l’industria cinematografica è oramai cambiata, e le produzioni stringono su budget e tempi per portare il prima possibile a termine i loro progetti - nulla a che vedere con i sei mesi che ci mise Sergio Leone per lavorare al suono di C’era una volta in America, a fronte delle due settimane di lavorazione con cui spesso devono giostrarsi i professionisti oggi. Ma, come spesso accade con prodotti artigianali la cui cura e qualità risuonano oltre il tempo, ricominciare a pensare al suono come una parte integrante e non solo una postilla nella realizzazione di un’opera cinematografica potrebbe aumentare di meraviglia una storia e, perché no, far appassionare a un mestiere che spesso resta nelle retrovie. Basti pensare a come Renato Marinelli realizzò l’esplosione del treno in Giù la testa: non soddisfatto dei primi risultati, Leone chiese al foley artist di trovare una soluzione; mettendo in subbuglio un intero studio, puntando sulla massima efficacia del risultato, Marinelli non battè ciglio e buttò giù un intero mobile pieno di quanti più oggetti poteva contenere, accumulati nel tempo sui suoi scaffali (come solo un vero rumorista sa accumulare). Quando Sergio Leone vide il risultato - che per ovvio motivi doveva essere un buona la prima - chiese a Marinelli: «non avrai mica fatto esplodere un treno per davvero?» Non lo aveva fatto. Aveva creato qualcosa di ancora più magico.