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Il grande ritorno delle gonne conservatrici Molto più di una questione di orli

Negli anni Sessanta la rivoluzione passava per l’orlo delle gonne, specialmente quelle cortissime di Mary Quant che le trasformò in un simbolo di autodeterminazione e libertà sessuale. Eppure in una cultura sempre più liberata, ma ancora soggetta alle risacche del conservatorismo le cose cambiano: sulle passerelle delle recenti fashion week la minigonna arretra, mentre l’orlo si allunga. Molti designer hanno infatti proposto nelle loro collezioni abiti e, in modo particolare, tailleur con gonne sotto il ginocchio, alcune addirittura fino alle caviglie, più strutturate ed austere. Se Charli XCX ha optato per una gonna lunga fino al ginocchio per la sua ultima sessione di shopping da Nordic Poetry e Kylie Jenner ha riposto le sue microskirt attillate in fondo all’armadio per far spazio a delle longuette da ragazza Miu Miu che indossa nell’ultima campagna del brand, cosa sta succedendo alla minigonna?

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Saint Laurent FW25
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Stella McCartney FW25
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Schiaparelli Haute Couture Fall 2025
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Lemaire SS26
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Coach Resort 2026
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Chloé Resort 2026
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Ann Demeulemeester Resort 2026
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Auralee SS26
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Balenciaga Pre-Fall 2025
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Chanel Haute Couture Fall 2025
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Calvin Klein Collection FW25

Gonne sobrie e modeste sono state protagoniste nell’ultima stagione di sfilate. Per Calvin Klein e Stella McCartney il tailleur da ufficio con la gonna è l’epitome del sexy; da Coach e Loro Piana le gonne di lana a pieghe sono monacali, tagliate sotto al polpaccio, Rick Owens realizza nella FW25 una sua versione della longuette gotica e lacerata e anche Anthony Vaccarello nell’ultima collezione invernale per Saint Laurent abbandona il nude look proponendo pencil skirt accostate a bluse accollate. In alcuni casi l’orlo è talmente lungo da sfiorare la passerella. Nella Pre-Fall 2025 di Balenciaga le maxigonne sono i nuovi joggers, abbinate a felpe e giacche tecniche, da Ann Demeulemeester e Chloé invece dominano gonne boho: nel primo caso sono da strega alla Stevie Nicks, realizzate con brandelli di chiffon e di pelle e nel secondo sono più romantiche e di ispirazione vintage. La longuette ha conquistato anche brand di nicchia della moda parigina: Auralee fa sfilare gonne con stampe a quadri e scamosciate mentre da Lemaire troviamo skirt a palloncino che si fondono a collant coprenti. Non da meno, alcune maison dell’Haute Couture sembrano essersi convertite a questa femminilità più austera. Da Schiaparelli, Daniel Roseberry ha proposto nella sua più recente sfilata d’alta moda la sua versione del tailleur “hard chic” risalente alla collezione del 1931 dal titolo “Wooden Soldier”, allo stesso modo da Chanel non mancano gonne midi accompagnate da cuissardes. Il ritorno della longuette si legge anche nella fascinazione dei brand per certe silhouette storiche. 

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Gucci Resort 2026
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Fendi FW25
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Comme des Garçons Homme Plus FW25
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Celine SS26
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Miu Miu FW25

Da Gucci troviamo completi retrò alla Jackie Kennedy mentre da Fendi si guarda al passato con gonne sotto al polpaccio che richiamano il classico guardaroba delle donne dell’alta società romana. A tal proposito alcuni stilisti ripescano dagli anni cinquanta le gonne a ruota: Celine e Valentino ne propongono una versione a pois mentre Jacquemus rende la circle skirt parte della sua uniforme contadina. C’è invece chi come Miu Miu ha fatto della gonna borghese sotto al ginocchio la sua tela e il suo marchio di fabbrica - un capo sempre sabotato con ironia nei classici completi da “sciura” scomposti con dettagli imprevisti e disturbanti come giacche abbottonate in modo casuale e gonne sgualcite. Anche quei brand noti solitamente per rappresentare una donna più disinvolta e sgambata, a questo giro, si sono lasciati sedurre dalla sobrietà della longuette. Nella collezione SS25 di Versace infatti troviamo gonne in denim o con maglia metallica sotto al ginocchio mentre Dolce&Gabbana, nella loro sfilata primavera-estate, non si sono risparmiati nel proporre tubini più “severi”, discreti e meno audaci del solito. La moda maschile non è rimasta immune a questo cambiamento delle lunghezze. Comme des Garcons Homme Plus realizza una “versione gonna” destrutturata dei pantaloni cargo e Andreas Kronthaler da Vivienne Westwood rimane fedele alla gonna genderless che a volte è lunga ed asimmetrica ed altre è un tipico kilt.

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Valentino Resort 2026
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Versace FW25
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Vivienne Westwod FW25
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Jacquemus SS26
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Loro Piana FW25
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Ralph Lauren FW25

Al di là della famosa teoria dell’Hemline Index, che correla la lunghezza delle gonne alla crisi crescente o decrescente dei mercati,  gli orli che si allungano oggi sembrano anche un segno del clima conservatore che sta investendo sempre di più l’agenda dei governi internazionali. La risalita politica delle ideologie tradizionaliste sta portando a una rivalutazione positiva dei ruoli e delle uniformi sociali più modeste e conformiste e alla riscoperta di un’eleganza più deliberatamente classica. D’altra parte, la reintroduzione della gonna “discreta” può essere considerata conseguenza dell’affermazione del modest fashion, estetica che si configura come risposta critica agli ideali di bellezza omologati e all’ipersessualizzazione del corpo delle donne, che attraverso standard uniformi, tagli ampi e silhouette allungate, propone un guardaroba più “safe” sia sul piano dell’inclusività che su quella della versatilità delle vendite, essendo un’alternativa capace di rappresentare differenti identità culturali, corporee e religiose. Soprattutto su quest'ultimo punto, la presenza delle gonne più lunghe sulle passerelle potrebbe essere anche una strategia dei brand per ingraziarsi quei mercati internazionali che non vedono di buon occhio gambe scoperte e la pelle scoperta. L’allungarsi degli orli più che una questione politica e culturale risponde a questioni commerciali e demografiche: una clientela che invecchia, un consumatore più cauto, brand che preferiscono vendere a colpo sicuro. Le minigonne, però, esistono ancora soprattutto per le strade piuttosto che nelle collezioni recenti, a conferma di un dialogo debole e distante tra le nuove generazioni e il fashion system, che oggi parla sempre di più a un pubblico pragmatico, interessato a capi funzionali e non a provocazioni da passerella.