Il piratecore è la nuova ossessione della moda Pirati e banditi saranno sulle moodboard della prossima estate
Nonostante l’epidemia del normcore continui a contagiare la moda contemporanea, i designer a volte cercano di smorzare look basici con capi più audaci, ispirati al passato o a mondi immaginari. Sulle recenti passerelle, infatti, si sta affermando con tale intenzione il piratecore, una tendenza che rilegge in modo contemporaneo l’abbigliamento dei pirati storici o cinematografici e mira a rompere il muro della monotonia del daily wear riscoprendo una moda immaginifica e cosmopolita.
La fascinazione della moda per i fuorilegge del mare non è certo una novità: nel 1981 Vivienne Westwood intitolò “Pirate” una delle sue celebri collezioni, reinterpretando in chiave punk abiti e accessori da corsaro. Negli anni successivi, Jean Paul Gaultier e John Galliano ripresero quell’immaginario in modo più cinematografico; il primo si ispirò ai Pirati dei Caraibi, mentre il secondo, con la collezione Techno Romance del 2001, offrì una versione destrutturata della celebre “pirate jacket”. Oggi quello stesso spirito anarchico piratesco riaffiora in passerella nell’ultima tornata di sfilate della stagione SS26.
Gran parte dei brand si è ispirata ad un’immagine dei pirati che richiama le avventure in terre lontane e le rotte esotiche dove, tra saccheggi e contaminazioni, i corsari hanno colonizzato e spesso trasformato elementi tradizionali e codici ornamentali dei popoli conquistati. Nelle creazioni di alcuni designer, i gioielli d’ispirazione africana sub-sahara e sud asiatica si intrecciano con l’immaginario piratesco: da Balmain, infatti, Olivier Rousteing immagina uomini e donne come avventurieri dei mari che indossano pantaloni portati dentro gli stivali, cinture di corda, gilet e top composti da pepite di legno.
Nella proposta di Ferragamo, invece, Maximilian Davis, seppur non esplicitamente, sembra ispirarsi a questa variante dell’immaginario piratesco, facendo sfilare blazer abbinati a lunghe sciarpe di seta avvolte attorno alla vita come quelle usate da Barbanera e Black Bart nei noti racconti e ritratti del XVII-XVIII secolo che li vedono protagonisti.
È da questo intreccio di fascinazione e di appropriazione che il piratecore eredita la sua anima nomade, che in molte collezioni emerge attraverso l’uso frequente di turbanti d’ogni genere: Lanvin e Ganni ad esempio contaminano i loro look quotidiani con copricapi in lycra attorcigliati, simili a quelli indossati dal brigante Sinbad nel film d’animazione Sinbad - La leggenda dei sette mari. Christian Cowan e Talia Byre, invece, nelle loro più recenti collezioni estive propongono bandane e fazzoletti tra i capelli simili a quelli indossati da Jean Peters nel film storico Anna delle Indie.
Anche Loro Piana cita l’iconografia corsara: nella più recente collezione estiva ritroviamo copricapi d’ispirazione araba che ricordano quelli portati da Sayyida al-Hurra, leggendaria piratessa dalle origini andaluse. Restando in tema di cappelli da pirata, Jonathan Anderson nel suo ultimo fashion show per Christian Dior fa sfilare dei classici tricorni neri (realizzati dal modista Stephen Jones) segno distintivo di pirati come Long John Silver e Capitan Uncino.
La moda contemporanea sembra essere particolarmente affascinata da alcune figure femminili legate all’immaginario della pirateria. Ludovic de Saint Sernin, reduce da una Couture per Jean Paul Gaultier incentrata sul tema del naufragio, propone nella sua più recente collezione estiva abiti con balze leggere, stretti in vita da corsetti in cuoio che strizzano l’occhio all’emblematica collezione di Alexander McQueen Irere (SS 2003). Anche Enfants Riches Déprimés fa sfilare un look con una cintura preziosa che ha per chiusura una sorta di sigillo simile a quella indossata da Keira Knightley nei panni di Elizabeth Swann.
David Koma per Blumarine e Dilara Findikoglu rielaborano questa estetica presentando nelle loro ultime collezioni abiti con volant e corsetti adornati da catene e croci, mentre Etro richiama il mondo dei pirati attraverso amuleti e diademi a rete che evocano l’immaginario marino e le sirene delle leggende. Le maxi cinture, altro elemento chiave della figura della piratessa, compaiono invece in una versione whimsygoth nella SS26 di Anna Sui. A chiudere il cerchio, la designer Elena Velez reinterpreta l’archetipo mistico della pirateria femminile con look che sembrano ispirati a Tia Dalma, la sacerdotessa voodoo caraibica protagonista nella saga Disney, figura che incarna perfettamente il lato più oscuro e seducente del piratecore.