
L’Italia è diventata un paradiso fiscale? Nel 2025 il nostro Paese è diventa la terza meta mondiale per nuovi residenti milionari
C’è un luogo in cui i miliardari di tutto il mondo spostano la loro residenza perché è considerato un paradiso fiscale. Non si tratta di Dubai, nemmeno del Principato di Monaco. Neanche la Svizzera, storicamente molto amica dei grandi capitali, così come non sono le isole Cayman. Il nuovo paradiso fiscale è l’Italia. Nel 2025 il Bel Paese continua a scalare le classifiche delle destinazioni più ambite dai grandi patrimoni. Non è solo questione di clima mite, di città d’arte e di cucina: il vero punto di forza è l’insieme di vantaggi fiscali che negli ultimi anni hanno reso l’Italia una meta appetibile per chi cerca un equilibrio tra qualità della vita e convenienza economica. Una ricerca di Henley & Partners mostra come nella seconda metà dell’anno l’Italia si collochi al terzo posto al mondo per nuovi residenti milionari, dietro soltanto agli Emirati Arabi Uniti e agli Stati Uniti, con circa 3.600 ingressi annuali. Un risultato che consente di superare Paesi con lunga tradizione nel campo, come la Svizzera, da sempre sinonimo di stabilità finanziaria.
Ma quali sono stati i fattori che rendono l’Italia così attrattiva agli occhi dei miliardari?
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Il successo di questa tendenza si spiega con una misura introdotta ormai otto anni fa: la cosiddetta “norma CR7”. Si tratta di un regime fiscale che prevede per i non domiciliati una tassa fissa di 200.000 euro l’anno sui redditi esteri, valida fino a 15 anni. Il soprannome richiama Cristiano Ronaldo, che nel 2017 si trasferì in Italia approdando alla Juventus e beneficiando proprio di questa novità. A rendere il quadro ancora più vantaggioso c’è la possibilità per i familiari di aderire allo stesso regime, con una cifra ridotta a 25.000 euro annui. Una condizione che ha reso l’Italia competitiva rispetto ad altre giurisdizioni e che spiega perché molti abbiano deciso di trasferire qui il proprio centro di interessi.
Gli esempi non mancano. Banchieri di spicco come Renaud de Planta e Bertrand Demole del gruppo bancario Pictet hanno lasciato la Svizzera per stabilirsi in Italia. Anche Lewis Hamilton ha scelto Milano per acquistare una villa e spostarci la residenza, mentre Nassef Sawiris, imprenditore egiziano con un patrimonio stimato intorno ai 9 miliardi di euro, ha optato per il nostro Paese proprio grazie alla flat tax. Questi casi emblematici danno il senso di un fenomeno ormai consolidato.
A livello macroeconomico, il Global Wealth Report 2025 di Boston Consulting Group fotografa l’Italia come ottava potenza mondiale per ricchezza finanziaria investibile, con quasi 7.000 miliardi di dollari nel 2024. Nel 2025 il report individua una leggera contrazione dell’1,1% rispetto all’anno precedente, legata alle incertezze dei mercati, ma le proiezioni restano positive: si stima una crescita media annua del 6,5% fino al 2029, con la possibilità di superare i 9.400 miliardi. La distribuzione degli investimenti mostra una struttura diversificata: il 40% in azioni e fondi comuni, il 25% in depositi e valute, il 18% in prodotti assicurativi e pensionistici e l’8% in obbligazioni. Indicatori che rivelano una base solida, capace di attrarre ulteriori capitali dall’estero.
Ma cosa succede a chi non è ricco?
Milan is the new London.
— Alessandro Palombo (@thealepalombo) August 29, 2025
The roaring London of the '90s, with more sunlight.
Let's see if this brings back a growth mindset in Italy:
- over 100k+ repatriates, with the 50% + tax exemption (mainly in Milan)
- 4k+ applied for the €200K/year flat tax in the first half of '24… pic.twitter.com/PuWMIPZiIC
L’altra faccia della medaglia è l’impatto concreto sulle città italiane. Milano, Roma e il lago di Como si confermano le mete preferite e in questi contesti il mercato immobiliare è cresciuto a ritmi impressionanti. In alcune zone di Milano il prezzo al metro quadrato supera i 34.000 euro, contribuendo a ridisegnare la geografia urbana e alimentando un’economia di fascia altissima che vive accanto a quella ordinaria.
Inoltre questa situazione mette in evidenza una grande problematica del nostro Paese: il divario con la pressione fiscale sostenuta dal resto della popolazione. L’Italia, infatti, applica un’aliquota media del 20,9%, la più elevata tra le cinque principali economie dell’Unione Europea, ben al di sopra della media comunitaria del 16%. Una doppia velocità, un doppio standard, che rende il Paese al tempo stesso attrattivo per i grandi capitali e impegnativo per il ceto medio.













































