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E se Robert De Niro non avesse mai girato "Taxi Driver"? Il film del 1976 e la storia dei suoi casting, da Al Pacino a Dustin Hoffman

La storia di Taxi Driver, tornato oggi al cinema in occasione del suo 50esimo anniversario,è una storia di casting. Una storia di ruoli che si accettano e si rifiutano, si abbracciano o si snobbano. Che si sdoppiano, si dividono, si rincorrono, si imparano. A volte si sostituiscono. Non sarebbe mai esistito Travis Bickle se non lo avesse accettato Robert De Niro e Robert De Niro non avrebbe mai accettato se fosse stato preso Dustin Hoffman, il quale declinò. L’attore di Tootsie e Un uomo da marciapiede era la prima scelta di Martin Scorsese, che provò a vendergli frettolosamente la sceneggiatura scritta da Paul Schrader. Un “pazzo” lo definì Hoffman, che nel 1976, anno di uscita di Taxi Driver, si consolò con Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula. Ma non fu il primo e non fu il solo. Schrader, che stese il film in un periodo di alcol e depressione, con l’opera che seguiva l’ispirazione data dai diari dell’attentatore del politico statunitense George Wallace, Arthur Bremer, aveva lavorato al racconto con un altro attore in mente. Era Jeff Bridges che la penna dello sceneggiatore tratteggiava mentre veniva fuori il personaggio, ma le cose andarono diversamente e non c’è bisogno di rimuginarci sopra. Parole utilizzate dallo stesso Bridges quando gli viene chiesto cosa ne pensa del fatto di non aver partecipato ad uno dei film più importanti della storia del cinema; un’autentica frase da Drugo, protagonista che sarebbe venuto fuori nel 1998 con Il grande Lebowski dei fratelli Coen. 

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Se per l’attore fu un’occasione sfumata, tra Robert De Niro e Al Pacino si trattò invece di parità. Il protagonista Travis venne proposto anche a Pacino che snobbò l’offerta, mentre lo stesso fece De Niro quando si parlava del Tony Montana per lo Scarface del 1983 di Brian De Palma - anni di grandi rifiuti per Al Pacino se si pensa che solo un anno dopo, nel 1977, sarebbe uscito il primo Star Wars di cui avrebbe potuto vestire i panni di Han Solo. Ma tutto è bene quel che finisce bene, che in Taxi Driver significa che finisce male, con Robert De Niro che colse l’occasione di interpretare lo schizzato tassista per cui prese una vera licenza e ispirò le gesta di John Hinckley Jr., colui che sparò e provò ad uccidere l’allora presidente Ronald Reagan. Oltre a fargli fare la spola tra l’Italia e l’America visto che contemporaneamente stava filmando Novecento di Bernardo Bertolucci.  Per il ruolo femminile fu più o meno lo stesso. Anche Jodie Foster, che all’epoca della produzione di Taxi Driver aveva solo dodici anni, deve la sua popolarità alle attrici che rifiutarono di interpretare ben due delle sue parti rimaste impresse. Se con Il silenzio degli innocenti del 1991 aveva una carriera avviata, tanto da vincere il secondo Oscar dopo il primo ricevuto per il film del 1989 Sotto accusa, nel 1976 era ancora agli inizi - pur essendo già il settimo lavoro cinematografico della sua carriera, oltre che il secondo diretto da Martin Scorsese dopo Alice non abita più qui

 

Fu quindi grazie al rifiuto di Michelle Pfeiffer che Foster potè interpretare l’agente Clarice Starling, mentre a declinare la prostituita Iris fu Melanie Griffith, secondo le varie voci su pressione di sua madre Tippi Hedren, volto dei classici di Alfred Hitchcock Gli uccelli e Marnie. Interpretata per le scene più problematiche dalla sorella Connie, come controfigura, a metà dei 70s poco più che maggiorenne.  Pensare che persino Scorsese stesso dovette recitare in una scena sostituendo un attore che non si era presentato. Un infortunio, purtroppo, e chissà quanto si sarà torturata la comparsa parlante per la sua piccola parte in un film gigante. Un’opportunità che ha permesso di scoprire uno dei talenti più divertenti e invidiabili dell’autore mondiale, la sua verve recitativa, utilizzata con misura (anche nei TikTok della figlia Francesca) e sfruttata a volte per dei cameo, come tra i più recenti nella brillante serie The Studio. Il tipico film di cui si possono contare tutti i “se” e i “ma”. Il punto però è che, a distanza di decenni, è un titolo di cui continuiamo a parlare. You’re talkin’ to me? Sì. Senza se e senza ma.