
Horst Music Festival sta ridefinendo ciò che un festival può, e deve, essere Dall’architettura collaborativa all’arte impegnata, Horst sta stabilendo un nuovo standard per i festival musicali in Europa
Bruxelles sta vivendo una rinascita culturale. Non è più soltanto il cuore politico d’Europa: è una capitale creativa in piena espansione, soprattutto nel mondo della musica e dell’arte. Oggi la musica è il quarto motore turistico della città, a dimostrazione di quanto la scena stia crescendo rapidamente. Alla base di tutto c’è l’identità multiculturale della città — un intreccio vivo di lingue, origini e visioni che alimenta una creatività autentica, dal basso verso l’alto. Questo spirito prende vita nel Horst Music Festival, che si tiene nell’atmosfera surreale dell’Asiat Park a Vilvoorde. L’area — un’ex base militare riconquistata dalla natura e trasformata attraverso l’arte — sembra un villaggio dimenticato reinventato da una comunità di visionari. Horst non è solo unico. È necessario. Nel corso dei tre giorni, l’attenzione non è caduta solo sulla qualità della musica o l’incredibile design dei palchi, ma soprattutto sulla presenza attiva dei giovani ovunque: non solo sul dancefloor, ma anche nei cantieri dei singoli stage, a costruire l’esperienza con le proprie mani. Volontari e studenti hanno contribuito direttamente alla creazione di diversi palchi, collaborando fianco a fianco con artisti e architetti. Un approccio raro, concreto, profondamente inclusivo.
Come racconta Jochem Daelmans, co-direttore del festival: «Progettiamo i nostri palchi con una mentalità artistico-architettonica. È un processo in cui artisti facilitano altri artisti — persone che guardano il mondo in modo diverso. Per il giovane team di volontari dietro il palco Moon Ra, co-progettato con l’architetto Leopold Banchini, è stato un vero viaggio. Erano in 14, metà donne, e alcuni non avevano mai tagliato un pezzo di legno prima. È stato impegnativo, ma alla fine si sentivano parte del palco. È diventata una forma di empowerment.» Uno spirito interdisciplinare che ha raggiunto il suo apice con lo stage “Dark Skies”, uno dei palchi più intensi del festival. Frutto di una collaborazione sorprendente tra la leggenda della techno DVS1 e gli architetti Leopold Banchini e Giona Bierens De Haan, il palco costruito da materiali di upcycling, Un impressionante sistema di 174 altoparlanti era sospeso al soffitto, creando un “tetto di suono” che avvolgeva il pubblico in un campo sonoro preciso e multidimensionale. Non era solo un posto dove ballare; era una scultura acustica in cui ci si poteva immergere.
Anche il programma musicale è stato all’altezza della visione. Una line-up che ha saputo intrecciare sapientemente nomi di peso globale con voci emergenti: Four Tet, Surgeon, Eris Drew, Objekt e Job Jobse hanno infiammato i palchi, mentre artisti come Alia e Kuba’97, strettamente legati alla community di Horst, hanno portato energia nuova e autentica. Horst non si limita a invitare artisti: li coltiva, li accompagna, li valorizza. Anche l’arte visiva ha avuto un ruolo potente. Una delle installazioni più toccanti è stata quella di Kenza Taleb, designer algerino-belga e mente dietro Kasbah Kosmic, che ha realizzato un’opera incentrata sul significato simbolico delle bandiere — un tema carico di politica e identità personale. «Le bandiere sono tessuto — come i vestiti — ma rappresentano anche identità, simboli, significati profondi,» ha raccontato il designer. «Per me si trattava di esplorare le parti invisibili nascoste nella bandiera, le narrazioni che non vengono mai raccontate. Il mio approccio è decoloniale: volevo togliere il significato tradizionale e proporre una nuova prospettiva. Portare questa storia in un festival come Horst, così ricco di culture diverse, era fondamentale.» La volontà di affrontare tematiche complesse — attraverso lo spazio, il suono, il design — è ciò che rende Horst radicalmente diverso. Non si tratta di fuggire dalla realtà, ma di costruirne una nuova, collettiva, consapevole. Pezzo dopo pezzo. Mano dopo mano. In un’epoca in cui troppi festival si uniformano, Horst Music Festival sceglie un’altra strada: pensa in profondità, osa, e ridefinisce ciò che un festival può — e deve — essere.




































































