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A cosa servono tutti questi show in giro per il mondo

Esaltare il Paese ospite, o sfruttarlo per l'attenzione mediatica?

A cosa servono tutti questi show in giro per il mondo Esaltare il Paese ospite, o sfruttarlo per l'attenzione mediatica?
Fendi sfila sulla Muraglia Cinese, Ottobre 2007
Louis Vuitton sfila a Rio de Janeiro, maggio 2016

Quando Dior ha presentato la collezione Fall 23 a Mumbai, la Maison ha più volte ribadito che lo show serviva a sottolineare il forte legame che unisce l’artigianato indiano a quello del brand francese. A distanza di poco più di un mese, Dior ha annunciato che il prossimo Cruise show si terrà a Città del Messico. Da anni le case di moda viaggiano in giro per il mondo per presentare le loro collezioni, ma questo incessante susseguirsi di eventi dai setting mozzafiato e capi belli ma dimenticabili suscita il dubbio che la necessità di celebrare paesi lontani rappresenti solo un furbo tentativo da parte delle più grandi case di moda di tenere accesi i riflettori dell’attenzione mediatica.

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Fendi sfila sulla Muraglia Cinese, Ottobre 2007

Il calendario dei fashion show di maggio include, per adesso: Chanel, a Los Angeles il 9, Gucci a Seoul il 16, Dior a Città del Messico il 20, Versace x Dua Lipa il 23 a Cannes, e Louis Vuitton ad Isola Bella il 24. E poi a giugno Carolina Herrera, Max Mara, Saint Laurent e Fendi, a Rio de Janeiro, Stoccolma, Berlino e Firenze. Durante la pandemia, decine di interviste a designer, CEO ed altri esponenti del settore dipingevano il futuro della moda come una realtà priva di collezioni superficiali, scandita da poche opere focalizzate «non più sulla quantità, ma sulla qualità» come aveva spiegato Sara Maino a Vogue, per esempio. Ma questa lista parla chiaro: la fashion industry ha ripreso lo stesso ritmo incalzante del pre pandemia. Non è cambiato nulla. Non è interessante come l’impegno per l’ambiente così spesso ostentato dalle più famose Maison venga meno durante la stagione delle vacanze? I cruise show hanno già ricevuto innumerevoli articoli e polemiche riguardo alla loro problematicità, come insegnano quello di Chanel a Cuba e quello di Gucci nella cattedrale di Westminster nel 2016 - «blessing or blasphemy?» aveva scritto il New York Times. Forse è il momento di una tregua. Del resto, tutte le volte che Dior mette in scena uno show in giro per il mondo, collabora con aziende produttrici, artigiani e artisti del Paese ospitante, influenzando il turismo e l’economia. E molto spesso, come nel caso di Gucci a Seoul e Max Mara a Stoccolma, la scelta di un posto piuttosto che un altro per uno show lontano da casa dipende particolarmente dalla relazione che il brand ha con i cittadini del Paese in cui migra. 

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Louis Vuitton sfila a Rio de Janeiro, maggio 2016

La crociera tradizionale era stata originariamente intesa per consumatori benestanti, che pur di riuscire a mettere piede in posti d’oltremare considerati «esotici» decidevano di visitarli per breve tempo e in modo distratto, lasciando che fossero poi le fotografie e i souvenir a dimostrare ai loro amici quanto avessero viaggiato - e quanto potessero permettersi di viaggiare. Similmente, i cruise show prendono ispirazione dallo stesso fenomeno di nicchia, ritraendo in modo semplicistico e romanzato, come piace ai turisti, la storia di Paesi le cui radici culturali sono decisamente più profonde di quello che lasciano intendere le collezioni messe in scena dalle Maison ospiti. È bello che la moda voglia conservare il suo lato glamorous, spettacolare, reduce dei tempi in cui l’eleganza e lo sfarzo erano l’unica ragione motrice del design, ma se i Cruise show servono solo a ingraziarsi gli investitori, i pubblicitari e i consumatori, allora il senso artistico della collezione non riguarda i vestiti, ma il paesaggio che li incornicia.