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Come lo Chateau Marmont è diventato lo Chateau Marmont
L'hotel che racchiude leggende senza tempo nel cuore di Hollywood
10 Marzo 2025
All’incrocio tra la Marmont Lane e il Sunset Boulevard svetta il leggendario Chateau Marmont. È quello che il giornalista Stinson Carter ha definito «il posto nel pianeta con la più alta percentuale di personalità iconiche, essenzialmente un club privato per celebrità». ll suo successo non risiede solo nel sapiente lavoro architettonico e nelle scelte di arredamento in stile shabby chic, con il rigoglioso giardino, le colonne a volta e i tetti spioventi, ma nella sensazione di accoglienza familiare contenuta nella sue mura, nell’essenzialità dei suoi servizi e in quell’allure a tratti decadente. Tutti questi elementi hanno contribuito a renderlo un luogo storico senza eguali, una leggenda in cui la realtà si mischia con il verosimile. Le storie che gravitano intorno allo Chateau Marmont a volte si ripetono, altre si contraddicono. Come quella dei Led Zeppelin che fanno gare in moto tra i corridoi, oppure la caduta di Jim Morrison da una finestra o forse dal balcone. In una danza sottile a effetto peekaboo che fa affidamento sulla policy non scritta del “no photo” - che ha portato all’allontanamento dalla struttura di Jenn Hoffman, colpevole di aver raccontato in un tweet un atteggiamento inappropriato di un’ospite – gli happenings dello Chateau Marmont sono ampiamente documentati da immagini e video sui media e tutti, come in un set cinematografico, vogliono avere una parte. Che sia da protagonista o da comparsa.
La storia di Chateau Marmont inizia quando nel 1926 l’avvocato e immobiliarista Fred Horowitz comprò due ettari di terreno, in una Hollywood in rapida espansione, a pochi chilometri di distanza da quella Beverly Hills che già stava diventando il quartiere dello star system. Prendendo ispirazione da alcune fotografie dello Château d’Amboise, una delle residenze di Maria Stuart nella Valle della Loira, Horowitz affidò nel 1929 all’architetto Arnold Weitzman la costruzione di quello che ai tempi rappresentava il più grande complesso di appartamenti della zona. Alto sette piani, lo Chateau Marmont fu progettato per essere il primo edificio antisismico di Los Angeles. Gli inizi non furono facili e già pochi mesi dopo la sua apertura l’America dovette affrontare il martedì nero dell’ottobre 1929 a seguito del crollo di Wall Street che innescò gli anni della Grande Depressione. In questo scenario, Horowitz fu costretto a vendere il castello ad Albert Smith, il quale lo trasformò nel leggendario hotel che, distante dalla transitorietà delle mode, si è impresso in una visione collettiva leggendaria. I diversi passaggi di proprietà nel tempo non hanno intaccato l’autenticità del luogo, presto diventato “la casa lontana da casa” per artisti, scrittori, celebrità e attori liberi di esprimersi lontano dal caos giudicante di una Hollywood frenetica.
Negli anni ’30 a La La Land era entrato in vigore l’Hays Code, una forma di censura imposta dagli Studios hollywoodiani che proibiva relazioni interraziali, scene di sesso e nudo nei film. A dispetto di questa rigida legge, lontano da occhi indiscreti, l’appartato hotel «ha ospitato una saga di gloria, intrallazzi e disonore, su uno sfondo di turbolenti cicli di declini, rinnovamenti e reinvenzioni» imponendosi nel tempo come un’oasi appartata, una sospensione dal mondo in cui dar libero sfogo alla propria creatività e immaginazione. Un rifugio, con mura spesse e personale discreto, perfetto per fare il check-in e non andarsene finché non si fosse pronti ad affrontare la realtà. Sono infinite le possibilità che si aprono nella mecca bohémienne delle celebrità, sull’A-list dei luoghi in cui isolarsi e prendere una pausa, magari dopo aver fatto festa (come nel caso del party organizzato da Jay-Z e Beyoncè dopo la scorsa cerimonia degli Oscar nel garage dell’ edificio). Lo Chateau Marmont è uno spazio fluido e permeato di energia creativa, non a caso tra i corridoi e le piscine dello che Sofia Coppola ha girato Somewhere, la pellicola che le è valsa il Leone d’Oro a Venezia.
La sua storia come luogo di libertà per celebrity è immortalata nel Chateau Marmont Hollywood Handbook, un resoconto ufficiale della storia dell'hotel curato dal proprietario, Andrè Balazs, che raccoglie le testimonianze di chi ci è stato da Greta Garbo a Grace Kelly. Non è solo isola felice ma anche teatro di tragedie della industry hollywoodiana. Qui, nel 1982, è stato trovato morto nella propria camera il cantante trentatreenne John Belushi a seguito di un’overdose, e più di vent’anni dopo, nel 2004, Helmut Newton ha perso il controllo della sua auto uscendo dal garage dello Chateau schiantandosi mortalmente. «Se dovete mettervi nei casini, fatelo allo Chateau Marmont» è diventata celebre come frase (pronunciata dal produttore cinematografico Harry Cohn a Glenn Ford) e fornisce una vivida rappresentazione di uno spazio transitorio di sperimentazione per chi cerca rifugio dal pubblico e a volte da se stesso, una bolla in cui poter sfuggire dalle conseguenze delle proprie azioni. Come nel caso dell’aneddoto raccontato nel libro The Castle on Sunset: Life, Death, Love, Art, and Scandal at Hollywood’s Chateau Marmont, secondo cui Bette Davis nel 1958 si addormentò nel suo bungalow con la sigaretta accesa e provocò incendio per cui Lou Jacobi dovette salvarla e a far evacuare l’intero hotel. Una leggenda di gloria, decadenza, fantasia ed esclusività che prende vita tra il soggiorno in velluto, il bar accanto alla hall, le camere da letto con la luce diffusa e che si è impresso in una narrazione corale che non ha mai perso fascino sia agli occhi di chi c’è stato che di chi se lo immagina.