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L’artigianato radicale di Karu Research

Il giovane brand che ripensa l’heritage tessile indiano

L’artigianato radicale di Karu Research Il giovane brand che ripensa l’heritage tessile indiano

«Stavo disegnando la nostra collezione invernale durante il matrimonio di mio cugino», inizia a raccontare Kartik Kumra, founder del brand indiano Karu Research, in un messaggio inviato alla redazione di nss magazine. «Non sono un grandissimo fan dei classici abiti da matrimonio indiani, sono troppo decorati – e così ho voluto esplorare l’idea di ornamento attraverso la lente delle comunità artigianali con le quali lavoriamo». Karu Research è, in effetti, un brand giovane, ma la sua metodologia di lavoro rappresenta una novità così rinfrescante nell’industria della moda che, praticamente a un anno dalla fondazione, il brand è arrivato sugli scaffali dei più importanti retailer di moda internazionali, da SSENSE a Selfridges e qui in Italia a 10 Corso Como, oltre che nel guardaroba di Kendrick Lamar, Amine, Leon Bridges, Joe Jonas. «L'idea alla base del marchio è quella di collaborare con i veri maestri dell'artigianato indiano per ricontestualizzare il ricco patrimonio culturale del mio paese», spiega Kumra. «Nel corso dell'ultimo anno e mezzo, abbiamo stabilito relazioni con una rete di cinquanta artigiani in tutto il Paese, ognuno specializzato in una tecnica di tessitura, tintura o ricamo unica. I valori del marchio si concentrano sulla conservazione dell'artigianato nazionale attraverso la collaborazione con gli artigiani».

Con un’estetica che ricorda Bode o Kapital, per l’insistenza sulla costruzione artigianale dei capi, l’esuberanza dei colori naturali e la naturale morbidezza dei fit, un importante concept per le collezioni del brand è quella di ridefinire il senso di moda di lusso per la clientela occidentale. Un esempio che Kumra fa è quello delle tasche in fibra di banano che decorano molti dei suoi blazer. «Abbiamo iniziato a collaborare con gli intrecciatori di cesti di Karnataka per creare tasche macramè in fibra di banano per alcuni capi di abbigliamento. All'interno del villaggio, utilizzano lo stesso intreccio di fibre di banano per creare gioielli per le occasioni speciali. […] Per molte delle comunità artigianali con cui lavoriamo, le forme di lusso più ambite possono essere i gioielli in fibra di banana o gli intricati tessuti kantha coi loro ricami; la collezione si chiede perché la nostra percezione generale di beni aspirazionali si riferisca agli ideali occidentali e non a un intricato tessuto fatto a mano». Un punto interessante che Kumra sottolinea – specialmente considerando come, in Europa o in America, filati nobili come la lana o il cashmere siano ormai ultra-diffusi e come dunque il lusso di un capo risieda nella sua costruzione materiale, preziosa in quanto unica, artigianale.

Un importante effetto collaterale della filosofia di produzione ultra-artigianale di Karu Research è anche la sua sostenibilità. E non è una questione di greenwashing: tessuti e stampe sono creati a mano, sempre tinto con pigmenti naturali seguendo la tradizione tessile indiana che è una delle più antiche e sofisticate del mondo. Il risultato è sorprendente. «Tutti i tessuti di questa stagione sono stati realizzati su telai a mano, quindi senza l'utilizzo di elettricità, e tutte le camicie utilizzano tinture naturali», racconta Kumra. Le stampe di quelle stesse camicie, poi, sono state realizzate in collaborazione con uno stampatore  esperto della tecnica Ajrakh, che prevede l’utilizzo di blocchi di legno intagliati. «Utilizza tinture naturali e produce in quantità estremamente ridotte. Mi ci sono voluti sei mesi per convincerlo a lavorare con me per sviluppare le stampe di questa collezione». Negli ultimi anni si è vista una forte ascesa di brand che, come Karu Research, si concentrano totalmente sul prodotto e premono l’acceleratore su un tipo diverso di savoir-faire artigianale – la clientela del lusso sembra apprezzarli, seguendo la reazione di una parte degli amanti della moda di oggi che, delusi dall’iper-commercialità dei grandi brand, si rifugiano negli spazi ancora incontaminati dei brand artigianali. Il futuro del lusso, dopo tutto, è fatto a mano.