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Perché sempre più miliardari costruiscono bunker di lusso

Temono più che altro una rivolta contro i loro privilegi economici

Perché sempre più miliardari costruiscono bunker di lusso Temono più che altro una rivolta contro i loro privilegi economici

Di recente l’edizione statunitense di Wired ha pubblicato un’inchiesta sulla nuova abitazione di Mark Zuckerberg nell’isola di Kauai, alle Hawaii, del valore di oltre 200 milioni di dollari. La residenza, in fase di costruzione, si sviluppa in un’area di più di 5mila metri quadrati, e si compone di due ville, di diverse costruzioni e di una grande struttura che ospiterà una palestra, una piscina e un campo da tennis, tra le altre cose. Secondo quanto riporta Wired, che ha parlato con un portavoce del Ceo di Meta, è previsto anche un vero e proprio bunker, collegato all’abitazione principale attraverso un tunnel sotterraneo. Il rifugio sarà dotato di pareti insonorizzate, ascensori interni, porte blindate e riserve di acqua, tra le altre cose. A tutto questo si sommano sistemi autonomi per la produzione di elettricità, così come un'estesa rete di telecamere di videosorveglianza. Dall’inchiesta emerge però che le persone autorizzate a parlare del progetto sono pochissime, visto che a quasi tutti i lavoratori coinvolti è stato chiesto di firmare accordi di riservatezza: «È come "Fight Club": non ne possiamo parlare», ha riferito a Wired una fonte che ha lavorato al progetto. Almeno un dipendente sarebbe poi stato licenziato per aver condiviso su Snapchat una foto dei lavori in corso. Ci sono anche state numerose discussioni sull’impatto ambientale della residenza – gli stessi abitanti dell’isola hanno espresso il loro dissenso riguardo all’operazione di Zuckerberg.

Il business dei bunker di lusso

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Zuckerberg non è l’unico miliardario a essersi fatto costruire un bunker. Max Levchin, uno dei fondatori di PayPal, ha dichiarato che circa la metà di coloro che sono diventati ricchi grazie alla new economy ha investito in un generico “piano di emergenza” – per proteggersi in caso di guerre o rivoluzioni. Lo stesso vale per personalità del calibro di Jack Ma, fondatore di Alibaba, James Cameron o William Foley, guru della finanza. La costruzione di rifugi di sicurezza sotterranei, infatti, non è più solamente un’esclusiva dei capi di stato, come avveniva nel Novecento. L’imprenditore statunitense Harry Hall, in passato, aveva ad esempio investito nella business della costruzione di bunker per miliardari: la sua società Survival Condo offre appartamenti di lusso collegati a rifugi a prova di guerra-nucleare. Il New York Times era riuscito a entrare in una di queste abitazioni. Le stanze ricordano quelle degli alberghi di lusso: presentano finiture in legno, mobili di design, piscine e idromassaggi, tra le altre cose. Alle pareti ci sono poi schermi che permettono di vedere cosa sta succedendo al di fuori del bunker. Appositi sistemi di filtraggio impediscono la contaminazione dell’aria. Pale eoliche e pannelli solari garantiscono invece la fornitura di energia elettrica, mentre uno spazio dedicato alle colture di piante e all’allevamento di pesci dovrebbe assicurare una fornitura di cibo quasi illimitata. Il bunker avrebbe poi un’autonomia completa di cinque anni. L’acquirente di uno di questi appartamenti, del valore di 1.5 milioni di dollari, ha raccontato al New York Times di sentirsi nell’epoca più pericolosa della Storia e che, per proteggersi da guerre nucleari o dal collasso della società, ha voluto fare questo investimento. Anche Post Malone aveva investito 3 milioni di dollari nel 2019 nella costruzione di un bunker per la sua abitazione nello Utah.

Chi sono i “prepper” di oggi

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Il New Yorker ha cercato di inquadrare meglio i potenziali acquirenti di questi bunker di lusso e, più in generale, di capire chi siano gli americani che spendono milioni di dollari per salvarsi dall’apocalisse. Arrivare preparati all’eventuale collasso della società non è una preoccupazione considerata eccessiva negli Stati Uniti. Esiste anche un termine per definire coloro che accumulano scorte di armi e cibo in vista di questo scenario: “prepper”, ovvero «coloro che sono preparati». Negli ultimi anni si sono moltiplicate le associazioni o i gruppi di individui che si addestrano in vista di un’eventuale apocalisse. Fino a poco tempo fa, non erano multimilionari, ma si trattava più che altro di appassionati di campeggio e fanatici delle armi. I clienti del mercato dei bunker di lusso, però, non appartengono a  questa categoria. Rappresentano piuttosto una nuova generazione di “prepper”, che non proviene più dall’America rurale né simpatizza con i cospirazionisti di estrema destra. Il loro vero timore, infine, non risiede tanto in una guerra nucleare o nel collasso della società, quanto in una rivolta contro i loro privilegi economici.