
Le strade sono per le auto o per i pedoni?
Il caso della campagna pro-automobili della Regione Lombardia
03 Febbraio 2025
Di recente la Regione Lombardia ha sospeso una campagna dedicata alla sicurezza stradale a causa delle numerose critiche ricevute. L’iniziativa si chiamava “In Lombardia la sicurezza stradale è al primo posto” e prevedeva, tra le altre cose, la pubblicazione di contenuti sui social network per sensibilizzare le persone su vari aspetti legati alla guida. Tuttavia, uno dei post – poi eliminato – risultava particolarmente ambiguo: sembrava infatti attribuire gran parte delle responsabilità degli incidenti ai pedoni, che al contrario sono considerati “utenti deboli” – ossia i più vulnerabili ai pericoli della strada. «Nel 2023, in Lombardia, 58 pedoni hanno perso la vita e 3633 sono rimasti feriti in incidenti stradali. La maggior parte di questi incidenti avviene proprio sulle strisce pedonali», recitava il contenuto, ripreso da MilanoToday. Eppure, proseguiva affermando che «molti pedoni danno per scontato di avere sempre la precedenza, senza considerare che la sicurezza dipende anche dalla loro attenzione». La formulazione del testo, insomma, sembrava attribuire parte della colpa agli stessi pedoni, nonostante a livello statistico le cause degli incidenti stradali siano maggiormente riconducibili a errori di chi guida. Il caso non era passato inosservato e aveva suscitato molte discussioni sui social network, in particolare su Instagram.
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La stessa Regione Lombardia, guidata dal presidente leghista Attilio Fontana, ha riconosciuto che il post in questione conteneva dei «passaggi fuorvianti». Nella nota diffusa successivamente per placare le polemiche e giustificare la sospensione della campagna si legge: «L’obiettivo non era in alcun modo colpevolizzare i pedoni, ma quello di fornire a tutti i soggetti coinvolti nella circolazione stradale consigli utili per prevenire incidenti». Questo passo indietro non è comunque stato sufficiente a evitare che la Regione Lombardia venisse accusata di colpevolizzare le vittime degli incidenti stradali (fenomeno noto come "victim blaming"), invece di concentrarsi sull'educazione degli automobilisti.Ma questo episodio non è stato un caso isolato. Come riporta Factanza, nei mesi precedenti, per la stessa campagna erano stati pubblicati alcuni video su YouTube che avevano generato altrettante critiche per il loro approccio semplicistico – sebbene la loro diffusione fosse passata tutto sommato sottotraccia. In particolare, un contenuto destinato ai ciclisti – che insieme ai pedoni rientrano tra gli “utenti deboli” – sembrava suggerirgli che comportandosi in maniera più responsabile avrebbero potuto ridurre il rischio di incidenti. Al tempo stesso, però, non venivano menzionati gli automobilisti, cioè le stesse persone che – con la loro condotta – spesso finiscono per provocare danni a chi è in sella a una bici. Ad esempio, uno dei passaggi più controversi della clip, successivamente eliminata, suggeriva ai ciclisti di «usare il campanello per farsi notare», così da evitare cadute provocate dall’apertura della portiera di un’auto. Il video consigliava anche di prestare attenzione ai camion, e soprattutto agli angoli ciechi – cioè quelli che gli specchietti dei mezzi pesanti spesso non riescono a coprire, e che in genere sono necessari particolari sensori per raggiungerli.
In entrambi casi, dunque, il messaggio sembrava concentrarsi esclusivamente sul comportamento degli utenti della strada più vulnerabili, ignorando il ruolo fondamentale di chi è alla guida dei veicoli motorizzati. Da un lato, la mancanza di un riferimento esplicito agli automobilisti, che secondo lo stesso codice della strada dovrebbero fare attenzione mentre aprono la portiera, aveva portato a numerosi commenti negativi; dall’altro, il richiamo agli angoli ciechi dei mezzi pesanti aveva riacceso il dibattito sulla possibilità di limitare in parte la loro circolazione nei centri-città – tema particolarmente sentito a Milano. La campagna sulla sicurezza stradale prevedeva un budget di circa 240mila euro – di questi, più della metà erano stati stanziati dalla Regione Lombardia – e tra gli altri vedeva il coinvolgimento dell’ACI, cioè l’ente pubblico che promuove gli interessi degli automobilisti. È forse per questo che la mancanza di un punto di vista su pedoni e ciclisti si è fatta così tanto sentire.