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“Teenage Dreams”: il debutto di Raf Simons nel womanswear

Già un classico

“Teenage Dreams”: il debutto di Raf Simons nel womanswear Già un classico

«Leave something witchy» disse Charles Manson ai membri della sua “famiglia” prima del massacro Tate-LaBianca, nel 1969. E sembra quasi che Raf Simons abbia ricordato quel detto, quell’epoca, quel singolare mood sospeso fra il mondo dei figli dei fiori, quello delle manifestazioni dei diritti civili e quello delle streghe new age per la sua collezione SS21 presentata oggi con il titolo, appropriatissimo, di Teenage Dreams e che ha segnato, per la prima volta nei ventidue anni di vita del brand, il debutto di una collezione di womanswear. Questa prima collezione femminile firmata interamente da Simons è sicuramente una pietra miliare nell’evoluzione del brand anche se il designer belga aveva già dato prova della sua destrezza nel disegnare il womanswear sia da Jil Sander, che da Dior, da Calvin Klein e da Prada. Un debutto che è dunque parso del tutto naturale, quasi come non fosse affatto un debutto ma presente da sempre. 

«Something witchy» si diceva, e forse questa frase sarebbe potuta apparire a fianco degli slogan-leitmotiv che decoravano le molte spille presenti sui settanta look. La collezione si presenta come un insieme assai compatto e coerente, grazie alla videopresentazione ambientata in una sorta di onirico giardino, al ritmo di una musica dark ambient sul quale i modelli, come in trance, escono strisciando da un muro per poi addormentarsi su un tappeto di fiori, in un’atmosfera intrisa di mistero oltre che una probabile reference alla celeberrima collezione FW03 di Simons, intitolata Virginia Creeper e ispirata al mondo Ivy League e al genere slasher horror americano.

Color-blocking e layering sono i due pilastri dei look, corredati dalle varie “firme” di Simons come le foto-applique, la rimozione delle maniche, le già citate spille e gli abiti oversize. Se si dovesse formulare la domanda: «Com’è la donna di Raf Simons?» La risposta sarebbe: «Esattamente come l’uomo, ma con la gonna». La naturalità del debutto del womanswear passa anche dalla sostanziale somiglianza delle due collezioni – sottolineata da alcuni look speculari che appaiono con minime variazioni per l’uno e per l’altra. Una dimostrazione che l'estetica precisa ma assai sfaccettata del belga può essere declinata al femminile senza forzature perché pienamente trasversale oltre che naturalmente androgina, oltre che molto raffinata dopo i due decenni di assoluto protagonismo della moda da parte di Simons.

Il mood della collezione, come sempre quando c’è di mezzo la mano di Simons, è molto retrofuturistico, nel senso, cioè, che se i singoli abiti (cappotti loden dall’aspetto invecchiato, blazer smanicati, lunghi mantelli e un pattern psichedelico riproposto in vari colori) ricordano un’epoca vintage fra gli anni ’70 e gli ’80, l’utilizzo del layering, i dettagli e l’assoluta fluidità del design sono pienamente post-moderni e diventano avveniristici nelle maglie a collo alto dai colori accesi, negli overlay di plastica che foderano certe giacche e da una decostruzione delle silhouette che avviene senza sforzo. Ma non ci si poteva aspettare diversamente dal designer che disse una volta: 

«Per me il futuro è romantico. Non capisco chi dice che il passato è romantico. Per me romantico è qualcosa che non si conosce ancora, qualcosa che si può sognare, l’ignoto, il mistico».