
In che senso hanno scoperto un “nuovo colore” in California?
Diciamo che esiste – peccato non si possa vedere a occhio nudo
24 Aprile 2025
All'Università di Berkeley, in California un gruppo di scienziati ha scoperto quello che viene descritto come un colore completamente nuovo che non esiste in natura e che, al momento, non può essere ricreato al di fuori del laboratorio. Chiamato “olo”, questo nuovo colore è una tonalità di blu-verde incredibilmente satura, visibile solo in condizioni molto specifiche grazie a una sofisticata tecnologia laser. Anche se può sembrare fantascienza, questa scoperta è il frutto di anni di ricerca sulla visione umana e di un esperimento meticoloso condotto su un numero limitato di soggetti selezionati. La scoperta, recentemente pubblicata sulla rivista Science Advances negli scorsi giorni, è nata da una domanda sulla retina umana: cosa succederebbe se le cellule responsabili di “vedere” i colori fossero stimolate in modo isolato? In condizioni naturali, queste cellule, dette “coni” non vengono mai stimolate da sole ma lavorano insieme. Esistono tre tipi: coni S per il blu, coni M per il verde e coni L per il rosso. L'interazione tra questi coni produce l’intero spettro di colori che percepiamo. Ma grazie a un dispositivo chiamato Oz, i ricercatori sono riusciti a stimolare in modo isolato solo i coni M, evitando così la consueta mescolanza cromatica che caratterizza la nostra visione. Il risultato è stato un’anomalia visiva. Tutti e cinque i partecipanti allo studio—tre dei quali erano ricercatori coinvolti—hanno riferito di aver visto una tonalità blu-verde così intensa da non assomigliare a nulla di esistente in natura che è stata chiamata “olo”. Ai partecipanti è stato chiesto di confrontare olo con il teal più saturo possibile ottenuto con luce convenzionale. Per raggiungere la stessa intensità, olo ha dovuto essere desaturato con luce bianca, a conferma della sua intensità eccezionale rispetto ai colori noti.
Ren Ng, coautore dello studio e anche lui soggetto dell’esperimento, ha descritto al The Guardian l’esperienza come vivere per anni vedendo solo un rosa pastello, e poi, all’improvviso, vedere per la prima volta il rosso —stessa famiglia cromatica, ma intensità completamente diversa. Nonostante l’entusiasmo, non tutti concordano sul fatto che olo sia davvero un colore nuovo. Alcuni studiosi sostengono che si tratti piuttosto di una variante estremamente intensa di un colore già esistente, ottenibile solo in condizioni artificiali molto precise. Ma è proprio questo il punto: la scoperta non riguarda solo cosa sia olo, ma quanto siano flessibili i limiti della percezione visiva umana. Le implicazioni di questa scoperta non si limitano alla teoria. Anche se la tecnologia per riprodurre olo fuori dal laboratorio non esiste ancora, i ricercatori sono ottimisti sul fatto che sviluppi futuri nel campo dei display possano un giorno rendere possibile esperienze simili a olo sugli schermi, nella realtà virtuale, nel design e nell’arte digitale. Nel frattempo, come spiegato su WWD, un’altra linea di ricerca correlata all’Università di Berkeley esplora la tetrocromia, una rara condizione visiva in cui una persona possiede quattro tipi di coni retinici invece dei soliti tre. Questo permette, potenzialmente, di distinguere centinaia di milioni di colori in più rispetto alla media. Il team sta cercando modi per rendere riproducibili anche queste nuove tonalità, ad esempio nella stampa o nelle tecnologie di visualizzazione.
What if some colors are invisible not because they’re rare, but because we physically can’t see them?
— PANTONE (@pantone) April 23, 2025
UC Berkeley scientists discovered Olo - a hue that can’t be rendered, only experienced.
Olo may never join the Pantone Color System… or will it?https://t.co/sBRGVhw85g pic.twitter.com/rxmbutd7y2
Intervistata a proposito da WWD, Leatrice Eiseman, direttrice esecutiva del Pantone Color Institute, ha osservato come la sola idea di un colore nuovo possa scatenare grande interesse mediatico e culturale. Anche se non ha visto olo in prima persona, la direttrice ha previsto che questo concetto porterà attenzione verso i blu-verdi più saturi già esistenti nella gamma Pantone e che l’attuale interesse per l’esplorazione spaziale potrebbe rafforzare il legame tra colori come olo e l’immaginario del cosmo. Eiseman ha anche detto che olo può rappresentare questo tipo di aspirazioni verso il futuro perché al momento rappresenta ciò che possiamo solo immaginare, ma non ancora vedere. Resta da capire se la scoperta di questa nuova, bizzarra sfumatura riuscirà a essere traslata in un ambito in cui il pubblico riesca effettivamente a interagirvi o, in altre parole, se questa scoperta avrà o meno un effettivo impatto culturale o resterà un affascinante e curioso capitolo nel progresso della scienza ottica.