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Com’è andato il weekend di apertura del Caprices Festival 2022

L’elettronica ha un suono molto più piacevole a 2000 metri d’altezza

Com’è andato il weekend di apertura del Caprices Festival 2022 L’elettronica ha un suono molto più piacevole a 2000 metri d’altezza
Fotografo
Alessandro Bigi

Il silenzio regna profondo a Crans-Montana, eccetto quando non si sente dall’orizzonte giungere lieve e martellante un suono di beat che attraversa le strade su cui stanno assiepate baite di legno  e si propaga attraverso un panorama di monti innevati. È qui, in questa frazione svizzera del Canton Vallese, nota per la qualità della sua aria e frequentata dalla crème degli sciatori europei, che si è svolto il primo weekend del Caprices Festival, giunto quest’anno alla sua diciannovesima edizione. Il festival è nato in origine come un’idea di gruppo, con gli organizzatori che erano e sono tutt’ora tutti amici – un senso di famiglia che si avverte specialmente in consolle, dove chi scrive ha avuto modo di scambiare due parole e due risate con Maxime Léonard, fondatore e direttore artistico del festival, e Aminata Kaba, coordinatrice e head booker, intenti a festeggiare e ballare insieme al resto dei partecipanti come gioviali padroni di casa insieme al resto di quella crew originale di amici che ebbe l’idea di fondare il Caprices anni e anni fa. 

Quando siamo arrivati, nel pomeriggio di venerdì, dopo una levataccia alle sei e mezza del mattino e più di un centinaio di chilometri in treno attraverso valli e montagne, Crans-Montana sembrava un paese quasi troppo idilliaco per un festival così famoso. Una pioggia che procedeva a spezzoni, indecisa, raffreddando il vento mentre al balcone panoramico del nostro albergo giungeva proprio quel rumore di beat lontani che portava a domandarsi con un certo entusiasmo: «Questa musica viene dal festival?» Usciti dall’albergo e bevuta una birra con Alice e Nilly, le due responsabili del press, insieme a una delegazione inglese di MixMag e un’altra delegazione italiana di MTV, ci siamo recati al Signal Stage, uno dei tre dancefloor del festival, dove i Tale of Us stavano mandando in delirio una marea umana di giovani sul dancefloor. Nell’area dei tavoli, che chi scrive osservava dal fianco della consolle, una valanga di viveur giunti da Australia, Arabia Saudita, Francia, Regno Unito e da ogni immaginabile angolo dell’Europa condivideva lo stesso entusiasmo. Crypto traders si mescolavano a esponenti della jeunesse dorée europea mentre nightclubbers e DJ internazionali si scambiavano batticinque ridendo e raccontandosi delle loro vacanze a Ibiza. Dopo un rapido salto nel backstage tappezzato di tappeti persiani, dove uno spread di frutta fresca su un vassoio ricordava a DJ e agli organizzatori di assumere le proprie vitamine giornaliere, il gruppo è andato a rifocillarsi con una pizza annaffiata di vino rosso, per poi tornare a presidiare la consolle e consumare gin tonic in bicchieri alti e strettissimi. La serata è proseguita fino alle cinque, per poi disperdersi in una serie di afterparty privati sparsi nei vari chalet locali dove i più coraggiosi sono rimasti a ballare fino alle dieci del mattino circa. 

Il giorno dopo Crans-Montana si è svegliata sotto la neve. Riprendendosi a forza alternando saune e tuffi in piscina nella spa dell’albergo Art de Vivre, oltre che con l’aiuto di una robusta colazione a base di caffè e pain au chocolat, chi scrive ha trovato le energie di uscire bardato nella sua puffer jacket e con indosso robusti stivali da neve, per rifugiarsi in un ristorante e mangiare una tartare a pochi centimetri da Carmine Conte dei Tale of Us, al di là di una lastra di vetro. Dopo una necessaria siesta in albergo, passata ad ascoltare i vicini di stanza, una comitiva di cinque ragazzi francesi le cui risate erano quasi più rumorose della loro musica, il gruppo si è vestito ed è partito alla volta del festival. Lungo i marciapiedi ghiacciati, intere comitive di giovani s’inerpicavano verso la grande cupola da cui proveniva la musica. Headliner della serata era Dixon, i cui beat indiavolati hanno fatto dimenticare a tutti la nevicata che imbiancava la notte. Se il primo giorno d’apertura era stato relativamente più delicato, per il sabato sera gli artisti e il pubblico avevano un’energia ancora più elettrica e quando, per il successivo DJ set, la voce di Annie Lennox ha iniziato a cantare i primi versi di Sweet Dreams sopra un beat devastante tutti hanno iniziato a cantare e la folla di giovani e di ospiti VIP è andata in delirio all’unisono. Tutti ballavano, tra i tavoli ci si scambiavano sorrisi mentre perfetti sconosciuti scherzavano tra loro come vecchi amici. 

Il giorno successivo il sole splendeva nel cielo. Alice e Nilly, insieme ai trekker di Beeheidi, ci hanno portato a pranzare tra i monti: dopo una camminata tra i boschi innevati, abbiamo mangiato prosciutto crudo e albicocche essiccate, bevuto un succo di mela raffreddato nei cumuli di neve circostanti e pranzato con una fonduta bollente preparata con la birra del posto. Dopo una tazza di caffè e un assaggio di tisana fatta con erbe raccolte nelle montagne, siamo tornati indietro verso Crans-Montana dove, insieme alle ragazze, siamo saliti al Modernity Stage, il fiore all’occhiello del Caprices: un palco interamente trasparente che domina la vallata a 2200 metri d’altezza, nel mezzo di una distesa abbacinante di neve solcata dalle tracce degli scii. A ballare sul dancefloor, in cui si sentiva caldo per il sole intenso e circondato da un orizzonte di spettacolari cime innevate, c’era una schiera di giovani: non si contavano le sneaker di Off-White, gli occhiali di Versace, i foulard di Dior. Una ragazza che ballava in consolle indossava un body di Skims dalla cui apertura sulla schiena s’intravedeva un tatuaggio di PlayBoy, una coppia indossava un set di kimono tye-dye, uno snowboarder dai lunghi capelli biondi indossava una ski suit di Prada e vagava per il dancefloor per nulla impacciato dai suoi scarponi da sci. È difficile descrivere il vibe del Modernity Stage a parole: non è solo una location incredibile, ma anche incredibilmente chill, ariosa, piena di luce. Lì la festa è proseguita fino alle dieci, concludendosi con un set di Jamie Jones. 

Proprio durante questo set, chi scrive ha dovuto a malincuore salire sulla funivia a discendere a valle in compagnia di un crypto trader svizzero che è stato prodigo di consigli sui migliori investimenti da fare. Il treno per Milano attendeva – per fortuna, per andare al Caprices, c’è sempre il prossimo weekend.