Vedi tutti

Hello London #4 - Intervista alla fotografa Polly Penrose

Quando il nudo artistico si assimila al paesaggio

Hello London #4 - Intervista alla fotografa Polly Penrose Quando il nudo artistico si assimila al paesaggio
Fotografo
Christopher Argentino

Dalle atmosfere di teatralità caravaggesca, marcate da colori corposi e contrasti accentuati che contribuiscono a una resa scultorea delle forme umane, al tono ludico e spensierato dei lavori più recenti – Pool Party, Paperwork e I Was Never Good at Yoga – che si aprono a spazi più luminosi accesi all’improvviso da vibranti macchie di colore, la fotografa Polly Penrose esplora il modo in cui il proprio corpo si integra con l’ambiente e interagisce con gli oggetti che lo compongono, dando vita a spazi alternativi e effetti ottici che distorcono la percezione della figura umana.

Nata nella campagna inglese, ma trapiantata nella City dal ’97 per studiare Graphic Design al Camberwell College of Art e diventata poi studio manager per il maestro dell’onirico Tim Walker, la Penrose ha appena esposto A Body of Work 2014-2016 (seconda parte di un progetto in corso d’opera) nella mostra pop-up 10 Seconds, allestita alla Hoxton Gallery. Noi ne abbiamo approfittato per incontrarla.

#1 Da dove trai ispirazione per il tuo lavoro?

Il lavoro stesso è la mia ispirazione. E’ una necessità, è qualcosa che sento di dover fare. Vado in questi posti e rispondo e reagisco a quello che trovo lì. Non programmo mai niente, scatto con quello che trovo. Qui per esempio ero in un centro yoga, qui a Ibiza… E in tutte queste fotografie ovviamente sto solo rispondendo allo spazio.

#2 Quindi non organizzi mai niente prima?

No, mai. Il che è fantastico, perché avendo un lavoro full time e due figli, questa per me è una sorta di fuga, è come la meditazione. Non faccio mai ricerca e non penso mai prima a quello che voglio fare e credo che sia questo a rendere il mio lavoro il mio lavoro. E’ molto spontaneo e improvvisato. Non dico mai ‘Questa fotografia sarà così e così’ e questo mi dà lo spazio per creare qualunque cosa. Sono molto fortunata. Ma, ovviamente, ho frequentato una scuola d’arte, quindi ho visto le opere di molte persone. Amo la scultura, la fotografia, ma anche la pittura.

#3 Alcune foto di ‘A Body of Work’ sembrano veramente dei dipinti. Stavamo dando un’occhiata nell’altra stanza e abbiamo notato che la palette di colori sembra quasi fare riferimento a Caravaggio.

Assolutamente! E il bello è che è tutto frutto del caso. Non so mai dove scatterò. L’ultima volta [per ‘Judiths House] è stata una vicina il cui affittuario si era appena trasferito e che sapeva cosa faccio, ha detto che sarebbe stato interessante, quindi mi sono presentata con la mia fotocamera e ho scattato. Quando sono entrata la luce era meravigliosa, c’era questa coperta ripiegata ai piedi del letto e ho pensato ‘E’ il paradiso’. Alcune locations sono case davanti a cui sono passata e di cui ho pensato ‘Scommetto che è interessante’. Alla fine della mostra scatterò una foto qui e userò quella parete, perché i colori sono così belli. Il motivo per cui ho allestito la mostra qui è perché ho visto quella parete su Instagram e ho pensato ‘Dov’è questa galleria? Devo esporre il mio lavoro qui!’.

#4 E come è stato lavorare con una leggenda come Tim Walker?

Era fantastico! Lui è straordinario, è un uomo speciale e anche la persona più con i piedi per terra che abbia mai conosciuto. Adora ed è totalmente immerso in quello che fa.

#5 C’è qualcosa in particolare che pensi di aver appreso lavorando al suo fianco?

Sì, di ‘farlo e basta’. E di non vergognarsi del proprio lavoro o pensare di dover rientrare in un certo schema. Lui è un fotografo di moda, ma non scatta in studio, fa esattamente quello che vuole. E non penso che le mie foto siano tipici nudi, le faccio come mi va di farle. E penso che questo sia importante. Non mi metterei mai neanche a confronto con lui, ovviamente, ma le nostre opere sono totalmente differenti, le sue sono scenografiche e con molti props, mentre le mie sono dritte al punto e quasi scarne, quindi quello che ho imparato da lui sta più nel modo di pensare al lavoro e nell’idea di darsi da fare.

#6 E adesso, che piani hai? Stai pensando a una nuova serie?

Sai, succedono e basta. E’ interessante come nella mia prima mostra, che è stata due anni fa, molti giornalisti si sono incentrati sull’idea ‘corpo in cambiamento - documentare il mio corpo’, che non sto affatto facendo. Non ci avevo neanche mai pensato! Ovviamente erano passati 7 anni e quella era la mia prima esibizione, quindi per loro è stato un pretesto per costruirci una storia attorno. Ma adesso che ho avuto due figli e sto per compiere 40 anni, sto iniziando davvero a vedere come il mio corpo stia cambiando. E penso che si diventi sempre meno preoccupati riguardo al proprio corpo, sempre meno attenti a volerlo sempre mostrare al meglio. Adesso guardo una foto e penso ‘Mi piace com’è invecchiare’, mi piacciono tutte le rughe e le vene arrossate, quindi adesso mi attira molto l’idea di documentarlo. E ovviamente, ho intenzione di continuare indefinitamente, quindi dopo sarà davvero interessante, perché sarà il corpo di una ventenne fino al corpo di una settantottenne. Non vedo l’ora!