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In Spagna i lavoratori di Zara stanno protestando contro la chiusura degli store

Il gigante del fast fashion punta alla chiusura di 700 store europei entro l'anno

In Spagna i lavoratori di Zara stanno protestando contro la chiusura degli store Il gigante del fast fashion punta alla chiusura di 700 store europei entro l'anno

Inditex, il gruppo che possiede Zara, Bershka, Pull&Bear, StradivariusMassimo Dutti e altri brand, aveva annunciato lo scorso giugno che nel corso del 2021 avrebbe proceduto alla chiusura di oltre 1.200 store in tutto il mondo. Il plan del gruppo prevede la chiusura degli store più piccoli e in zone non particolarmente strategiche, privilegiando i grandi flagship store in centri storici e zone molto frequentate. Sul territorio europeo le chiusure ammonteranno a circa 700 store quest'anno, e uno dei primi paesi in cui le misure sono state adottate è la Spagna, dove si prevede la chiusura di 114 store, misure che lascerebbero 986 persone senza un posto di lavoro, senza contare la possibile chiusura di 186 outlet nei prossimi mesi. Secondo quanto dichiarato da due dei sindacati più importanti del paese, UGT e CCOO, il gigante del fast fashion non starebbe rispettando gli accordi presi. 

Secondo un accordo siglato a dicembre scorso dai due sindacati insieme a Inditex, come scrive oggi Reuters, il gruppo del fast fashion si era impegnato con i lavoratori rimasti senza un negozio in cui lavorare a mantenere lo stesso contratto e livello di anzianità, ricollocandoli in un altro store che non avrebbe dovuto trovarsi a più di 25 km dal loro vecchio posto di lavoro. Un report del sindacato UGT, però, ha rivelato che le nuove posizione offerte da Inditex nel 40% dei casi si trovavano al di fuori della provincia in cui il lavoratore era impiegato, in alcuni casi dalla parte opposta della Spagna, in altri ancora persino al di fuori del Paese. Ad alcuni lavoratori di Barcellona sono state offerti impieghi a Santander, a sette ore di macchina, mentre ad un lavoratore di Madrid era stato offerto un lavoro a Melilla, provincia autonoma spagnola nel Nord Africa. 

Il rapporto racconta che un lavoratore su quattro ha preferito dare le dimissioni, vista la lontananza del nuovo impiego. "Sono dei licenziamenti camuffati", ha dichiarato Anibal Maestro, segretario di CGT per Zara a Madrid. "Quando proponi questi trasferimenti stai obbligando i lavoratori ad andarsene". I sindacati continuano ad affermare che Inditex sta offrendo ai lavoratori in esubero non solo nuovi impieghi lontani dal loro precedenti, ma con contratti alterati: molte meno ore, più turni nelle ore serali e nel weekend. Diversa la versione riportata da Inditex, che secondo quanto riferito a Reuters, avrebbe ricollocato il 75% dei lavoratori con successo, ribadendo l'obiettivo di preservare tutti i posti di lavoro. 


Come nss magazine aveva scritto ad ottobre 2020, nonostante una situazione complicata e previsioni non rosee per il futuro del settore, la pandemia non ha distrutto il fast fashion. L'emergenza sanitaria sembra invece aver accentuato dei punti focali su cui i brand più importanti dell'industria inizieranno a lavorare in ottica futura, il primo dei quali sarà il potenziamento dell'e-commerce, a discapito degli store fisiciInditex, il gruppo fast fashion più importante al mondo a livello di vendite - superato recentemente da Uniqlo a livello di capitalizzazione - dal 2012 ad oggi ha ingrandito la propria rete di negozi in modo esponenziale, passando da 1942 punti vendita agli attuali 7199. Il gruppo ha però fatto sapere che tra il 2020 e il 2022 verranno aperti solo 450 nuovi store, vista la crescita delle vendite online.

Le trattative con i sindacati si stanno svolgendo comunque in tutta Europa, vista l'imminente chiusura di centinaia di punti vendita. Un portavoce di Inditex ha confermato che mantenere impiegati i lavoratori degli store in chiusura resta una priorità assoluta. Ma come dimostrano le recenti proteste in Spagna, i lavoratori del gruppo non si sentono per nulla tutelati.